La salute dei bambini
In occasione della Giornata Mondiale del Bambino e dell’Adolescente, che si celebra oggi, 20 novembre, gli esperti della Società Italiana Pediatria fanno il punto riguardante la salute dei bambini. Non c’è da gioire. A essere messo a rischio è il benessere psico-fisico dei piccoli.
Su la salute dei bambini ci sono anche buone notizie: in Italia il tasso di mortalità è tra i più bassi al mondo, grazie all’alto standard delle cure pediatriche. Ma ci sono criticità evidenti che sono dovute anche agli ultimi anni in cui a farla da padrone è stata la pandemia che abbiamo tutti vissuto.
“Vediamo una crescita dei disturbi d’ansia e depressione, soprattutto a partire dalla pandemia. Secondo la letteratura internazionale, 1 adolescente su 4 oggi mostra sintomi di depressione, e 1 su 5 soffre di disturbi d’ansia, una condizione che porta con sé rischi e vulnerabilità che richiedono attenzione. Le recenti cronache ci ricordano quanto questo disagio sia ormai diffuso: dagli episodi di isolamento volontario (hikikomori), che riguardano oltre 60.000 adolescenti italiani, ai tragici fatti di violenza giovanile legati a dinamiche di esclusione sociale e mancanza di supporto familiare. Non meno allarmante è l’aumento dell’uso di alcol tra i minorenni, facilitato dalla reperibilità di bevande a basso costo”, spiega Annamaria Staiano, Presidente SIP.
A mettere a rischio la salute dei bambini ci pensa anche la povertà: i dati sono sotto gli occhi di tutti, oltre 1 milione e 295 mila di minori in Italia sono in condizioni di povertà assoluta. Questa condizione riguarda il 15,5% dei minori al Sud e il 35% dei nuclei familiari stranieri. “La povertà aumenta la vulnerabilità dei bambini a malattie, problemi di sviluppo e disturbi psicologici, con effetti che spesso persistono nell’età adulta”, sottolinea Mario De Curtis, Presidente del Comitato per la Bioetica della SIP.
La disuguaglianza tra Nord e Sud deve azzerarsi, anche se non è facile. “La carenza di fondi e di personale, unita a un sistema organizzativo non sempre adeguato alle esigenze attuali, impedisce al SSN di garantire un accesso equo e tempestivo a tutti. Le disuguaglianze sanitarie rischiano di aggravarsi ulteriormente con la legge sull’autonomia differenziata, penalizzando soprattutto il Mezzogiorno, le aree interne e le famiglie in difficoltà economica”, afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE.
Viaggiare: cosa fare a Parigi coi bambini
E’ la capitale di Francia e la amo moltissimo, spero di tornarci molto presto. Se per le festività natalizie state pensando di viaggiare, eccovi qualche consiglio su cosa fare a Parigi coi bambini.
Viaggiare in famiglia è bello, divertente e possibilissimo. Cosa fare a Parigi coi bambini al seguito? Tenete presente che è una città piena di parchi giochi, oltre chiaramente a Dineyland Paris, in cui ristoranti e hotel, nonché spazi culturali, offrono tanto ai più piccoli.
Ecco cosa fare a Parigi coi bambini, perché viaggiare insieme ai proprio cari è appagante e regala ricordi indelebili:
Andare al Jardin du Luxembourg, 23 ettari che Napoleone dedicò proprio ai piccoli. Si può giocare con le barche a vela degli anni ’20 sul laghetto ottagonale, assistere a spettacoli di marionette, fare giri sulla giostra, cavalcare i pony.
Pure il Parc de la Villette ha parchi giochi, musei, musicva. Invece gli spettacoli di marionette si possono guardare anche a Parc Monceau, Parc Montsouris e Parc du Champ de Mars.
Fare una piccola crociera sulla Senna o sul canale con Canauxrama, in cui osservare dal fiume panorami mozzafiato.
Visitare il il Jardin des Plantes, dove c’è un piccolo zoo, la Ménagerie du Jardin des Plantes.. Fare una passeggiata al parco divertimenti Jardin d’Acclimatation nel Bois de Boulogne e il Parc Floral de Paris, con fantastici parchi giochi e una sala concerti all’aperto, il Parc Zoologique de Paris, e un castello medievale, lo Chateau de Vincennes.
Non bucare i tanti musei, tra i quali, ovviamente, il Louvre, che ha uno spazio per le famiglie e un’applicazione proprio per bimbi dai 7 agli 11 anni.
Modello Psicoeducativo per genitori Maudlsey
Il Nuovo Modello Psicoeducativo per genitori Maudlsey aiuta i famigliari a riflettere sulle dinamiche che più spontaneamente essi mettono in campo quando si è in relazione con una persona che soffre di DCA.
E’ strutturato per fornire un supporto. Il Nuovo Modello Psicoeducativo per genitori Maudlsey utilizza le metafore animali per descrivere alcune dinamiche che impediscono il progredire verso la salute ma che sono inevitabili. Le metafore che descrivono i comportamenti più comuni sono:
- Rinoceronte (atteggiamento di “sfondamento”), consiste nel tentare di presentare, alla persona con DCA, come potrebbe correggere i propri errori comportamentali e mostrargli come dovrebbe fare. Il rinoceronte, per convincere il familiare della veridicità degli argomenti, utilizza ragionamenti logici. Il DCA non rispondendo a questa logica, persiste portando il familiare a sentirsi sconfitto, frustrato, svuotato e arrabbiato. D’altraparte chi soffre di DCA potrebbe sentirsi respinto, non amato, non capito o disprezzato.
