Articoli della categoria ‘IL BAMBINO’

Bambini: fai bei sogni

Set 25
Scritto da Annamaria avatar

Quante volte dando la buonanotte ai nostri piccoli l’abbiamo detto: Fai bei sogni”. E in effetti i bambini attraverso i sogni possono raccontare molto di loro. 

bambini fai bei sogni

Oggi si celebra proprio la Giornata mondiale dei sogni. Fai bei sogni, deve essere un vero incoraggiamento per i nostri bambini. “Quando dormiamo, il nostro cervello si trova a confronto con tutto ciò che lo ha stimolato, nutrito o turbato durante il giorno. E’ un po’ come se di notte, la nostra mente si prendesse la rivincita e ci mostrasse il mondo, le emozioni, le paure e i desideri da un’altra prospettiva, proponendoci una nuova visuale da cui rivedere ciò che abbiamo vissuto. Nei bambini, tutto questo accade in maniera ancora più potente”, dice Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta.

L’esperto dell’età evolutiva e ricercatore all’Università degli Studi di Milano sottolinea all’Ansa quanto per noi genitori sia importante capire i bambini. “Fai bei sogni” è un invito perché “i sogni ci aprono la porta verso il mondo interiore dei nostri piccoli”. 

“Ci fanno capire quelle dinamiche che loro non riescono a descrivere a parole, ci raccontano desideri, fantasie, ma anche ansie e paure. I bambini del terzo millennio si trovano in una quotidianità piena di emergenze, dalle guerre al Covid fino alle minacce di un meteo impazzito, e spesso non riescono a rimettere in ordine tutti i pezzi di questo domino fuori controllo. Queste paure si manifestano nei sogni notturni causando a volte risvegli improvvisi, richieste di essere abbracciati e confortati”, spiega Pellai.

Dobbiamo chiedere ai bimbi di raccontarci quel che sognano: “Usare fantasia e immaginazione per rendere le loro notti più belle e più piene aiuta i bambini a sviluppare capacità fondamentali nella vita reale come la creatività, l’empatia, la consapevolezza di sé e il problem solving. Sognare, insomma, fa bene alla mente”.

Cinque consigli per far sognare e raccontare ai nostri figli:

1. Create il rito della nanna: aiutate i bambini ad avvicinarsi al momento del sonno con piccoli rituali, come la storia della buona notte, la ninna nanna e una piccola lampada vicino al letto. Si tratta di azioni ripetitive che contengono codici affettivi e servono a far sentire i piccoli tranquilli e protetti nel momento in cui si abbandonano al territorio del sonno.

2. Aiutate i bambini a immaginare ciò che sogneranno: raccontate i vostri sogni più belli o chiedete loro cosa vorrebbe immaginare. Fare questa attività nel tempo immediatamente precedente all’addormentamento aiuta il cervello a predisporsi a “buoni sogni”.

3. Tenete il diario dei ‘sogni belli’ e disegnate: chiedete ai vostri figli cosa hanno sognato e scrivetene un breve riassunto su un diario da tenere sempre sul comodino. Quando li addormentate alla sera, di tanto in tanto potete leggere queste storie per allontanare paure e incubi. Non solo: aiutateli a condividere questi contenuti con un disegno. Mettere le emozioni notturne su un foglio aiuta i vostri figli a condividere i loro stati emotivi e li rassicura sulla vostra presenza come custodi della notte. Questi gesti, poi, creano momenti di dialogo e condivisione sul tema.

4. Inventate nuovi finali per gli incubi: se al mattino i bambini vi raccontano un brutto sogno, proponete loro di immaginare come sarebbe andata a finire la vicenda, aiutandoli a costruirsi un finale positivo. Questo li tranquillizza e facilita il non ripetersi degli incubi.

5. Imparate a vedere che cosa si nasconde dietro i sogni: storie e immagini notturne celano sempre desideri, voglie e paure. Rimanere in contatto con tutto questo vi permette di supportare al meglio i vostri figli nella loro crescita.

