Articoli della categoria ‘GRAVIDANZA’

Agopuntura in gravidanza

Mar 28
Scritto da Annamaria avatar

L’agopuntura in gravidanza aiuta. “Gestazione più semplice, riduzione del dolore e travaglio più veloce”, fanno sapere dall’ospedale del Valdarno, dove le gestanti possono contare sulle tecniche della medicina tradizionale cinese. In questo modo si riducono i dolori e migliora l’allattamento.

agopuntura in gravidanza

A ottobre 2024 è stato aperto un ambulatorio dedicato, grazie alla collaborazione del dr. Filippo Francalanci, direttore UOC Ginecologia e ostetricia e della dottoressa Alessandra Signorini, oncologa e agopuntrice all’ospedale di Montevarchi.

In gravidanza l’agopuntura può essere un grande sostegno. ”Con la medicina tradizionale cinese, che comprende varie tecniche come agopuntura, moxibustione, tuina, coppettazione, fior di prugna, trattiamo ad esempio la nausea gravidica e i dolori alla schiena legati alla gravidanza”, spiega la dr.ssa Alessandra Signorini ad Arezzo Notizie.

“Inoltre la medicina tradizionale cinese è impiegata nei casi di bambini podalici: grazie ad essa cerchiamo di ‘convincerli’ a presentarsi cefalici. Le tecniche che applichiamo sono ormai consolidate e fanno parte di linee guida internazionali. La medicina tradizionale cinese, inoltre, viene impiegata nell’ultimo mese di gravidanza per la preparazione al parto. Con queste tecniche si trattano anche le emorroidi post partum, le ferite chirurgiche, le cicatrici e anche l’allattamento”, aggiunge l’esperta.

“Per quanto riguarda l’allattamento l’impiego dell’agopuntura si è rivelato importante: può aumentare, infatti, la quantità di latte materno – prosegue la dr.ssa Signorini –. È un trattamento indicato dalle linee guida internazionali e largamente impiegato nel mondo orientale. In ostetricia non si possono usare tutti i farmaci, e quindi le donne possono trarre benefici dall’uso di queste tecniche, la cui efficacia è ormai scientificamente provata”.

“La medicina tradizionale cinese rende più semplice la gestazione. E accompagna la donna al parto riducendo il dolore e facilitando il travaglio affinché sia più veloce e meno doloroso – chiarisce ancora Signorini –. L’accompagnamento viene fatto dalla 37esima settimana di gestazione in poi. È una pratica usata a livello internazionale che noi seguiamo applicando i protocolli di lavoro stabiliti dalla letteratura internazionale”. In gravidanza è bene anche trovare formule diverse, l’agopuntura è una di queste.

Ecografia trans-perinale per scegliere il parto

Mar 27
Scritto da Annamaria avatar

Naturale o cesareo? L’ecografia trans-perinale è la migliore per scegliere il parto. “Da oltre 15 anni i centri di ostetricia di riferimento propongono l’utilizzo dell’ecografia per scegliere tra parto operativo con la ventosa e taglio cesareo. Questo allo scopo di valutare quale sia la procedura migliorare per far nascere il bambino”, spiega a InSalute il prof. Tullio Ghi. E’ Ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica del Sacro Cuore. 

“L’ecografia può essere effettuata in modalità classica. E cioè posizionando la sonda sulla pancia della mamma per vedere se l’occipite del bambino è posizionato anteriormente o posteriormente. Ma una modalità di ecografia più innovativa ed efficace nel caso in cui ci sia necessità di accelerare il parto è quella trans-perineale”, continua l’esperto.

Il Direttore della UOC di Ostetricia e Patologia Ostetrica di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS è chiaro. “In questo caso la sonda viene posizionata sui genitali esterni della madre e si vanno a valutare una serie di parametri, che indicano la distanza del bimbo dall’uscita. Il nostro studio ha dato una risposta chiara su come individuare i casi nei quali il parto operativo con ventosa può comportare un rischio aumentato di fallimento”, precisa.