- Struzzo (atteggiamento della “testa sotto la sabbia”) La si identifica in un familiare che cerca di ignorare il problema, in questo caso il familiare rischia di colludere con il disturbo alimentare attraverso il proprio comportamento. I membri della famiglia trovano difficile fronteggiare tutti i problemi e le emozioni che si presentano a casa e provano a evitarli stando lontani il più possibile da chi ha il disturbo alimentare (es. dedicano molto tempo al lavoro, ad un hobby o ad altre attività fuori casa). Gli “Struzzi” si trovano a dover convivere con alti livelli di sensi di colpa. La persona con DCA può sperimentare un vissuto di “anonimia”, ovvero si sente ignorato e non importante e riceve la conferma che la malattia va ignorata.
- Fox terrier (atteggiamento “del cane che morde i garretti”) La dinamica “Fox Terrier” si esplica nel mostrare a chi soffre di DCA quello che dovrebbe fare e che non fa in modo insistente e persistente, come se la persona stesse “abbaiando contro un estraneo”. Tale dinamica porta chi soffre di DCA a non ascoltare e chiudere la comunicazione perché non si sente compreso nella sua difficoltà, mentre il “Fox Terrier” si sente impotente e affaticato nel suo lavoro costante e direttivo.
- Medusa (atteggiamento “informe”) La metafora della medusa descrive l’essere in uno stato emozionale aperto con tutti i sentimenti stando in superficie, per esempio, sciogliersi in lacrime e sofferenza, o diventare congelati per la paura, agitati dal dubbio, incerti e costantemente alla ricerca del controllo sul disturbo alimentare. Portano manifestazioni di emozioni troppo acute verso il comportamento causato dalla malattia, che si aggiungono alle difficoltà del malato. In alternativa possono sfociare nella rabbia. La “medusa” può essere spazzata via dalle correnti (emozioni). Nella persona con DCA, tale atteggiamento provoca una forte incertezza emotiva, senso di colpa e sensi di inadeguatezza e vergogna.
- Canguro (atteggiamento “iperprotettivo”) Il “Canguro” nel tentativo di aiutare, di proteggere chi soffre di DCA, lo accudisce come in un marsupio, dà attenzioni per tenere a bada i problemi e le esperienze conseguenti allo stare a fianco di un DCA. I “Canguri” condividono standard elevati con chi soffre di DCA (es. aspettative elevate circa il loro ruolo genitoriale, perfezionismo). Anziché guidare il figlio/a nelle scelte e nei percorsi possibili di direzione, il familiare si sostiuscie alla persona con DCA. Questa risposta iperprotettiva toglie la possibilità di sviluppare ed esplorare il mondo. Alcuni familiari possono cercare di diventare “Supereroi” e sacrificare sé stessi per aiutare il malato (guidare per ore e ore per andare a comprare quello yogurt di quella marca che vuol mangiare il proprio congiunto). Nella persona con DCA, questo atteggiamento suscita poca autostima perché non è in grado di fare le giuste scelte.
Il modelle prevede inoltre metafore, quindi comportamenti e risposte che i familiari possono utilizzare per fronteggiare al meglio la malattia; queste sono ritenute come metafore positive da perseguire.
- San Bernardo (atteggiamento di “sintonia emotiva o empatia”) Bisogna ascoltarsi e immedesimarsi nel dolore e nel grido d’aiuto che lancia chi soffre di DCA. Se ci facciamo coinvolgere dalle urla e dalla rabbia ci potrebbe essere una “valanga”. Il “San Bernardo” procura calore e nutrimento, finché non sopravviene il cambiamento. Esso è affidabile, fedele e leale per natura, anche quando è coinvolto in una situazione pericolosa. Questa metafora esprime la capacità del familiare di essere in sintonia con le sofferenze di chi ha un DCA senza proporre alcuna soluzione. Non prova compassione ma empatia.
- Delfino (atteggiamento “dello stare a fianco durante il percorso”) La sua dinamica ricorda l’aiuto dato alla persona amata verso la sicurezza della guarigione, ciò significa avere un giusto equilibrio tra calore e guida, superando il DCA per condurre la persona attraverso un passaggio sicuro, oppure per spingerlo pian piano e guidarlo da dietro. I “Delfini” affiancano la persona che lotta credendo nella sua capacità di nuotare fuori dalla situazione ed alcune volte ascolta e resta indietro, per lasciare andare avanti pur stando vicino. In alcuni casi può diventare più direttivo quando si delineano buone scelte di vita, in questo caso il “Delfino” spingerà delicatamente, starà vicino restando accanto finché la persona non raggiunge la sicurezza.
Ogni anno 13 milioni di bambini nascono prematuri
Ogni anno oltre 13 milioni di bambini, nel mondo, nascono prematuri, cioè prima delle 37 settimane di gestazione. In Italia sono circa 25.000. Sono bambini più fragili e delicati, che, al momento della nascita, presentano un’immaturità variabile di organi e apparati. Per cui possono avere difficoltà anche importanti ad adattarsi in maniera autonoma alla vita fuori dal grembo materno. Possono aver bisogno di assistenza e cure dedicate nei reparti di Patologia Neonatale e di Terapia Intensiva Neonatale (TIN), con attrezzature sofisticate e all’avanguardia e con personale medico ed infermieristico altamente specializzato, ma sempre con la vicinanza dei genitori, che sono parte integrante delle loro cure.