Se rimanda i compiti

Set 22
Scritto da Annamaria avatar

Se tuo figlio rimanda sempre i compiti da fare è perché ha scarsa autostima. Lo dice la dottoressa Fiona Yassin sulle pagine del Mirror.

Quante volte noi mamme (e anche i papà) ci arrabbiamo se nostro figlio rimanda i compiti? Questa situazione, però, potrebbe celare un malessere del bambino o del ragazzo. “I ragazzi, soprattutto durante l’adolescenza hanno meno autostima e di conseguenza, temendo di non essere in grado di concludere bene un compito o una sessione di studio, finiscono per evitarlo o ritardarlo il più possibile”, spiega l’esperta.

Le altre motivazione se rimanda i compiti sarebbero la scarsa motivazione allo studio, l’eccessiva pressione dei genitori e il voler pretendere troppo da loro stessi. “Non serve porre un’asticella troppo alta ai nostri figli, essere sempre molto critici e pretendere ogni giorno un voto più alto o risultati migliori da loro, perché questo potrebbe spingerli ad avere manie di perfezionismo”, dice la Yassin. “I ragazzi rischiano a questo punto di essere così demotivati da non dare importanza o priorità ai compiti”, precisa la dottoressa. 

Se il problema fosse quello di autostima, è opportuno verificare quanto sia grave, e, nel caso, chiedere anche consiglio a un terapista. E’ sempre meglio agire che rimanere a guardare inerti.

Bambini: professioni più desiderate

Set 20
Scritto da Annamaria avatar

Cosa vuoi fare da grande? È una domanda che ci accompagna spesso quando abbiamo a che fare con i bambini. Anche a noi, quando eravamo piccoli, zii, nonni, amici lo hanno chiesto. Le professioni più desiderate dai pargoli le ha tirate fuori uno studio di un’azienda inglese.

bambini professioni piu desiderate

Nel 2000 le professioni più desiderate dai bambini erano il veterinario, l’avvocato, il poliziotto, il medico. Con l’era digitale è cambiato tutto, come svela la ricerca di BT Group che ha svolto un’indagine tra adolescenti e preadolescenti. La forbice è compresa tra gli 11 e i 17 anni.

Quali sono quindi le professioni più desiderate tra i bambini oggi? Quattro dei dieci lavori più desiderati dai ragazzi e dalle ragazze appartengano al settore STEM (Science, Technology, Engineering e Mathematics). Per quel che riguarda i ragazzi nei primi tre posti ci sono: il progettista di videogame, lo sportivo e il software engineer. Per le ragazze, invece, l’infermiera (prima), la stilista e l’avvocato.

Fanpage pubblica una top ten sia maschile che femminile che mette a confronto le professioni scelte nel 2000 e quelle di oggi, 2024.

Top Ten maschile 2000 vs 2024

1 – Business Manager (2000)/Progettista di videogame (2024)

2 – Informatico (2000)/ Sportivo (2024)

3 – Ingegnere (2000)/ Software Engineer (2024)

4 – Medico (2000)/ IT manager (2024)

5 – Sportivo (2000)/ Influencer (2024)

6 – Insegnante (2000)/ Costruttore (2024)

7 – Avvocato (2000)/ Data Scientist (2024)

8 – Meccanico per auto (2000)/ Medico (2024)

9 – Architetto (2000)/ Avvocato (2024)

10 – Poliziotto (2000)/ Architetto (2024)

Top Ten femminile 2000 vs 2024

1 – Insegnante (2000)/ Infermiera (2024)

2 – Medico (2000)/ Stilista (2024)

3 – Avvocato (2000)/ Avvocato (2024)

4 – Psicologa (2000)/ Influencer (2024)

5 – Infermiera o ostetrica (2000)/ Progettista di videogiochi (2024)

6 – Dirigente d’azienda (2000)/ Estetista/parrucchiere (2024)

7 – Veterinaria (2000)/ Medico (2024)

8 – Scrittrice/Giornalista (2000)/ Social media manager (2024)

9 – Segretaria (2000)/ Sportiva (2024)

10 – Parrucchiera (2000)/ Software Engineer (2024)

Allergie e intolleranze alimentari: cosa fare a scuola

Set 19
Scritto da Annamaria avatar

Non è facile per i genitori che hanno bambini con allergie e intolleranze alimentari, soprattutto a scuola. E’ importante capire cosa fare per evitare le contaminazioni quando un piccolo va alla mensa scolastica.

