E’ mio, mio e basta!
Mia figlia va all’asilo da quando ha compiuto nove mesi. Credevo che questo bastasse per farle capire che non è tutto suo. Del resto stare con altri bambini dovrebbe essere il miglior modo per imparare a condividere spazi, giochi, attenzioni. Invece non è andata proprio così e anche oggi, passati i tre anni, le sento ancora dire: “E’ mio, mio e basta!”.
Credo che il miglior modo di agire sia insegnarle con calma cosa sia giusto e sbagliato. I pediatri fanno sapere che i piccoli imparano questo tipo di concetto solo dopo i cinque anni, anche se genitori, nonni, zii e maestre possono fare qualcosa pure prima.
Ci sono dei trucchetti. Quello che uso più spesso, quando alcuni amichetti vengono qui a casa, è: se vuoi giocare con questo determinato gioco ora, allora devi farlo insieme a loro, se non vuoi, non si tira fuori. Per farlo, aspetterai che i tuoi amici se ne siano andati. Di solito funziona.
L’altra tecnica da utilizzare sempre, al parco o fra le quattro mura, è coinvolgere il vostro piccolo con gli altri a seguire un gioco comune, in modo che tutti insieme possano condividere invece che litigare per questo o per quello. Palla, bicicletta, bambole, altalena o giochi di ruolo si usano o si fanno in compagnia.
L’individualismo in alcuni momenti della propria esistenza può essere importante, portato all’estremo si trasforma in un mostro da sconfiggere.
Quando mangio qualcosa, chiedo sempre a Benedetta se ne vuole un po’, se vuole assaggiarla, così che lei possa fare altrettanto con altri.
Quando preparo i vestitini o le scarpe che non le vanno più per donarle alla cuginetta di un anno più piccola o alle mamme del centro antiviolenza del mio quartiere, la informo e le spiego perché è importante regalare a chi ha bisogno. Stessa cosa per i giochi messi da parte: di solito li porto proprio al suo asilo o all’oratorio che frequenta il pomeriggio, ma sempre informandola e spiegandole che potrà giocarci lì, dove, però, non saranno più soltanto suoi, ma di tutti i bambini.
E, quando sorride e offre qualcosa a un suo coetaneo, le faccio i complimenti. Lei sorride e si sente importante, ma, soprattutto grande: una vera e brava signorina senza capricci inutili. Questa è la vittoria.
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Sei una brava mamma Annamaria