Scuola: torna la DAD
A distanza di un anno, pur con l’arrivo dei vaccini, sembra non essere cambiato nulla e così la scuola, falcidiata, maltrattata, annientata dalla pandemia, chiude nuovamente nelle zone rosse o arancione scuro e anche per i più piccoli torna la DAD, l’ormai odiata ma gettonatissima didattica a distanza.
La Dad nel frattempo ha cambiato nome: si chiama Ddi, didattica digitale integrata. La sostanza però è la stessa. A scuola, in classe, non si potrà andare. Si torna a tenere i bimbi a casa, davanti a uno schermo. Soli, alle prese con un mondo a cui, purtroppo, si stanno tristemente abituando.
A scuola torna la DAD. Il nuovo Dpcm che entra in vigore da oggi, 6 marzo all’articolo 43 stabilisce, come riporta Il Sole 24 Ore, che le scuole in zona rossa sospendano le lezioni in aula, fatta salva la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali, garantendo comunque il collegamento online con gli alunni della classe che sono in didattica digitale integrata. La chiusura delle scuole può essere decisa dai Presidenti delle regioni o province autonome nelle aree, anche di ambito comunale, nelle quali gli stessi governatori abbiano adottato misure stringenti di isolamento a causa circolazione delle varianti o in quelle in cui “l’incidenza cumulativa settimanale dei contagi sia superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti oppure in caso di motivata ed eccezionale situazione di peggioramento del quadro epidemiologico”.
Nella nota del ministero dell’Istruzione si specifica che restano “attuabili, salvo ovviamente diversa disposizione delle Ordinanze regionali di diverso avviso delle competenti strutture delle Regioni, da verificare da parte degli USR (uffici scolastici regionali, ndr), le disposizioni del Piano Scuola 2020-2021 nella parte in cui prevedono che vada garantita anche la frequenza scolastica in presenza degli alunni e studenti figli di personale sanitario o di altre categorie di lavoratori, le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali della popolazione”, nell’ambito di specifiche, espresse e motivate richieste e anche in ragione dell’età anagrafica.
La didattica in presenza, quindi, può essere richiesta per i bambini con il Bes (bisogni educativi speciali), con disabilità o con genitori appartenenti al personale sanitario e a quelle categorie professionali considerate fondamentali per garantire i nostri bisogni essenziali. Qui entra in gioco l’autocertificazione, chiaramente. E molti genitori così vanno totalmente in confusione.
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