Diritti mamme lavoratrici dipendenti

Quali sono i diritti e le tutele per le mamme lavoratrici dipendenti. Save the Children li elenca per ricordare cosa prevede la legislazione affinché si possa conciliare la maternità e il lavoro.

Molti, anche nelle aziende, fanno finta di non ricordare quali siano i diritti e le tutele che riguardano le mamme lavoratrici dipendenti e, quindi, più in generale i neogenitori.
Qui di seguito i diritti e le tutele delle mamme lavoratrici dipendenti:
- Sicurezza e salute della madre lavoratrice: il datore di lavoro ha l’obbligo di rispettare i divieti imposti alla madre lavoratrice che le permettono di continuare a svolgere la sua mansione senza mettere a rischio la salute propria e del suo bambino. Le tutele si applicano in caso di lavori pericolosi e di fatica, ma anche per orari di lavoro notturni. L’attuazione delle tutele avviene tramite la modifica delle mansioni ed eventuale spostamento. L’inosservanza di queste tutele da parte del datore è punibile con l’arresto fino a 6 mesi.
- Congedo di maternità: si tratta di un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto durante la gravidanza e il puerperio per un totale di 5 mesi, con possibilità di scelta se astenersi dal lavoro nei due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi dopo il parto; oppure astenersi nel mese precedente al parto e nei 4 mesi successivi; lavorare fino al parto e fruire del congedo nei 5 mesi successivi, purchè il medico specialista e il medico competente sulla salute nei luoghi di lavoro attestino che tale scelta non danneggi la salute della madre e del nascituro. (Ddl 1334 Legge di Bilancio 2019).
- Indennità di maternità: per il periodo del congedo di maternità è prevista un’indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione per l’intero periodo del congedo di maternità stesso.
- Congedo parentale: in sintesi è l’astensione facoltativa dei genitori per un periodo di massimo 10 mesi, elevabili a 11 se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo, continuativo o frazionato, di almeno tre mesi. nei primi 12 anni di vita del bambino, retribuito al 30% della retribuzione. Il congedo parentale può essere richiesto dalla madre e dal padre lavoratore per un periodo continuativo o frazionato di massimo 6 mesi. Per il padre lavoratore dipendente, i mesi possono diventare 7 in caso di astensione dal lavoro per un periodo di almeno tre mesi. La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto alcuni interventi mirati per i congedi parentali, ne parliamo nell’articolo Sostegno alla genitorialità: le principali novità politiche.
- Permessi di riposo: per le mamme lavoratrici dipendenti, o in alternativa per i padri, sono previsti dei periodi di riposo per l’allattamento. Scopri di più su come funzionano i permessi per allattamento.
- Congedo per malattia del figlio: i genitori (alternativamente) hanno diritto ad astenersi dal lavoro per tutta la durata della malattia del figlio fino ai suoi 3 anni. Dai 3 agli 8 anni del figlio l’astensione è di massimo 5 giorni l’anno. Il congedo per malattia del figlio non è retribuito.
Gravidanza: in Italia inverno demografico

In Italia si sta vivendo un vero e proprio “inverno demografico”. Lo dice apertamente Claudio Giorlandino, ginecologo presidente della Società Italiana di Diagnosi Prenatale e Medicina Materno Fetale (SIDIP). L’anche Direttore Scientifico del Centro di Ricerche Altamedica commenta con una nota stampa i preoccupanti dati contenuti nel rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. L’età media delle donne che ricorrono alla procreazione medicalmente assistita (PMA) in Italia per una gravidanza è aumentata negli ultimi anni. Nel 2005 l’età media era di 34 anni, mentre nel 2022 è salita a 37 anni.
“L’Italia sta vivendo un inverno demografico davvero preoccupante. Si diventa mamma sempre più tardi pensando alla procreazione assistita come sicura possibilità di concepimento. Ma non è un percorso facile. Non state a sentire le vip che vi parlano solo di un aiutino. Si tratta di trattamenti impegnativi e poi i gameti sono sempre di altre donne”, sottolinea il medico.
“Questa tendenza a cercare figli tardi riflette un posticipo sempre più comune della maternità per vari motivi, tra cui carriera, stabilità economica e personali. In tal senso, si giustifica l’aumento delle gravidanze ottenute mediante donazione di gameti, passato dallo 0,3% nel 2014 al 13,8% nel 2022”, aggiunge Giolardino. Che appunto descrive un “inverno demografico” in Italia riguardante la gravidanza.
“Rimandare la maternità riduce le possibilità di concepimento naturale a causa del declino della fertilità con l’età. La ricerca del primo figlio avviene sempre più tardi; molte donne decidono infatti di avere figli tra i 30 e i 40 anni, quando la fertilità naturalmente diminuisce. D’altra parte, i progressi nelle tecniche di PMA hanno aumentato le probabilità di successo, diffondendo l’idea, errata, che le donne possano avere figli quando vogliono”, prosegue il dottore.
Il percorso nei centri PMA per avere una gravidanza è più impegnativo di quanto credano tante donne.
Aborto a 16 e 17 anni