La Giornata Mondiale della Prematurità 2024, che si celebra il 17 novembre, ha proprio come claim “Accesso a cure di qualità ovunque”, che è uno degli obiettivi prioritari della Società Italiana di Neonatologia (SIN).
In occasione della Giornata, la SIN diffonde gli ultimi dati del Rapporto INNSIN, Italian Neonatal Network. L’attenzione deve essere focalizzata sugli elementi fondamentali per garantire cure sempre migliori ai neonati prematuri: coinvolgimento della famiglia nel percorso di crescita e sviluppo durante la degenza in ospedale, apertura h24 delle TIN, per garantire una presenza continua e costante dei genitori accanto al proprio figlio ricoverato, implementazione degli Standard Assistenziali Europei per la Salute del Neonato e garanzia di un follow-up a lungo termine dopo la dimissione dall’ospedale.
Il dato è importante: ogni anno oltre 13 milioni di bambini, nel mondo, nascono prematuri. In un contesto di costante miglioramento delle cure perinatali, le nascite pretermine continuano ad avere un impatto importante sui reparti di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, sulle famiglie coinvolte e sulla rete dei servizi sociali ed educativi. Nei Paesi ad alto reddito, la prevalenza delle nascite pretermine è compresa fra il 5% e l’11%. Questo gruppo di neonati è responsabile di circa il 70% delle morti entro un mese di vita e del 75% della morbosità neonatale e risulta associato ad esiti di salute importanti, principalmente di natura neurocognitiva, respiratoria e sensoriale.
Anche se negli ultimi decenni sono stati fatti importanti progressi nel miglioramento della sopravvivenza e della morbilità, rimangono ancora elevati i costi personali, familiari e socio-sanitari associati sia alle cure intensive erogate dopo la nascita, che a quelle del percorso di “presa in carico” da avviare dopo la dimissione dall’ospedale.
I dati nazionali ricavati dal Certificato di Assistenza al Parto (CedAP) mostrano che, a fronte di una costante riduzione delle nascite, la quota dei neonati pretermine rimane invece costante: nell’ultima decade (2010- 2022), la prevalenza di parti very preterm è rimasta stabile allo 0,9% e quella dei moderate/late preterm è diminuita solo lievemente dal 5,7% al 5,4%.
Grazie alla raccolta di dati epidemiologici in Neonatologia, è possibile comprendere e promuovere la salute in questo gruppo di nati particolarmente fragili, identificando i fattori di rischio maggiormente “prevenibili”, sia pre-concezionali, che occorsi durante la gravidanza; supportando programmi di miglioramento della qualità assistenziale, grazie al confronto di specifici indicatori assistenziali e/o di salute fra singoli Centri o aree geografiche; realizzando e migliorando politiche sanitarie di programmazione dei servizi.
“La raccolta di dati epidemiologici riferiti alla popolazione di neonati pretermine rappresenta uno strumento necessario, anche se da solo non sufficiente, per supportare qualsiasi programma di miglioramento della qualità assistenziale”, affermano il Presidente SIN uscente Luigi Orfeo ed il Presidente SIN neoeletto Massimo Agosti. “E’ per questo che continuiamo a promuovere ed investire nel nostro network INNSIN, in un’ottica di condivisione e discussione dei risultati, che rappresentano un valore aggiunto di conoscenze, utili per il progresso scientifico e l’attività clinica quotidiana per i nostri piccoli pazienti”.
E’ scientificamente provato da numerosissimi studi come la vicinanza dei genitori, il loro coinvolgimento attivo nel percorso di cura, il loro contatto fisico, in primis grazie alla Kangaroo Care, la loro voce, rappresentino tutti elementi indispensabili che contribuiscono, insieme all’assistenza medico-infermieristica, al benessere ed allo sviluppo in salute dei neonati prematuri.
“I genitori rappresentano per noi una preziosissima risorsa ed un validissimo aiuto nella cura dei loro figli”, continuano Orfeo ed Agosti. “Per poter garantire un’assistenza sempre migliore, dobbiamo creare le condizioni affinché questa partecipazione possa essere reale e continuare a promuovere la necessaria apertura h24 delle TIN. Esistono ancora troppi centri con orari limitati e ridotti e questo fa percepire i genitori come dei visitatori”.
A supporto del coinvolgimento dei genitori nell’assistenza al proprio figlio, durante la degenza in ospedale, la SIN ha realizzato negli ultimi anni due importanti documenti: “Le indicazioni per la promozione della Kangaroo Care” e “Ed io come posso contribuire”, che descrive il percorso di accompagnamento dei genitori alla dimissione e dopo la dimissione, a partire dal primo giorno del ricovero.
Insieme alla European Foundation for the Care of Newborn Infants (EFCNI) e Vivere ETS, la SIN è, inoltre, impegnata nell’implementazione degli Standard Assistenziali Europei per la Salute del Neonato (ESCNH). Queste raccomandazioni, realizzate da un gruppo di lavoro internazionale ed interdisciplinare che ha previsto, per la prima volta, anche il coinvolgimento delle associazioni dei genitori, rappresentano un importante riferimento e guida per migliorare le cure neonatali.