Sulle allergie e intolleranze alimentari dei bambini e cosa fare a scuola sono utilissime le parole del dottor Alessandsro Fiocchi. 

alergie e intolleranze alimentari cosa fare a scuola

Il Responsabile di Allergologia Ospedale Pediatrico Bambino Gesù al Fatto Quotidiano spiega: “Esistono due tipi di intolleranze alimentari. Una è la celiachia, o intolleranza al glutine, che può colpire i bambini. L’altra è l’intolleranza al lattosio che invece non colpisce mai i bambini. Tutto il resto rientra nei casi delle allergie alimentari”

“Nei bambini tra i tre e sei anni l’allergia più diffusa è nei confronti della frutta secca a guscio, al latte, grano e alle uova. Dopo i sei anni, è più frequente alle arachidi e alla frutta fresca – continua Fiocchi –. Tra la frutta fresca, la più frequente è quella per il kiwi e si manifesta nei bambini che presentano un’altra allergia, quella ai pollini. Questo perché le molecole dei pollini sono identiche a quelle che ci sono nella frutta fresca. In questo caso si parla di ‘allergia ‘crociata’”.

“Esiste un solo test per evidenziare le intolleranze ed è quello per la celiachia e si basa sui risultati degli esami sierologici. Per quanto riguarda i test per le allergie, purtroppo ne vedo proposti in farmacia o consigliati dagli stessi medici, ma molti di questi non hanno nessuna validità! – sottolinea con forza l’esperto –. Gli unici testi validi sono quelli di ‘sensibilizzazione in vivo’: misurano la presenza di anticorpi IgE per gli alimenti sulla pelle con prick test o patch test; i ‘test di sensibilizzazione in vitro’: misurano la presenza di anticorpi IgE per gli alimenti nel sangue con tecniche sempre più sofisticate. E infine, il test di reazione allergica vera e propria, detto ‘test di provocazione’: per sapere se un bambino è davvero allergico gli si fa mangiare l’alimento e la reazione deve essere osservata e misurata”.

Ma cosa fare a scuola con bambini che soffrono di allergie e intolleranze alimentari? “In accordo con il pediatra si presenta la situazione agli organismi scolastici che trasmetteranno alla mensa i cibi da eliminare dal menù del bambino – precisa Fiocchi -. I menù sono ormai ben stilati dai nutrizionisti che valutano le alternative nutrizionali più idonee. I problemi principali ci possono essere nei bambini allergici a più cibi come latte, pesce, carne stessa in cui c’è il rischio di carenze proteiche o anche di calcio”.

“Il rischio di mangiare o anche inalare un cibo di cui il bambino è allergico o intollerante può provenire da un alimento che sta mangiando un suo compagno di scuola o anche, perché succede anche questo, per uno scherzo stupido di un altro bambino. Non è nemmeno da sottovalutare l’uso di materiali come farine di frumento o cereali per creare un tipo di ‘plastilina’ per fare dei lavoretti, specie nella scuola materna. Un bambino allergico a questi ingredienti potrebbe ingerirli casualmente”, dice ancora il medico.

“In caso di ingestione accidentale di un alimento ‘incriminato’, la scuola deve avere il piano terapeutico che i genitori hanno indicato a insegnanti e servizi scolastici per intervenire alla comparsa dei sintomi o prima di essi. In questi casi si ricorre a uso di adrenalina”, chiarisce il quotidiano.