L’aborto a 16 e 17 anni senza il consenso dei genitori è possibile ora in Spagna. La Corte Costituzionale ha approvato la riforma della legge sull’interruzione di gravidanza. Ha anche indicato gli ospedali pubblici come centri di riferimento. Verrà istituito pure un registro dei medici e sanitari obiettori di coscienza. La notizia arriva in Italia e fa scalpore.

In terra iberica non serve più la maggiore età per decidere di rinunciare a una gravidanza. A 16 e 17 anni si è ancora delle ragazzine, eppure l’aborto diventa una possibilità concreta che queste adolescenti potranno decidere in autonomia, senza rendere partecipi le loro mamme e i loro papà.
Il tribunale delle garanzie ha respinto il ricorso di Vox con i sette voti a favore della maggioranza progressista contro i quattro della minoranza conservatrice, racconta l’AGI. “Vox ha sostenuto nel suo ricorso che la norma potrebbe violare vari precetti costituzionali come i principi di libertà, pluralità e legalità, nonché i diritti all’uguaglianza, alla vita e alla libertà ideologica. La riforma della legge sull’aborto pone fine alla necessità del consenso dei genitori per le ragazze di 16 e 17 anni, requisito introdotto nel 2015 dal governo del PP, e stabilisce gli ospedali pubblici come centri di riferimento per questa pratica. Il testo prevede la creazione di un registro degli obiettori di coscienza per il personale sanitario ed elimina l’obbligo di informare le donne sulle prestazioni e gli aiuti per il sostegno alla maternità e anche il periodo di riflessione di tre giorni”, spiega ancora la nota dell’agenzia stampa.
Voi cosa ne pensate? E’ giusto che l’aborto sia possibile senza consenso dei genitori a 16 e 17 anni?
Depressione in gravidanza: maggiori rischi cardiovascolari

Con la depressione in gravidanza si potrebbero avere maggiori rischi cardiovascolari. Lo rivela uno studio diretto da Emma Brann del Karolinska Institutet di Stoccolma e pubblicato su European Heart Journal.

Sono state analizzati i dati su circa 600.000 donne, evidenziando legami più forti con i rischi di ipertensione, malattia cardiaca ischemica e insufficienza cardiaca. “Il nostro gruppo di ricerca ha già scoperto che la depressione perinatale è legata a un aumento del rischio di diversi altri problemi di salute. Tra cui disturbi premestruali, disturbi autoimmuni e comportamenti suicidari, oltre alla morte prematura”, sottolinea Brann, come riporta l’Ansa.
La ricerca ha evidenziato come la depressione in gravidanza comporterebbe maggiori rischi cardiovascolari. Basata sul Registro Medico delle Nascite Svedese, ha permesso agli esperti di confrontare 55.539 donne con depressione perinatale tra il 2001 e il 2014 con un altro gruppo di 545.567 donne svedesi che avevano anche partorito nello stesso periodo, ma non affette da depressione perinatale. I ricercatori hanno seguito le mamme fino al 2020 per valutare se sviluppassero malattie cardiovascolari. Tra quelle con depressione perinatale, il 6,4% ha sviluppato malattie cardiovascolari rispetto al 3,7% delle donne che non avevano sofferto di depressione in gravidanza.
I dati sono stati sorprendenti, sottolineando un rischio superiore del 36% di sviluppare malattie cardiovascolari. Il loro rischio di ipertensione era circa il 50% più alto, il rischio di malattia cardiaca ischemica circa il 37% più alto e il rischio di insufficienza cardiaca circa il 36% maggiore. “Rimane poco chiaro come la depressione perinatale porti a malattie cardiovascolari. Dobbiamo fare più ricerca per capire questo, così da trovare i modi migliori per prevenire la depressione e ridurre il rischio di malattie cardiovascolari”, conclude Brann.
Integrazione multivitaminica post parto