La Task Force dedicata della SIN, da tre anni, è al lavoro per diffondere una maggiore cultura degli Standard e della Family Centered Care tra tutti i professionisti che operano in campo neonatale in Italia, mirando a creare una rete di collaborazione e supporto reciproco tra le Neonatologie di primo e di secondo livello e fornendo gli strumenti necessari per potenziare sul territorio nazionale i progetti di miglioramento delle cure, basati sugli Standard Assistenziali Europei per la Salute del Neonato.
Il latte materno è l’elemento prioritario per costruire il futuro in salute dei neonati, ancora di più per i neonati prematuri, per i quali costituisce un vero salvavita. In assenza o in attesa del latte della propria mamma, diventa fondamentale, per questa categoria di neonati, il Latte Umano Donato, raccolto in 44 “banche del latte umano donato”, distribuite su tutto il territorio nazionale.
Sono tantissimi i vantaggi dell’utilizzo del Latte Umano per il neonato prematuro: riduzione dell’incidenza di intolleranza alimentare, di enterocolite necrotizzante, di displasia broncopolmonare, di infezioni anche gravi, di retinopatia del prematuro, precoce raggiungimento dell’alimentazione enterale esclusiva, miglioramento degli outcome neurocognitivi e promozione dello sviluppo cerebrale. L’utilizzo precoce del Latte Umano Donato consente, inoltre, una riduzione dei tempi di degenza e favorisce la promozione dell’allattamento materno esclusivo nelle Terapie Intensive Neonatali (TIN).
Da anni la SIN è attiva, insieme ad AIBLUD Onlus, nella promozione della donazione del latte umano, informando le potenziali mamme donatrici su questo atto d’amore vitale per i neonati che lo riceveranno.
Condividere esperienze, per aumentare la conoscenza della prematurità
Sono 26 le storie di prematurità, raccolte sulla pagina Facebook della SIN nel corso del 2024. Racconti di genitori che hanno voluto condividere la loro personale esperienza in Terapia Intensiva Neonatale (TIN), a volte struggente, che sono stati di aiuto a famiglie nelle stesse condizioni. Nelle storie ricorrono emozioni molto forti e contrastanti, quali da un lato paura e angoscia, dall’altro lato percezione di sostegno e supporto da parte dello staff medico e infermieristico, ma anche degli altri genitori con esperienze vissute simili, in una sorta di seconda famiglia.
Molti genitori hanno raccontato di non conoscere il mondo della prematurità e della TIN, prima di essere catapultati tra incubatrici, monitor e sondini. E le cose “sconosciute” a volte fanno più paura.
La Giornata Mondiale della Prematurità rappresenta, quindi, anche un’opportunità per diffondere una maggiore conoscenza e consapevolezza sulla nascita prematura, non solo negli adulti, ma anche nei bambini.
E’ per questo motivo che la SIN ha realizzato, per questa edizione, il MINI KIT VIOLA, digitale, una raccolta di file con schede informative, immagini, foto, ecc. sul tema dei nati prematuri, per spiegare, anche ai più piccoli e in modo semplice attraverso il gioco, che cosa è la prematurità. Un supporto per attività di gruppo dedicate ai bambini, per le scuole e le associazioni e per chi vuole celebrare la giornata con i più piccoli.
E’ sempre dedicato a bambini/ragazzi fino a 14 anni, nati prematuri e non, “LA PREMATURITÀ PER ME piccoli creativi crescono”, un’iniziativa pensata per creare un momento di informazione, condivisione e partecipazione su questa condizione che ancora oggi riguarda mediamente un neonato ogni 10 in tutto il mondo.
Partecipare è molto semplice: basterà inviare una propria interpretazione creativa della prematurità, in formato digitale (disegni, testi, immagini, foto, video, ecc.), all’indirizzo e-mail dedicato giornataprematurita@gmail.com. Una selezione delle creazioni sarà pubblicata sui canali social della SIN e per tutti i partecipanti sarà previsto un attestato di partecipazione.
Tutto viola per i prematuri
Luci e non solo, grazie alla collaborazione di Comuni, associazioni e operatori sanitari, con un piccolo gesto di “condivisione” a sostegno delle nascite premature
Il viola è il colore della Giornata Mondiale della Prematurità. Il 17 novembre 2024 SIN e Vivere ETS invitano tutti a colorare di viola i social, il web, ma anche piazze, città, ospedali, scuole, ecc., adottando un simbolo per i neonati prematuri. Come sempre, tantissimi Comuni italiani e Ospedali illumineranno di viola monumenti, piazze, edifici, ecc., ma non solo.
Anche quest’anno, infatti, è stato previsto il KIT VIOLA PER I NEONATI PREMATURI, una raccolta digitale di tutti i file della campagna di sensibilizzazione 2024.
I file saranno personalizzabili con l’aggiunta del logo di Ospedali, Associazioni, Comuni, ecc. e liberamente utilizzabili sia online, su siti web e social network (Facebook, Twitter, Instagram, ecc.), sia per stampe.