Il decalogo per prevenire le allergie

1. No al fumo.

2. Dieta mediterranea, varia e sana.

3. Allattamento materno esclusivo.

4. I probiotici nella madre e nel bambino potrebbero essere utili per prevenire le allergie.

5. Omega-3 per la mamma in allattamento.

6. Alimentazione complementare (divezzamento) a 6 mesi, secondo raccomandazioni Oms.

7. Introduzione dell’uovo a 6 mesi, all’inizio dello svezzamento, e alimenti a base di arachidi prima dell’anno.

8. Utilizzo di emollienti cutanei che favoriscono il mantenimento dell’integrità della barriera cutanea.

9. Riduzione degli stress: promozione delle attività di svago e sportive della coppia genitoriale, consigli logistici per un’efficiente e appagante vita domestica, e attenzione al rispetto del sonno quotidiano.

10. I bambini che vivono in zone rurali (o vicino a una fattoria) sembrano essere meno allergici rispetto ai bambini che vivono in città.

Il bambino non vuole andare a scuola

Set 14
Scritto da Annamaria avatar

Se il bambino non vuole andare a scuola, è necessario capire il motivo. Se è ansia da separazione o c’è altro un malessere più profondo. Cause e rimedi li spiega Emanuela Confalonieri, psicologa.

La docente di psicologia dello sviluppo, presso l’Università Cattolica del Sacro cuore di Milano a Fanpage chiarisce: “Il bimbo sta vivendo qualcosa che è per lui un vero problema. Al genitore è chiesto quindi di immedesimarsi in lui e non sminuire le sue emozioni negative con un semplice ‘andrà tutto bene’. Servono empatia e tranquillità. Se il bimbo percepisce mamma e papà sereni nel portarlo a scuola, a poco a poco troverà piacevole andarci”.

“Ci sono due fattori molto importanti da tenere in considerazione che aiutano già a immaginare strategie diverse di reazione del genitore. In primo luogo l’età del bambino e dunque l’ordine di scuola che frequenta. In secondo luogo il momento dell’anno scolastico in cui il bambino mostra questa fatica. In entrambe le situazioni vi sono diverse variabili che rendono le cause del malessere diverse e differente anche la reazione del genitore”, prosegue la terapeuta.

“In ogni caso, dal punto di vista emotivo il genitore non deve spaventarsi o agitarsi, cercando di rimanere tranquillo senza drammatizzare. So che può essere complesso, ma vi assicuro che nella maggior parte dei casi questo malessere rientra e non si trasforma in una fobia scolastica o in un ritiro sociale. Quando parliamo di bambini molto piccoli che affrontano l’inizio della scuola dell’infanzia o primaria, se sentono che davanti alla loro fatica, i genitori li ascoltano senza farne un dramma e senza svilirli, dicendo ‘sei il solito pigrone’, ‘sono solo capricci’, ‘a scuola ci devi andare per forza’, si calmano”, continua.

“L’agitazione dei genitori quando un bimbo non vuole andare a scuola a volte è solo dettata dalle sue aspettative riguardo l’adattamento del figlio all’ambiente scolastico, ma non sempre le cose vanno come ci si aspetta e bisogna rispettare i bisogni e i tempi del bambino”, chiarisce la psicologa.

E’ necessario dialogare, cercando di tranquillizzare i piccoli. I segnali da tenere d’occhio se il bambino non vuole andare a scuola, per cercare cause e trovare rimedi, possono essere evidenti: “Se il bimbo è piccolo e sta iniziando per esempio un nuovo ordine di scuola, può manifestare i sintomi dell’ansia da separazione dai genitori e per la nuova esperienza. Ansia che si può contenere raccontando al bambino degli episodi positivi che sono accaduti nella vita di studenti dei genitori, così che lui inizi ad immaginare come sarà una giornata a scuola”.

E ancora: “Altri segnali da tenere in considerazione sono i cambiamenti nelle emozioni dei bambini.  Se i piccoli improvvisamente risultano più tristi o arrabbiati, se fanno più capricci, bisogna rimanere in osservazione di questi cambiamenti. Vanno tenuti d’occhio i comportamenti nuovi anche inerenti al cibo, magari il bimbo mangia meno, o riguardo al sonno che potrebbe essere disregolato”.