Questo tipo di esame, l’ecografia trans-perinale per scegliere il parto, deve essere effettuata da mani esperte. Il medico poi chiarisce: “L’ostetricia negli ultimi anni ha ricevuto un impulso a recuperare la naturalità del parto. E a ricorrere al taglio cesareo solo quando c’è un’indicazione clinica mandatoria. Per anni si è ritenuto che il taglio cesareo fosse una scorciatoia per ridurre il rischio di eventi sfavorevoli in sala parto. Ma poi abbiamo capito che questo eccesso di tagli cesarei procura alle donne problemi nelle gravidanze successive, per le aderenze che si formano a livello addominale”. 

E ancora: “Mentre i bimbi che nascono col taglio cesareo hanno un adattamento alla nascita più difficoltoso. E maggior rischio di malattie autoimmuni e di asma. Oggi abbiamo tanti strumenti, tra cui anche l’ecografia trans-perineale, che possono consentirci di selezionare meglio i casi in cui il parto può avvenire per vie naturali, rispetto a quelli in cui c’è l’indicazione al taglio cesareo”.

Endometriosi e gravidanza

Mar 25
Scritto da Annamaria avatar

Endometriosi e gravidanza spesso non vanno proprio a braccetto. In Italia almeno 3 milioni di donne ne soffrono. E’ una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di tessuto simile all’endometrio (la mucosa che riveste l’interno dell’utero) al di fuori della cavità uterina. Questa patologia presenta spesso come sintomo un dolore intenso e debilitante. Colpisce il 10-15% delle donne in età riproduttiva e ben il 30-50% di quelle infertili o con difficoltà di concepimento. Il picco di incidenza si verifica tra i 25 e i 35 anni, ma può manifestarsi anche in altre fasce d’età.

endometriosi e gravidanza

In realtà endometriosi e gravidanza possono coesistere. In occasione della Giornata Mondiale dell’Endometriosi (28 marzo), Alma Res – Centro di Medicina della Riproduzione promuove l’importanza di una corretta informazione su questa patologia e sottolinea la sua correlazione con la fertilità. 

“L’endometriosi può creare un ambiente sfavorevole alla gravidanza, ma non rappresenta necessariamente un ostacolo insormontabile alla maternità: dipende dai singoli casi – afferma il Professor Pasquale Bilotta, direttore di Alma Res –. Una diagnosi precoce è fondamentale: riconoscere la malattia tempestivamente consente di prevenire complicanze, grazie ad un’accurata anamnesi e all’intervento di un ginecologo esperto”. 

“Per le pazienti con endometriosi, la Procreazione Medicalmente Assistita è una valida opzione per ottenere una gravidanza, con percentuali di successo paragonabili a quelle di donne con altre problematiche di fertilità, come le disfunzioni delle tube o l’infertilità di coppia di origine sconosciuta. In particolare, la fecondazione in vitro offre tassi di successo che variano tra il 20% e il 50% per ciclo di trattamento, a seconda della gravità della malattia e dell’età della paziente”, sottolinea l’esperto, chiarendo come, quindi endometriosi e gravidanza non siano rette parallele che non si incontrano mai.

L’endometriosi è spesso sottovalutata, anche a causa della tendenza a considerare il dolore uterino come effetto del ciclo mestruale. Questo ritardo nella diagnosi, come spesso accade, porta a un peggioramento della malattia, con conseguenze invalidanti. “Per questo motivo, è essenziale sottoporsi a controlli ginecologici regolari e non ignorare eventuali sintomi anomali – sottolinea il Professor Bilotta -. Pur essendo una patologia complessa, alcuni accorgimenti possono migliorare la qualità della vita, come seguire un’alimentazione equilibrata, praticare regolarmente attività fisica e adottare tecniche di rilassamento per ridurre lo stress e aumentare la consapevolezza del proprio corpo”.

Alimenti contro la stipsi

Mar 20
Scritto da Annamaria avatar

Ne soffrono più le donne, si manifesta maggiormente in gravidanza e in menopausa. Si può però aiutarsi con l’alimentazione. Ecco quali alimenti mangiare contro la stipsi. Ne parla il professor Silvio Danese a Vanity Fair.

alimenti contro la stipsi

Il direttore della divisione di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano è anche professore ordinario di Gastroenterologia all’Università Vita-Salute San Raffaele. Il suo ultimo suo libro L’intestino e le sue diete, edito da Sonzogno, è stato scritto con la dottoressa Ambra Ciliberto, dietista sempre presso la divisione di Gastroenterologia dell’Ospedale San Raffaele. Nel volume elenca gli alimenti contro la stipsi.