Tutti potranno postare le foto, utilizzando i tag ufficiali: #WorldPrematurityDay2024 #WPD2024 #GMP2024 #giornatamondialeprematurità @societaitaliananeonatologia @SIN.Neonatologia @Vivere ETS. Le foto della giornata saranno raccolte e ripostate sulle pagine Facebook @SIN.Neonatologia e Instagram @societaitaliananeonatologia e inserite in un video finale sul canale YouTube della SIN, dove sono pubblicati i video di tutte le ultime edizioni.
Per ricevere il Kit Viola per i Neonati Prematuri o per ogni informazione sulla Giornata Mondiale della Prematurità 2024 inviare una mail a: giornataprematurita@gmail.com oppure sin@brandmaker.it.
Bambini: dipendenza digitale
Come sconfiggere la dipendenza digitale nei bambini, sempre più ‘catturati’ dai dispositivi e quindi con lo sguardo fisso su uno schermo? Un libro di una giornalista e scrittrice canadese ci aiuta.
Katherine Johnson Martinko ha scritto “Bimbi off line. Consigli pratici per tenere i bambini lontani dagli schermi” di Terranuova editore. Il Fatto Quotidiano parla di questo libro e di come dia utili consigli sulla dipendenza digitale dei bambini e come annientarla in qualche modo.
“Nel libro ci sono tantissimi consigli, divisi per fasce di età. Si parte dal non esporre mai i bambini a qualsiasi schermo sotto i due anni a spegnere la tv quando il bambino piccolo è nella stanza. Sempre per i più piccoli, il suggerimento è di farli giocare con sabbia, erba, pietre lisce, pezzetti di legno, neve, terra o giocattoli privi di batterie. Fondamentale dargli tanti libri illustrati e leggerglieli, anche ripetendo più volte lo stesso”, si legge.
“Per i più grandi, l’autrice suggerisce di riempire la casa e il giardino di oggetti per giocare, dal cesto di basket allo skateboard, dalla bicicletta, alle corde. E poi Lego, macchinine, case delle bambole, pupazzi, giochi in scatola, costumi per travestirsi, cuscini e coperte. Una buona idea può essere quella di occupare i pomeriggi con attività sportive e musicali, senza però sovraccaricare le loro giornate”.
“L’autrice dà altri numerosi suggerimenti: si può comprare un Light Phone, una specie di telefono che manda messaggi e ha il Bluetooth ma non social media e internet. All’idea che il cellulare sia fondamentale per chiamare casa in caso di ritardi, l’esperta risponde che si può insegnare ai bambini a chiedere ad adulti per strada di poter usare il telefono se devono comunicare. Un’altra buona pratica è tenere in casa solo il computer, rendendolo l’unico dispositivo al quale poter accedere anche per seguire gli amici sui social network, ma non in maniera ossessiva come lo smartphone”.
“Per chi invece ha deciso di dare il cellulare al proprio figlio, viene suggerita l’installazione del parental control ma non di nascosto: ‘Spiegate a vostro figlio cosa state facendo e perché’. Altra buona idea: meglio usare, e far usare ai propri figli, piattaforme dove i post scompaiono, come le storie sulle varie app, piuttosto che quelli che restano per sempre”.
“Ma più importante di tutto, sottolinea l’autrice, è sviluppare al massimo l’autonomia dei ragazzi, concedere loro più libertà possibile, spingerli a prendere la patente, usare i mezzi pubblici: ciò consentirà loro di poter fare tante cose diverse senza essere chiusi in casa. ‘Serve trovare un equilibrio tra la riduzione al minimo dell’esposizione agli schermi e la valorizzazione massima delle relazioni sociali’, scrive. Meglio mettere da parte i timori che possa accadere qualcosa ed evitare anche tracciamenti e geolocalizzazione sfinenti con app o chiamate continue”.
“La giornalista consiglia di fare un ‘tech shabbat’, un giorno completamente privo di collegamenti ai vari dispositivi. Sicuramente utile, anche, parlare con gli insegnanti, spiegando le proprie preoccupazioni e il desiderio che il proprio figlio/a non faccia attività legate ai tablet, specie se piccolo/a. Insomma, l’obiettivo di fondo è quello di abbandonare la paura dell’essere esclusi o FOMO (Fear of Missing Out), adottando l’idea del JOMO (Joy Of Missing Out), la gioia di essere ‘esclusi’”.
“Quando l’uso degli schermi è ridotto al minimo, e considerato come strumento utile, “la vita è qualcosa che può accadere, energia che prende la forma dell’avventura e del desiderio di sapere, della presenza fisica e del gioco, di connessioni e legami familiari profondi”, conclude l’autrice”.
Rooming-in
Garantire un percorso nascita puntuale ed appropriato a ciascuna coppia madre-neonato costituisce un obiettivo prioritario di salute. Tra gli interventi assistenziali raccomandati per il perseguimento di questo obiettivo, quello che ha mostrato probabilmente la maggiore efficacia clinica e prognostica in ambito perinatale è il rooming-in protratto e esteso. E’ stato scelto come tema centrale della sessione dedicata al Supporto al neonato sano e alla sua famiglia, al XXX Congresso Nazionale della Società Italiana di Neonatologia (SIN), a Padova.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lo ha definito come: “la permanenza del neonato e della madre nella stessa stanza di degenza per un tempo più lungo possibile. Auspicabilmente 24 ore su 24, con l’eccezione dei momenti necessari per effettuare quelle procedure assistenziali su madre/neonato (di fatto molto limitate) che giustificano una separazione”.
