Meglio dare orari regolari per la nanna

Gen 17
Scritto da Annamaria avatar

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Lo so, non è sempre facile mandare a letto i nostri piccoli. Bibi, soprattutto in estate o quando ci sono le vacanze, fa i capricci e cerca di tirare fino a tardi il più possibile, ma gli orari regolari per la nanna sono una necessità, non solo per il benessere delle mamme e dei papà, la sera allo stremo delle forze, soprattutto per i bambini, se si vuole farli crescere sani e tener così lontani i problemi legati al comportamento o ai disturbi del sonno.

Una ricerca, condotta da un gruppo di pediatri dell’University College di Londra e pubblicata su Pediatrics, ha analizzato i dati di oltre diecimila bambini dell’UK Millennium Cohort Study nati fra il 2000 e il 2001. Gli studiosi hanno registrato gli orari della nanna dei bimbi a tre, cinque e sette anni per confrontarli poi con indicazioni su eventuali disturbi del comportamento da parte dei genitori e degli insegnanti. I risultati sono stati illuminanti. C’è una correlazione evidente fra il momento della nanna e problemi comportamentali – ha spiegato Yvonne Kelly, coordinatrice dello studio – La mancanza di regolarità altera i ritmi circadiani, facilita la deprivazione di sonno e in ultima analisi compromette un corretto sviluppo cerebrale. Non avere una routine e un orario “fisso” per dormire provoca una specie di jet lag nei più piccoli e questo non è positivo per il cervello, il suo funzionamento e il suo sviluppo.

 

I punteggi relativi ai disturbi comportamentali, tra cui iperattività, problemi di condotta o con i coetanei, difficoltà affettive, vanno di male in peggio se manca la regolarità nell’andare a dormire e aumentano con l’età. “Questo significa che l’effetto è netto e diventa via via più “pesante” se crescendo l’irregolarità nel sonno resta, ma è anche reversibile – ha sottolineato Kelly – Tutto ciò implica che i pediatri dovrebbero valutare gli orari della nanna dei loro piccoli pazienti, dando indicazioni ai genitori perché riescano a trovare una routine quanto prima. Lo sviluppo cerebrale nei primi anni di vita ha evidenti ripercussioni sul benessere a lungo termine, per cui è essenziale far sì che possa procedere nel migliore dei modi”.

A che ora metterli a letto? Secondo un’altra ricerca dell’università del Colorado pubblicata su Mind, Brain and Education, in cui dei bambini sono stati studiati nell’arco di una settimana, misurando la melatonina alla sera e valutando modalità e tempi con cui riuscivano ad addormentarsi, bisogna assecondare l’orologio biologico dei piccoli. “I dati mostrano che bisognerebbe cercare di essere “in sincrono” con l’orologio biologico del bimbo, per far sì che possa addormentarsi velocemente e senza difficoltà riducendo il rischio di disturbi del sonno – ha detto la coordinatrice dello studio, Monique Le BourgeoisSe i genitori infatti mettono a letto il bambino quando la produzione di melatonina non è ancora aumentata a sufficienza è probabile che il piccolo non riesca ad addormentarsi presto e bene: un bimbo su quattro ha problemi al momento della nanna, in molti casi potrebbe essere “colpa” dell’orario sbagliato in cui si va a letto. Purtroppo i disturbi del sonno nell’infanzia possono incidere in maniera negativa sullo sviluppo cognitivo ed emozionale: favorire un addormentamento veloce e sereno è perciò fondamentale, ad esempio riducendo l’esposizione alle luci artificiali di televisione e computer alla sera per facilitare la produzione di melatonina”.

Nei piccoli presi in esame l’inizio della sintesi dell’ormone si attesta attorno alle venti, quindi circa un’ora dopo i bimbi dovrebbero riuscire a dormire agevolmente. “Naturalmente sarebbe complicato misurare la produzione di melatonina in ogni bimbo: il messaggio principale per i genitori è essere consapevoli che, se il figlio ha difficoltà ad addormentarsi nell’orario scelto per la nanna, è probabile che a quel punto della sera non sia ancora fisiologicamente pronto per dormire. Scegliere un altro orario può aiutarlo a scivolare nel sonno più facilmente, scongiurando difficoltà e problemi”, ha concluso la studiosa.

 

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