Sharenting
Si parla tanto di sharenting, ma cos’è esattamente? Con questo termine di descrive il fenomeno di condividere costantemente online da parte dei genitori immagini e video dei propri figli.
Il termine sharenting coniato negli Stati Uniti, deriva dalle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità). La costante esposizione dei minori da parte di mamma e papà, ovviamente, avviene, nella maggioranza dei casi, senza il consenso dei piccoli, non ancora in grado di capire le implicazioni della cosa. Brunella Greco, esperta di Save the Children in tema di tutela dei minori online, che spiega il significato di pratiche come l’over sharenting.
I rischi dello sharenting elencati dall’esperta sono sono:
- violazione della privacy e della riservatezza dei dati personali (e spesso sensibili); La privacy è un diritto non solo degli adulti, ma anche per i bambini e le bambine, come sancito anche dalla Convenzione dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e più recentemente dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).
- mancata tutela dell’immagine del bambino/a, si pensi alla perdita di controllo su informazioni e contenuti. L’identità digitale ha effetti concreti e reali sul futuro dei propri figli/e, considerando la permanenza dei contenuti online e la possibilità di essere a disposizione di chiunque;
- ripercussioni piscologiche sul benessere dei più piccoli. Soprattutto, ma non solo, quando bambini e bambine cominceranno a navigare autonomamente e dovranno fare i conti con l’essere (o l’essere stati) continuamente esposti pubblicamente (ad es. al giudizio degli altri) o dal ritrovare un’identità digitale costituita anche da immagini molto intime su cui non hanno effettuato scelte o consensi;
- rischio di diffondere contenuti utili ad alimentare materiali pedopornografici: foto o video innocenti ma intime possono essere condivisi da chiunque; sono possibili gli screenshot degli schermi; possono essere scaricati e collocati in altri ambienti online da chiunque e per altri scopi. Non si ha certezza del tipo di uso che verrà fatto da altri dei materiali condivisi. Inoltre con l’ausilio di semplici programmi di photo editing accessibili a chiunque si possono “manipolare” le immagini, trasformandole appunto in materiale pedopornografico.
- rischio di adescamento: i dati sensibili dei figli/e, come le passioni, lo sport amato, la scuola frequentata, le abitudini – costantemente narrati online – offrono materiale utile nei processi di avvicinamento e adescamento online.
Si può cercare di tutelare i minori e ridurre i pericoli, ecco come:
- Conoscere le politiche sulla privacy degli ambienti digitali in cui si condividono immagini e contenuti; verificare (e aggiornare spesso) le impostazioni di privacy dei propri profili social e scegliere con chi condividere le immagini; impostare notifiche per essere avvisati quando il nome dei propri figli/e appare nei motori di ricerca (ad esempio, con Google Alert);
- Tutelare il più possibile l’immagine online dei propri figli/e, distinguendo tra immagini private e immagini rese pubbliche, cercando ad esempio di condividere online foto che non ritraggano direttamente il volto o che lo oscurino ed evitare di pubblicare online le immagini intime, come ad esempio quelle del bagnetto, che possono essere destinate invece ad un uso privato.
- Non condividere minuziosamente passioni, abitudini quotidiane e informazioni personali dei propri figli/e.
- Parlarne costantemente con genitori, amici e parenti: concordare insieme che uso si può fare delle immagini che ritraggono bambini e bambine, sia quando vengono condivise, sia quando vengono realizzate in momenti di convivialità (ad es. Feste di compleanno).
- Se sono più grandi chiedere sempre il consenso ai propri figli/e, facendo occasione di comunicazione, relazione e educazione digitale.
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