Ma il rooming-in non è solo questo, è molto di più. Come il corpo materno è l’“ambiente atteso” per il neonato, che favorisce l’adattamento ottimale alla vita extrauterina e gli consente di esprimere al meglio le sue competenze, così il rooming-in è “il posto giusto”. L’habitat ideale in cui genitori e neonato possono esprimere al meglio l’istinto di relazione, la “care” in senso assoluto.
“Il rooming-in 2.0 è ripensato in una nuova accezione, riorganizzato, centrato sulla triade familiare, alla luce delle nuove scoperte nel campo delle neuroscienze”, afferma il dott. Luigi Orfeo, presidente della SIN. “L’organizzazione del rooming-in, previo un monitoraggio scrupoloso del benessere materno e neonatale che garantisca la massima sicurezza clinica, deve divenire un accompagnamento discreto, rispettoso, per la piena realizzazione del bonding. Quel profondo e singolare legame, che viene a stabilirsi tra il neonato e la propria madre fin dai primi istanti di vita. Non si tratta di decidere, ad esempio, a che ora fare un prelievo (certo, in una condizione dove la procedura non sia “salvavita”), ma su come posso dare la migliore assistenza possibile in una cornice che rispetti il riposo della puerpera, gli stati comportamentali neonatali e l’attenzione al dolore”.
L’organizzazione del rooming-in 2.0 non cambia solo un reparto, cambia la modalità di assistenza, dal curare al prendersi cura. E richiede, quindi, alcuni elementi indispensabili: il supporto, la sicurezza, l’adattabilità delle strutture e la modulazione qualitativa delle routines assistenziali.
Il rooming-in è oggi raccomandato in condizioni fisiologiche dall’OMS (WHO 2017) e dall’UNICEF (nell’ambito delle iniziative “Ospedale amico del bambino”), dalle principali società scientifiche nazionali ed internazionali e dal Ministero della Salute (2019) nel documento di indirizzo “Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi 1000 giorni”.
I suoi benefici sono innumerevoli, ben documentati e scientificamente provati. Promuove l’avvio dell’allattamento al seno e si associa a tassi di allattamento materno molto maggiori. Comporta un miglioramento di numerosi determinanti di salute (a breve, medio e lungo termine). Favorisce la relazione madre-bambino e l’attaccamento-bonding. Promuove la consapevolezza delle competenze genitoriali-empowerment. Favorisce una dimissione appropriata del neonato e della coppia con riduzione dei ricoveri successivi. Protegge dalla depressione post-partum e dallo stress indotto dal cambiamento di ruolo dovuto dalla genitorialità. Riduce il rischio di infezioni ospedaliere.
Molte ricerche scientifiche hanno dimostrato come l’adozione dello skin-to-skin alla nascita tra madre e neonato, seguito da una strategia di “zero separation”, garantita dal rooming-in estensivo, giochino un ruolo determinante nel consentire una buona transizione dalla vita intrauterina a quella extrauterina.
L’insieme di queste buone pratiche, agendo precocemente in una fase di massima sensibilità (finestra di vulnerabilità) favoriscono l’ottimale sviluppo neurologico del neonato. In questo periodo, infatti, la crescita del bambino è fortemente condizionata dagli stimoli ambientali cui è sottoposto, grazie ad afferenze sensoriali sia positive che negative, in grado di modificare l’epigenetica e il neurosviluppo, che coinvolgono processi di adattamento e modulazione neuronale. Il rooming-in, permettendo al neonato di continuare a ricevere quegli stessi stimoli positivi che riceveva in utero (la voce materna e paterna, gli odori, gli stimoli tattili…) garantisce in conclusione l’ambiente più appropriato e familiare, indispensabile per lo sviluppo neurologico.
“Oggi abbiamo un importante strumento a nostra disposizione, che contribuirà a fornire indicazioni sulle buone pratiche assistenziali postnatali, che riguardano il neonato e la sua famiglia: il nuovo documento “Benessere della coppia madre-bambino e sicurezza del neonato: il rooming-in”, realizzato dal Tavolo tecnico multidisciplinare sulla continuità del rapporto madre-bambino durante l’ospedalizzazione alla nascita del Ministero della Salute e del quale la SIN fa parte”, conclude il Presidente Orfeo.
Nanna neonati: consigli
La nanna neonati per alcuni neo genitori è un vero dramma. La maggior parte di loro lamenta mancanza di sonno con l’arrivo del bebè a casa. Alcuni consigli per far migliorare le cose tra le quattro mura li regala la dottoressa Jo Rammel. L’esperta di sonno inglese all’Huffpost spiega come agevolare la nanna nei neonati.
Tra i consigli c’è di non coprire troppo il piccolo, pensando possa sentire freddo: la temperatura giusta nella sua stanza deve aggirarsi tra i 16 e i 20 gradi. E’ possibile controllarla con un termometro appeso su una parete.