I motivi per cui la stitichezza si manifesta sono:

  • Intestino pigro, ossia un colon che si contrae in maniera molto lenta. In questo caso, le parti di cibo che non vengono digerite si fermano per ore nell’ultimo tratto dell’intestino (il crasso), e lì diventano eccessivamente dure e difficili da evacuare.
  • Mancanza di sinergia tra gli sfinteri e i muscoli della pelvi, che si trovano nella parte finale dell’apparato digerente e hanno il compito di farci andare in bagno.
  • Presenza di entrambe le condizioni, oppure che si sia di fronte a un caso di sindrome del colon irritabile, un disturbo che si manifesta di solito con un dolore addominale, associato a stipsi o al suo contrario, ovvero la diarrea, e che migliora dopo l’evacuazione.

Danese sugli alimenti contro la stipsi dice: “Ecco, le principali raccomandazione dell’American Gastroenterology Association raccomandano i rimedi naturali, in particolari volti alla modifica delle abitudini alimentari e della dieta, come prima linea nella gestione della stipsi. Incrementare il contenuto di fibre solubili nella dieta è fondamentale, e deve essere sempre tenuto in considerazione”.

“Tra gli alimenti consigliati sui quali basare una dieta ad alto contenuto di fibre annoveriamo: cereali integrali, come avena, farro, orzo. E ancora legumi, frutta fresca, come pere, kiwi, prugne, fichi, mele (con la buccia) e arance, frutta secca, verdure a foglia verde, ortaggi. Questi accorgimenti alimentari devono essere sempre accompagnati da un adeguato intake di liquidi per mantenere una ricca idratazione, fondamentale per favorire le evacuazioni. Infine, i supplementi di fibre possono aiutare dopo la modifica della dieta e tra di essi, lo Psyllium si è dimostrato il più efficiente ed è, di conseguenza, quello maggiormente utilizzato”, aggiunge.

Il professore poi sottolinea anche: “Numerose ricerche hanno dimostrato come l’esercizio fisico possa effettivamente avere un impatto positivo sulla motilità intestinale”.

Parto: consigli per non svenire ai papà

Mar 12
Scritto da Annamaria avatar

Sono impavidi, coraggiosi e hanno tanta voglia di vedere il loro bebè che viene al mondo, ma spesso si impressionano durante il parto della partner. Il medico dà alcuni consigli per non svenire ai papà.

Il dottor Darien Sutton nel famoso programma statunitense Good Morning America regala alcuni preziosi consigli per non svenire ai papà che vogliono essere in sala parto. “Vi assicuro che non è poi tanto insolito che sia l’uomo il primo a svenire in sala parto”, ha spiegato, intervistato da Jason e Kyle Kelse. E non c’è motivo per deridere questi uomini: può succedere.

Fanpage riporta i consigli per non svenire dati ai papà dall’esperto da seguire in sala parto:

Conoscere gli elementi che possono potenzialmente scatenare uno svenimento: durante il parto c’è molto sangue, molta pressione, si può anche semplicemente essere spaventati dall’idea di veder soffrire la partner: “Bisogna essere consapevoli delle emozioni che queste situazioni scatenano in noi, per prevenire uno svenimento”.

Preparati all’impatto, se ti senti svenire: il medico suggerisce quando si pensa che da lì a poco si sverrà, di prepararsi all’impatto dal momento che è quello a causare dolore e ad essere potenzialmente pericoloso, non lo svenimento in sé.

Tendi i muscoli: “Si sviene perché il sangue abbandona il cervello e scorre verso tutti i gli altri arti, perciò quando ci si sente così è necessario tendere tutti i muscoli dai piedi, alle braccia ai bicipiti, così il sangue torna a confluire verso il centro”.

Siediti e incrocia le gambe: stringere le gambe permette al sangue di confluire verso il cervello.

Sdraiati e tieni i piedi verso l’alto appoggiando le gambe al muro.

Portati una barretta energetica in sala parto: una barretta energetica, qualcosa di molto zuccherato o molto salato, come delle patatine fritte, aumenta il volume del sangue e gli permette di tornare verso la testa

Fecondazione assistita: non è gravidanza di serie B

Mar 09
Scritto da Annamaria avatar

La fecondazione assistita aiuta le coppie ad avere un bambino. Veronica Ferraro, in attesa del suo primo figlio da Davide Simonetta,, denuncia le critiche ricevute e sottolinea: Non è una gravidanza di serie B”.