Il confronto sereno se il bambino non vuole andare a scuola è il miglior rimedio. E le cause del rifiuto da dove vengono? “Le cause nei bambini più piccoli possono essere l’ansia di separazione dai genitori. Mentre per i ragazzi più grandi le cause riguardano spesso la loro sfera sociale. Gli studenti potrebbero non relazionarsi al meglio con gli insegnanti, perché questi hanno uno stile educativo diverso da quello dei genitori. O sono troppo richiestivi. Un altro problema potrebbe invece svilupparsi nella relazione con i compagni di classe, con i quali potrebbero sviluppare un rapporto conflittuale. O con i quali potrebbero temere il confronto sia dal punto di vista didattico che caratteriale”, dice Confalorieri.

“Oppure il ragazzo potrebbe avere delle difficoltà scolastiche, come per esempio rendersi conto di aver scelto il percorso di studi sbagliato. A questo punto la scuola diventa troppo difficile e quasi insostenibile per lui. Altre volte ancora, le cause non vanno cercate a scuola ma tra le mura di casa. Se un bambino ha da poco vissuto un trasloco, la separazione dei suoi genitori, un lutto, potrebbe essere così preoccupato, da considerare la scuola qualcosa di secondaria importanza. Il ragazzo potrebbe risultare annoiato sui banchi. Ma solo perché guarda alle lezioni come ad un ostacolo al bisogno di comprendere cosa sta accadendo nella sua vita”, precisa ancora la dottoressa.

Sepsi neonatale causa 800mila decessi l’anno

Set 11
Scritto da Annamaria avatar

Sono dati che fanno male: la sepsi neonatale causa circa 800mila decessi l’anno. La sepsi è una condizione potenzialmente letale caratterizzata da una risposta infiammatoria sistemica causata da un’infezione. Può rapidamente evolvere in disfunzione multiorgano e morte. Colpisce circa 49 milioni di persone, con 11 milioni di decessi all’anno a livello mondiale, portando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a identificarla come una priorità sanitaria globale. Ogni anno, il 13 settembre, si celebra la Giornata Mondiale contro la sepsi (World Sepsis Day), con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gravità di questa patologia, spesso poco conosciuta.

sepsi neonatale

La mortalità da sepsi è spesso legata a misure di prevenzione delle infezioni inadeguate, diagnosi tardiva e gestione clinica inappropriata.  Il periodo neonatale presenta il rischio di sepsi più alto nell’arco della vita. E, di conseguenza, comporta un enorme carico medico, sociale ed economico a livello globale. Questa condizione, comunemente definita da una coltura microbica positiva in un paziente sintomatico, rimane una sfida considerevole a livello globale e, insieme alla nascita pretermine, è responsabile del maggior numero di decessi nel primo mese di vita. Ogni anno si stima che ci siano tra 3,9 e 5 milioni di casi di sepsi neonatale a livello globale. Causa circa 800mila decessi l’anno, a seconda dello studio. Tuttavia, le stime globali dell’incidenza e della mortalità sono spesso incerte a causa della mancanza di dati accurati e di sistemi di sorveglianza robusti, specialmente nei paesi a basso e medio reddito.

Anche se la sopravvivenza dei neonati pretermine e/o di basso peso alla nascita è nettamente migliorata nel tempo, questa popolazione necessita spesso di cure ospedaliere. Questo li espone a nuovi rischi infettivi sotto forma di infezioni acquisite in ospedale (hospital-acquired infections HAI). Infatti, un recente studio di coorte ha evidenziato che tra la popolazione neonatale ospedalizzata i tassi di sepsi sono più di sette volte superiori. Nelle unità di Terapia Intensiva Neonatale, più della metà delle HAI risultano essere sepsi acquisite in ambito ospedaliero (hospital-acquired sepsis HAS) responsabili di un aumento della mortalità del 5.5% nei neonati ospedalizzati affetti rispetto ai neonati con le stesse caratteristiche ma senza HAS. 