La nanna dei neonati deve partire da molte cose, anche dall’alimentazione. La dottoressa Jo Rammel dice ai genitori di inserire alimenti ricchi di triptofano a pranzo e a cena nelle pappe. “Questi alimenti supportano la produzione di serotonina, che poi si trasforma in melatonina e permette ai piccoli di dormire sonni tranquilli”, spiega. Vanno inseriti:
formaggio
uova
latte
pollo
pesce
avena
fagioli
lenticchie
broccoli
banane
spinaci
“La culla dovrebbe essere libera da cuscini, coperte e peluche”, dice l’esperta. I bambini così piccoli sono a rischio SIDS, infatti. Evitare anche borse dell’acqua calda o coperte elettriche. Per la nanna i neonati vanno anche aiutato con suoni rilassanti. Tra i consigli pure quello di portare i bimbi a fare lunghe passeggiate al sole se possibile: “L’esposizione ai raggi solari in un periodo come l’inverno, durante il quale si tende a tenere i bambini a casa è molto importante perché regola il loro orologio biologico”.
Influenza, raffreddore, bronchiolite bambini: vademecum
Un vademecum utilissimo sulle malattie di stagione dei bambini: influenza, raffreddore, bronchiolite. Dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma arriva una guida completa per prevenirli, riconoscerne i sintomi. “Lo scorso anno sono stati 15 milioni gli italiani colpiti dall’influenza e dalle sindromi parainfluenzali – ricordano gli esperti del Bambino Gesù – Di questi, circa un terzo erano bambini e ragazzi”. L’Adnkronos sottolinea le ‘dritte’ degli esperti.
Un vademecum è utile a noi genitori, spesso nel panico, con influenza, raffreddore, bronchiolite nei bambini. “Rhinovirus, coronavirus, virus influenzali e parainfluenzali, adenovirus, enterovirus, virus respiratorio sinciziale – elencano i medici – Sono gli agenti virali responsabili della maggior parte delle malattie dell’apparato respiratorio: dal raffreddore all’influenza, dal Covid alla bronchiolite. Questi virus si trasmettono per via respiratoria, attraverso l’inalazione diretta delle goccioline respiratorie infette o per contatto, ad esempio con le mani contaminate”.
“I sintomi sono spesso simili, ma di diversa intensità, e vanno dal mal di gola alla tosse, dal naso che cola alla febbre, dalle manifestazioni gastrointestinali ai dolori articolari. Le malattie respiratorie ogni anno nel mondo colpiscono centinaia di milioni di persone, soprattutto nei mesi più freddi. Al Bambino Gesù durante la scorsa stagione epidemica (2023-2024) si sono verificati più di 13.000 accessi in pronto soccorso per infezioni respiratorie acute e oltre 1.500 ricoveri, di cui circa 100 in terapia intensiva”, precisano.
“Nell’influenza la fase di picco dura generalmente da dicembre a febbraio. Nel raffreddore i casi aumentano durante tutta la stagione invernale. I casi di bronchiolite causati da virus respiratorio sinciziale si concentrano tra novembre e marzo. Quelli causati da virus parainfluenzali di tipo 3 si verificano con maggior frequenza in primavera ed estate”, ricordano gli specialisti.
Nel vademecum è chiaro come fare prevenzione per quel che riguarga influenza, raffreddore, bronchiolite dei bambini. ”Il rispetto delle norme igieniche è fondamentale per limitare i rischi di contrarre i virus respiratori – raccomandano gli esperti – Con l’arrivo del freddo i bambini passano infatti più tempo in ambienti chiusi e con minore ricambio d’aria, esponendosi così a un rischio maggiore di essere contagiati”.
“Lavare spesso le mani, coprire naso e bocca con un fazzoletto o il cavo del gomito quando si starnutisce, ridurre il contatto delle mani con occhi, bocca e naso ed evitare le persone che presentano sintomi sono tutti comportamenti che aiutano a diminuire il rischio di ammalarsi. Più in generale un corretto stile di vita rende bambini e ragazzi più sani e quindi meno soggetti ad ammalarsi. E’ importante seguire un’alimentazione equilibrata, ricca di frutta e verdura che aiutano a rinforzare le difese dell’organismo”, dicono.
E’ importante anche vaccinare. “Il vaccino è raccomandato a tutti i bambini da 6 mesi fino al compimento dei 7 anni; ai bambini dai 6 mesi di età, ragazzi e adulti con patologie croniche e ai loro conviventi, alle donne in gravidanza e nel periodo post partum e a tutte le persone dai 60 anni di età. Insieme a quella anti-influenza, è partita anche la campagna per la vaccinazione contro il Sars-CoV-2, per tutte le fasce di età”.
“Da quest’anno poi è disponibile un nuovo farmaco, un anticorpo monoclonale, che serve a proteggere dal virus respiratorio sinciziale, la causa più comune di bronchiolite (infiammazione delle piccole vie aeree dei polmoni) e di polmonite nei bambini sotto i 2 anni. In Italia lo scorso anno si sono registrati oltre 15.000 ricoveri, 3.000 dei quali in terapia intensiva. Presso il Bambino Gesù – prosegue l’ospedale – durante la scorsa stagione epidemica (2023-2024) si sono verificati 650 ricoveri, di cui 93 in terapia intensiva, a causa della bronchiolite. Nei giorni scorsi la Conferenza Stato-Regioni ha dato via al piano di immunizzazione contro il virus sinciziale”.