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Lei ha dovuto fare ricorso alla fecondazione assistita. Non è ha fatto mistero. Ma c’è chi sui social l’ha attaccata per la scelta, giudicando la sua gravidanza ottenuta come se fosse di serie B.

“Possiamo ripetere insieme che i bambini concepiti con la fecondazione assistita sono uguali agli altri, la mia gravidanza è uguale alle altre e non sono incinta di un robot della Tesla? – scrive – Messaggi come questo (ne ricevo alcuni quasi ogni giorno) possono risultare offensivi o ferire qualcuno perché implicano, anche se in modo non esplicito, che esistano gravidanze di ‘Serie A’ e di ‘Serie B‘, come se il modo in cui un bambino viene concepito potesse in qualche modo influire sul suo valore o sulla legittimità della sua esistenza”.

“Non voglio fare del vittimismo, ma proprio per questo so anche quanto possa essere un cammino emotivamente ed economicamente impegnativo – ha aggiunto – Molte persone passano anni tra speranze, delusioni e sacrifici prima di riuscire ad avere un figlio e, ridurre tutto a un semplice ‘ah ma loro hanno fatto l’inseminazione’, è sminuente e ingiusto”, continua la Ferraro.

Veronica conclude: “C’è un sottotesto giudicante, come se la fecondazione assistita fosse un modo ‘meno naturale’ di avere un figlio. Ma perché? È una soluzione medica a un problema biologico, esattamente come qualsiasi altro trattamento per la salute. Nessuno si sognerebbe di dire ‘ah, ma lui ha curato la sua malattia con un farmaco’ con lo stesso tono con cui certe persone parlano di fecondazione assistita. Sono piena”

Filtri solari: rischi per bambini e donne in gravidanza

Mar 05
Scritto da Annamaria avatar

I filtri solari devono seguire linee di indirizzo. Ci sono rischi per bambini e donne in gravidanza. Dermatologi e Pediatri della WHAD&P fanno chiarezza sulla fotoprotezione pediatrica.

filtri solari rischi per bambini e donne in gravidanza

Si è molto discusso sui filtri solari e i possibili rischi per bambini e donne in gravidanza. In un panel a Roma gli esperti cercano di dissipare i dubbi. Il mondo dermatologico e pediatrico da tempo sta rivolgendo sempre maggiore attenzione al tema cruciale della fotoprotezione. L’esposizione alla luce solare ha indiscutibilmente effetti salutari per il nostro organismo (basti pensare alla produzione della vitamina D) e ciò anche nell’età pediatrica. Tuttavia, è fondamentale esporsi al sole in modo prudente, sia per gli adulti, ma soprattutto per i bambini, perché i danni provocati dal sole possono influire sulla loro salute da grandi. 

La radiazione ultravioletta è responsabile non solo di potenziali danni cutanei acuti, quali l’ustione solare e le fotodermatiti, ma anche e soprattutto di danni a lungo termine, come l’insorgenza di tumori cutanei e il photoaging. Il melanoma cutaneo, in particolare, sembra più facilmente correlato alle esposizioni intense e intermittenti che spesso causano ustioni solari, soprattutto a quelle avvenute nell’età pediatrica. 

I bambini, infatti, sono più suscettibili sia alle scottature solari, che ai danni a lungo termine, poiché le loro difese naturali sono meno efficienti, la pelle è più sottile e la melanina meno rappresentata. È stato calcolato che all’età di 20 anni ogni individuo ha ricevuto dal 40 al 50% del totale di radiazione ultravioletta raggiunto all’età di 60 anni. Ciò fa comprendere meglio quanto sia importante la fotoprotezione in età pediatrica, specie per i bambini di pelle più chiara.

La World Health Academy of Dermatology and Pediatrics (WHAD&P) ha riunito a Roma, presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi, un panel di esperti dermatologi e pediatri internazionali, per fare chiarezza sulla fotoprotezione pediatrica ed ha realizzato un documento condiviso “Linee di indirizzo per la fotoprotezione in età pediatrica”. Sulla base delle più recenti evidenze scientifiche, questo presenta un approccio globale, con gli stili di vita da seguire e i filtri da usare, per garantire efficacia e sicurezza.

