Cibo spazzatura: a rischio anche il fegato
Il cibo spazzatura è veleno per i bambini. Certo, chiaramente fa malissimo pure ai grandi, ma ai più piccoli di più. Una ricerca evidenzia che non influisce solo sui fattori di rischio cardiovascolari e sulla sindrome metabolica, strettamente legati al problema del sovrappeso e dell’obesità: a rischio è anche il fegato.
Cibo spazzatura, no grazie. Bisognerebbe non permetterlo proprio. Io mi faccio sempre ‘commuovere’ da mia figlia quando mi chiede di mangiare in un fast food, anche a casa, spesso, per fare presto, cucino qualcosa che somiglia a cibo spazzatura, ma non va affatto bene. A rischio anche il fegato, un organo per noi fondamentale.
Lo studio è stato fatto su un modello di topo sviluppato dalla FIF (Fondazione Italiana Fegato) nei laboratori dell’AREA Science Park di Trieste. Il modello riproduce l’insorgenza della sindrome metabolica in età infantile.
Sono stati analizzati 6 topi partendo dall’età dello svezzamento fino al quando sono diventati adulti (nell’uomo questo spazio temporale è come un passaggio dai 3 ai 30 anni). I topi in questione sono stati nutriti con una dieta ad alta percentuale di grassi e con acqua addizionata con fruttosio.
Gli studiosi della FIF hanno hanno potuto riscontrare che nell’età pediatrica l’avanzamento della malattia è molto più veloce, la prognosi in questo caso generalmente è più grave rispetto agli adulti. Si è apure notata una differenza di genere nella velocità di sviluppo della malattia: nei maschi di topo c’è una progressione più rapida nella fase iniziale, anche se il danno finale risulta identico sia per i maschi che per le femmine.
Trascorsi solo due mesi i topi purtroppo avevano fibrosi del fegato. Dopo 4 mesi di cibo spazzatura l’86 per cento dei maschi e il 15 per cento delle femmine era arrivato ad un livello di fibrosi di tipo 2, dal quale non si può più guarire.
A rischio anche il fegato: sottoposto ad un sovra lavoro per smaltire tutti i grassi e gli zuccheri in eccesso, ad un certo punto non riesce più a svolgere correttamente la propria funzione e si ammala di steatosi epatica non alcolica (NAFLD) e di steatoepatite non alcolica (NASH). In quest’ultima, oltre all’accumulo di grasso nelle cellule epatiche (come nella NAFLD), si manifestano anche infiammazioni e lesioni.
“Considerando che l’obesità infantile è in esplosione anche da noi e che il danno al fegato da sindrome metabolica diventerà nei prossimi anni la principale causa di trapianto di fegato, il modello sarà un’ottima piattaforma per studiare i meccanismi che portano al danno, capire le differenze maschio/femmina e testare farmaci e nuovi approcci diagnostici”, ha spiegato il professor Claudio Tiribelli, direttore della Fondazione Italiana Fegato.
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