La campagna riguarderà inizialmente tutti i bambini nati da fine luglio 2024 in poi e quelli fragili con meno di 24 mesi di età. “Prevenire l’infezione da virus respiratorio sinciziale è salvavita nei bambini con meno di 6 mesi di età, riduce di oltre l’80% la necessità di ricovero ospedaliero e azzera il rischio morte – afferma Alberto Villani, responsabile dell’Unità operativa complessa di Pediatria generale e Dea II livello del Bambino Gesù – Evitare una forma grave di bronchiolite nelle primissime fasi della vita abbatte il rischio di soffrire di asma, già in età evolutiva, e della broncopneumopatia cronica ostruttiva, in età adulta avanzata”.
“La maggior parte delle malattie respiratorie invernali si presenta con sintomi molto simili: raffreddore, mal di gola, tosse, febbre, inappetenza, stanchezza. Si tratta di malattie che in genere si risolvono da sole in pochi giorni grazie al riposo a letto e alla somministrazione di farmaci in grado di controllare la febbre (se presente) e alleviare la sintomatologia. Il farmaco di elezione per la gestione della febbre è il paracetamolo – rammentano gli esperti – che ha proprietà antifebbrili e antidolorifiche e che, non essendo antinfiammatorio, è privo di effetti lesivi per la mucosa dello stomaco. Trattandosi di infezioni virali, la terapia antibiotica non solo è inutile, ma spesso dannosa quando non prescritta dal medico”.
“In caso di raffreddore – consigliano i medici – i lavaggi nasali sono utili per liberare le vie aeree superiori e facilitare la respirazione, soprattutto nei neonati e nei bambini molto piccoli che non sono ancora in grado di soffiarsi il naso. Il lavaggio consiste nell’introduzione nelle narici di una soluzione di acqua e sale (soluzione fisiologica). I momenti più adeguati per effettuare i lavaggi nasali sono prima delle poppate, prima di dormire e prima di eseguire l’aerosol. Esistono molti strumenti per eseguire il lavaggio nasale. Nei bambini sotto i 2 anni di età è consigliato l’utilizzo di una siringa (senza ago) da 2,5 ml o 5 ml, in modo da introdurre la soluzione fisiologica nelle narici con una discreta pressione (non eccessiva, né in maniera troppo rapida), utile a liberare le prime vie aeree”.
“Esistono poi i flaconcini monouso (da 2,5 o 5 ml) e, per i bambini più grandi, gli spray predosati o l’apposito apparecchio di origine asiatica per lavaggi nasali (una piccola brocca con beccuccio). Le soluzioni normalmente utilizzate per il lavaggio nasale sono isotoniche (soluzione fisiologica) o ipertoniche. Le soluzioni isotoniche hanno una concentrazione di sale dello 0,9%, quelle ipertoniche, utilizzate quando il muco è più denso, hanno invece una concentrazione di sodio cloruro più elevata (la più frequente è al 3%); quest’ultima è indicata in specifiche categorie di pazienti”.
“L’idratazione è sempre importante, ancora di più quando il bambino ha una sindrome influenzale o parainfluenzale e va quindi stimolato a bere acqua. Se è inappetente, invece, non è necessario forzarlo a mangiare”, precisano gli specialisti. Il riposo a casa è importante, anche per limitare la circolazione dei virus, ma se il bambino si sente in forze, non serve costringerlo a letto. In caso di febbre (senza brividi), inoltre, vestirlo con abiti leggeri lo aiuterà a disperdere il calore in eccesso e a diminuire il disagio.
L’aspetto veramente importante a cui i genitori devono prestare attenzione è lo stato di salute generale del bambino. “Non c’è un sintomo che, da solo, è più importante degli altri diventando fonte di ansia. La febbre è normale, vuol dire che l’organismo sta combattendo l’infezione virale. Bisogna quindi prendere in considerazione lo stato di malessere complessivo del bambino (dolore, appetito, cambiamento delle sue abitudini, del suo umore e della sua mobilità). Quando si riscontrano cambiamenti evidenti rispetto alla normalità, è importante rivolgersi al pediatra che fornirà le indicazioni, terapeutiche e comportamentali, del caso”, spiegano i pediatri del Bambino Gesù.
I fattori di rischio cambiano quando si ha a che fare con persone fragili. “Nei bambini e nei ragazzi i fattori che aumentano il rischio di maggiore gravità sono la prematurità, l’età del bambino (inferiore a 12 settimane), le cardiopatie congenite, la displasia broncopolmonare, la fibrosi cistica, le anomalie congenite delle vie aeree e le immunodeficienze. In questi casi è sempre opportuno consultare il medico curante e in ogni caso deve essere garantita una valutazione medica (pronto soccorso, se medico curante impossibilitato)”, aggiungono.
“Prevenire è sicuramente il primo consiglio, vaccinare anche i bambini contro l’influenza è fondamentale. In caso di malattia, i genitori non devono avere paura del valore della temperatura, dei gradi segnalati dal termometro, ma rivolgere l’attenzione alle condizioni complessive del bambino, senza somministrare farmaci per decisione autonoma – conclude Sebastian Cristaldi, responsabile dell’Unità operativa semplice Dea II livello del Bambino Gesù – Certamente è di aiuto mantenere l’idratazione con acqua o soluzioni reidratanti, facilmente reperibili nelle farmacie. Consiglio inoltre di sottoporre la situazione al proprio pediatra di famiglia che prescriverà controlli clinici e terapie in base alle condizioni o invierà la famiglia in pronto soccorso se necessario”.