Per una protezione corretta ed efficace e per prevenire i tumori cutanei (carcinomi e melanoma) occorre tenere presente alcuni punti cardine:

identificare i soggetti a maggiore rischio;

adottare adeguate misure di fotoprotezione finalizzate a prevenire le ustioni solari e limitare la quantità di raggi ultravioletti che raggiungono la pelle nel corso dell’intera vita;

seguire una dieta ricca di alimenti contenenti antiossidanti (Vitamine C, E, A / Zinco, Selenio, Rame / Polifenoli e Flavonoidi / Carotenoidi / Probiotici).

La fotoprotezione, specie in età pediatrica, è indispensabile e non può limitarsi alla semplice applicazione di creme solari, ma è una pratica articolata, che richiede soprattutto misure protettive non farmacologiche e adeguati stili di vita. 

Il panel di esperti condivide le preoccupazioni relative alla potenziale tossicità dei filtri solari, già espresse da numerosi e autorevoli autori e da associazioni pediatriche. Molti filtri organici (filtri chimici) contengono sostanze che possono essere assorbite dall’organismo, producendo danni alla salute umana (interferenza endocrina, stimolo della formazione di carcinomi, reazioni allergiche) e possono risultare nocive per l’ambiente marino. Ci sono rischi per bambnini e donne in gravidanza.

Cautelativamente si consiglia di preferire sempre prodotti solari contenenti molecole inorganiche, soprattutto Ossido di Zinco, stabile e ad ampio spettro, possibilmente non formulato in nanoparticelle o nebulizzato, possibilmente associato a sostanze naturali con proprietà antiossidanti e immunostimolanti. Si auspica che le autorità sanitarie, italiane ed europee, possano cautelativamente bandire l’impiego delle molecole incriminate e più in generale possano considerare i filtri solari, similmente a quanto avviene negli USA, farmaci e non cosmetici.

Prima dei 6 mesi di vita, i bambini non dovrebbero essere esposti intenzionalmente al sole. Nel caso in cui l’esposizione, anche indiretta, sia inevitabile, si raccomanda di utilizzare indumenti protettivi ed eventualmente applicare creme solari con filtri inorganici quali l’Ossido di Zinco. In generale tutti i bambini, quando possibile, dovrebbero soggiornare al riparo dal sole.

In caso di attività ricreative all’aperto, si dovrebbero utilizzate indumenti protettivi, preferibilmente di colore scuro (i colori scuri riparano più di quelli chiari, i tessuti asciutti più di quelli bagnati) e a trama fitta (denim, poliestere, cotone + poliestere), meglio ancora indumenti tecnici (Ultraviolet Protection Factor – UPF). È necessario indossare sempre un cappello, meglio se a falde larghe, per proteggere anche la parte posteriore del collo e delle orecchie, che resterebbero scoperte con i berretti con visiera e, quando possibile e se il bambino è consenziente, usare occhiali da sole, perché anche gli occhi possono risentire negativamente dell’esposizione solare prolungata (CE UV 100% o 100 UV 400 nm).  La WHAD&P accoglie le indicazioni contenute nel documento del Gruppo Fotoprotezione della FIMP, Federazione Italiana Medici Pediatri, denominato COCCO, che ribadisce queste misure di fotoprotezione. 

Quando non si è vestiti è necessario esporsi sempre con gradualità per lasciare alla pelle il tempo di produrre la melanina, che rappresenta una difesa naturale dai raggi solari; evitare di esporsi nelle ore centrali del giorno (dalle 11 alle 16) e nelle altre ore della giornata e alternare esposizioni brevi a periodi di non esposizione.

In alcune circostanze (attività ricreative all’aperto, soggiorno in spiaggia durante la stagione estiva ecc.), i filtri e gli schermi solari risultano necessari, specie per i bambini con carnagione molto chiara, per evitare le scottature e limitare la quantità di UV che penetrano nella pelle. In tal caso, si raccomanda di preferire creme solari contenenti Ossido di Zinco.  La quantità giusta è di 2 mg per cm² di superfice corporea (circa 10-15 ml per l’intero corpo di un bambino di 5 anni), da applicare 30 minuti prima dell’esposizione e da ripetere ogni due ore e dopo il bagno.  Si raccomanda di evitare prodotti contenenti profumi, preferendo formulazioni resistenti all’acqua (water resistent o very water resistent).