Inoltre, la sepsi causata dalle cure sanitarie è associata a una degenza ospedaliera più lunga e a tassi di resistenza antimicrobica più elevati rispetto alla sepsi acquisita in comunità. Più della metà di tutti i casi di HAS sono, tuttavia, prevenibili attraverso misure appropriate di prevenzione e controllo delle infezioni.

In base al timing dell’infezione, la sepsi neonatale è stata classificata in sepsi ad esordio precoce (EOS – con esordio nelle prime 72 ore dalla nascita) e sepsi ad esordio tardivo (LOS – con esordio dopo i primi 3 giorni dalla nascita). Questa classificazione implica differenze nella modalità di trasmissione prevista e nei microrganismi patogeni predominanti. L’EOS è generalmente causata da trasmissione verticale dalle madri ai neonati durante il periodo intrapartum. Mentre la LOS è causata da trasmissione orizzontale postnatale, principalmente da microrganismi acquisiti dopo la nascita. Una recente revisione sistematica e metanalisi degli studi epidemiologici sulla sepsi neonatale ha riportato che la EOS è 2,6 volte più comune della LOS.

L’incidenza delle due forme di sepsi neonatale varia ampiamente tra diverse aree geografiche e gruppi di popolazione. Nei paesi sviluppati, l’incidenza della EOS è stimata intorno a 0,5-1 casi per 1.000 nati vivi e fino a 13.5 per 1.000 nati tra i pretermine, mentre la LOS, più comune tra i neonati ricoverati in UTIN, presenta tassi che possono superare gli 88 casi per 1.000 neonati ad alto rischio. Nei paesi a basso e medio reddito, l’incidenza è significativamente più elevata a causa di fattori come l’alta prevalenza di nascite pretermine, condizioni igieniche inadeguate e limitato accesso a cure prenatali e perinatali di qualità.

L’eziologia della sepsi neonatale è cambiata negli ultimi decenni a causa dell’aumento della resistenza antimicrobica, della disponibilità di tecnologie per diagnosticare le infezioni e guidare il trattamento e dell’utilizzo di dispositivi sanitari invasivi che aumentano il rischio di infezioni associate all’assistenza sanitaria. La sepsi neonatale causata da batteri Gram-negativi resistenti agli antibiotici è responsabile di circa il 30% dei decessi neonatali dovuti a sepsi.

La prognosi dipende dal riconoscimento precoce e dal trattamento appropriato, sebbene i segni e i sintomi siano spesso aspecifici e possano sovrapporsi a quelli di altre condizioni gravi. La prevenzione della sepsi neonatale si concentra principalmente sull’implementazione di misure efficaci di controllo delle infezioni e sulla gestione appropriata delle cure prenatali e perinatali. La prevenzione della EOS include lo screening materno per lo Streptococco di gruppo B durante la gravidanza e la somministrazione di antibiotici profilattici alle donne a rischio durante il parto. 

Le misure preventive contro la LOS includono pratiche igieniche rigorose, la gestione sicura dei dispositivi invasivi e la promozione dell’allattamento al seno, che può fornire immunità passiva contro molte infezioni. Una componente critica della prevenzione è anche il miglioramento della formazione del personale sanitario nelle unità neonatali, insieme all’implementazione di protocolli standardizzati di controllo delle infezioni.

Nonostante i progressi nella gestione e prevenzione, la sepsi neonatale rimane una sfida significativa. Le limitazioni nella diagnosi rapida, l’aumento della resistenza antimicrobica e la carenza di dati epidemiologici accurati continuano a ostacolare gli sforzi globali per ridurre l’incidenza e la mortalità. L’adozione di nuove tecnologie diagnostiche, l’investimento in ricerca per nuovi trattamenti e vaccini e il miglioramento dei sistemi di sorveglianza sono essenziali per affrontare questa sfida.

Ritorno a scuola: consigli

Set 06
Scritto da Annamaria avatar

Ci siamo, mancano solo pochi giorni al ritorno a scuola dei nostri figli. I consigli per una gestione corretta dei bambini sono sempre utili. Li regala il pediatra Italo Farnetani.

ritorno a scuola consigli

Il professore ordinario di Pediatria dell’università Ludes-United Campus of Malta non è per le sgobbate dell’ultima ora. Non hanno senso. “I ragazzi ben presto si troveranno di nuovo fra i banchi, con temperature tutto sommato ancora elevate, saranno accolti in certi casi nelle cosiddette ‘classi pollaio’, ad alto affollamento. Tutti elementi che non aiutano a concentrarsi nell’apprendimento”, dice all’Adnkronos Salute anticipando i suoi consigli per il ritorno a scuola.

“Il consiglio è di non anticipare la necessità di concentrarsi sullo studio e quindi di non ricreare situazioni simili alle ore d’aula fino al giorno prima del rientro a scuola”, sottolinea il medico, facendo così un appello ai genitori, spesso troppo esigenti

“Al contrario – evidenzia ancora l’esperto – è più strategico investire questo tempo facendo qualcosa che possa essere utile alla salute dei ragazzi: piscina il più possibile. Oppure se i genitori o i nonni sono liberi, gita al mare o in luoghi freschi come quelli appenninici o alpini. Se una volta i giorni di settembre erano per colmare eventuali lacune, oggi con il cambiamento climatico, e visto che non possiamo rimandare a ottobre il rientro a scuola, almeno i genitori ritardino l’impatto con le fatiche scolastiche. E alleggeriscano il dato negativo sulla salute e sulla capacità di apprendimento. Far studiare i bambini con alte temperature è infatti dannoso, anche nell’approccio che poi avranno con l’apprendimento”. Rifettete sui consigli di Farnetani per il ritorno a scuola e, magari, metteteli in pratica.

Integratori inutili per aiuto ripresa scuola

Set 03
Scritto da Annamaria avatar

Gli integratori sono inutili per l’aiuto della ripresa della scuola. Lo dicono gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità. “Non ci sono ragioni scientifiche per fornire integratori o vitamine per la memoria agli studenti”, sottolineano, come riporta l’Ansa.

integratori inutili per aiuto ripresa scuola

I bambini devono avere una dieta bilanciata, adatta alle loro esigenze in cui ci sia tutto, a meno di allergie o intolleranze. Ma gli integratori sono inutili per aiuto per la ripresa della scuola. “Gli integratori per i bambini e gli adolescenti non hanno nessuna indicazione, a meno che non servano per integrare carenze di nutrienti dovute ad esclusioni per allergie o intolleranze alimentari”, fanno sapere dall’ISS.

Sull’alimentazione i medici precisano: “Dei tre pasti della giornata, la colazione è il più importante, perché interrompe il digiuno più lungo, quello notturno, e questo ha un impatto forte sul metabolismo. Nella composizione del primo pasto del giorno non dovrebbero mancare i carboidrati integrali, che rallentano l’assorbimento degli zuccheri. Quindi non merendine e i classici cornflakes, ma pane integrale o fette biscottate integrali”. 

E’ opportuno ripristinare gli orari regolari dei pasti dopo le vacanze, dato che distanziare l’assunzione di cibo incide positivamente “sulla produzione degli ormoni che regolano i livelli di glicemia, fondamentali per la concentrazione e le attività scolastiche”, sottolinea l’ISS.

Il pranzo è il momento in cui bisogna abbondare un po’ di più con le porzioni, la cena deve essere più leggera. Ma mai saltare i pasti!. “Lo spuntino di metà mattina, o quello di metà pomeriggio, servono invece per spezzare il digiuno 2-3 ore dopo la colazione e 3-4 dopo il pranzo: sì a un frutto fresco di stagione, mentre andrebbero evitati cibi ultraprocessati ricchi di sale, zuccheri e grassi saturi”. Niente integratori, inutili per aiuto alla ripresa della scuola.