Se possibile, verificare che il prodotto sia biodegradabile e che il packaging sia eco-sostenibile. L’uso della crema solare non deve generare un falso senso di sicurezza e indurre ad aumentare i tempi di esposizione. L’arrossamento cutaneo e la sensazione di bruciore che lo accompagna sono i campanelli di allarme estremi, annunciano che si è superato il limite di sopportazione della propria pelle in quelle condizioni ambientali.

“Queste linee di indirizzo rappresentano il contributo che la WHAD&P intende offrire alla  comunità medico-scientifica affinché insieme si possano proporre linee guida comuni per una fotoprotezione efficace e sicura  nell’età pediatrica”, afferma il Prof. Fabio Arcangeli, Presidente WHAD&P. 

“Una recente indagine del Gruppo Fotoprotezione della FIMP ha evidenziato come la conoscenza in merito ai rischi dell’esposizione solare, dell’uso dei filtri solari e delle misure più adeguate per una fotoprotezione sicura sia ancora molto  approssimativa, sia fra i pediatri di famiglia, che fra le famiglie dei loro assistiti.  Per questo occorre intensificare l’opera di informazione e proporre campagne di sensibilizzazione rivolte soprattutto ai giovani, per evitare esposizioni incongrue alla luce solare e per evitare l’uso dei lettini abbronzanti”, aggiunge. 

“Dati recenti, provenienti da studi condotti negli Stati Uniti e in Australia, mostrano, infatti, una diminuzione di circa il 5% dei casi di melanoma tra le generazioni più giovani, come risultato dell’efficacia delle good practices di fotoprotezione attuate negli anni precedenti, rispetto ad un incremento di casi nella popolazione over 60, che non ha beneficiato di una adeguata fotoprotezione. È necessario, inoltre, che le istituzioni sanitarie italiane ed europee provvedano tempestivamente a bandire le sostanze incriminate e che, al pari di quanto avviene negli USA, considerino i filtri solari farmaci e non cosmetici, prevedendo così adeguati requisiti di sicurezza ed efficacia”, conclude.

Allattamento al seno: i 10 passi

Mar 04
Scritto da Annamaria avatar

Affinché una struttura sia riconosciuta come Ospedale Amico dei Bambini deve rispettare i 10 passi relativi all’allattamento al seno. E’ il decalogo redatto ormai da molto tempo da Unicef e OMS. E’ bene ricordarlo.

allattamento seno i 10 passi

Per quel che riguarda l’allattamento al seno quali sono i dieci passi? Ecco qui di seguito un decalogo che è sempre meglio tenere a mente anche noi mamme.

Allattamento: i 10 passi:

1. Definire un protocollo scritto per l’allattamento al seno da far conoscere a tutto il personale sanitario

2. Preparare tutto il personale sanitario per attuare compiutamente questo protocollo

3. Informare tutte le donne in gravidanza dei vantaggi e dei metodi di realizzazione dell’allattamento al seno

4. Mettere i neonati in contatto pelle a pelle con la madre immediatamente dopo la nascita per almeno un’ora e incoraggiare le madri a comprendere quando il neonato è pronto per poppare, offrendo aiuto se necessario

5. Mostrare alle madri come allattare e come mantenere la secrezione lattea anche nel caso in cui vengano separate dai neonati

6. Non somministrare ai neonati alimenti o liquidi diversi dal latte materno, tranne che su precisa prescrizione medica

7. Sistemare il neonato nella stessa stanza della madre ( rooming-in ), in modo che trascorrano insieme ventiquattr’ore su ventiquattro durante la permanenza in ospedale

8. Incoraggiare l’allattamento al seno a richiesta tutte le volte che il neonato sollecita nutrimento

9. Non dare tettarelle artificiali o succhiotti ai neonati durante il periodo dell’allattamento

10. Promuovere la collaborazione tra il personale della struttura, il territorio, i gruppi di sostegno e la comunità locale per creare reti di sostegno a cui indirizzare le madri alla dimissione dall’ospedale.