L’integrazione multivitaminica per le mamme è importantissima nel post parto, un momento estremamente delicato dell’esistenza. Aiuta il benessere femminile. Per questo Haleon e Multicentrum hanno ribadito il loro impegno per lo stato di salute delle neomamme con il sostegno al progetto “Un Sorriso per le Mamme” di Fondazione Onda ETS, che dal 2010 è in prima linea per sensibilizzare sul tema della salute nel post parto.
Durante il post parto, sia che la donna allatti o meno, si spende molto in energie fisiche. Alimentazione corretta, stili di vita sani, e l’integrazione multivitaminica supportano le esigenze nutrizionali che il corpo della neo mamma richiede quotidianamente. Diventa così indispensabile fare attenzione a non dimenticare, insieme ai nutrimenti essenziali, in particolare ferro, acido folico, per ridurre il rischio di anemia, DHA e vitamine B12.
Il post-parto è un periodo a volte complicato per le donne. Le mamme affrontano contemporaneamente modificazioni fisiologiche del metabolismo, cambiamenti spesso totali nelle abitudini e nello stile di vita. Si riducono, pure, drasticamente le ore di sonno. E’ spesso difficile seguire una dieta completa e bilanciata. Alcune soffrono di mancanza di energia. Per preservare la propria salute e il proprio benessere diviene quindi essenziale e corretto avere un’integrazione multivitaminica.
Nausea e vomito in gravidanza: studio

La nausea e il vomito colpiscono il 66% delle donne in gravidanza in Italia: uno studio condotto in Italia ha evidenziato l’impatto di questi disturbi quando si è incinta, come riporta l’Adnkronos Salute.

Solo il 25% delle donne con nausea e vomito in gravidanza ha ricevuto un trattamento per contrastare i sintomi, come emerge dallo studio Purity avviato dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), che ha voluto indagare l’impatto della nausea e del vomito in gravidanza (Nvp). Con lo studio gli esperti hanno determinato prevalenza, gravità, durata dei sintomi e loro conseguenze sulla qualità della vita, oltre alla valutazione degli esiti neonatali e dello stato di salute della donna dopo il parto.
Purity – riporta una nota – rappresenta, ad oggi, il primo e unico studio multicentrico che ha esaminato in modo approfondito la prevalenza della Nvp nelle donne italiane e il suo impatto sulla qualità di vita, sull’attività lavorativa e sulla vita personale, in un campione ampio e rappresentativo delle gestanti italiane. Questi disturbi sono sempre stati vissuti, nell’immaginario collettivo, come tipici delle prime fasi della gravidanza e in quanto tali, destinati a scomparire con l’evolvere dell’epoca gestazionale. Gli studi più recenti su questa tematica hanno invece dimostrato che non è così.
“Nella maggior parte dei casi la Nvp si manifesta in maniera moderata, anche se la durata dei sintomi può superare il primo trimestre di gravidanza. Sebbene il disturbo più frequente sia la nausea, vi è un’alta percentuale, circa il 37% dei casi, in cui alla nausea si associa anche il vomito”, commenta Romolo Di Iorio. Il professore associato di Ginecologia e Ostetricia dell’Università di Roma Sapienza aggiunge: “In una casistica più rara, circa il 4%, ritroviamo inoltre donne in stato interessante in cui la Nvp può peggiorare e diventare iperemesi gravidica. E’ una condizione patologica che può portare anche al ricovero e che nei casi più gravi comporta rischi significativi sia per la donna che per il bambino”.
Nel nostro Paese la Nvp è stata spesso sottovalutata e sottotrattata. – si legge – Purity è nato proprio per colmare tale vuoto conoscitivo ed ha coinvolto un campione omogeneo di 528 pazienti gravide afferenti a tre strutture ospedaliere italiane. L’Ospedale dei Bambini ‘Vittore Buzzi’ di Milano. Il Presidio Ospedaliero SS. Annunziata di Chieti. L’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. Alle donne intervistate è stato somministrato un questionario in due fasi. Nella prima, tra la diciottesima e la ventiduesima settimana di gravidanza, si valutava la prevalenza e la gravità della Nvp. L’insorgenza e la durata dei sintomi. Il loro trattamento e l’impatto sulla qualità della vita. La seconda fase, entro 14 giorni dopo il parto, ha esaminato invece la correlazione tra i sintomi della Nvp in gravidanza e gli esiti neonatali, nonché lo stato di salute post-parto delle donne.
“Ci siamo posti come obiettivo non solo quello di esaminare la gravità del disturbo e le possibili terapie. Ma anche gli aspetti legati alla qualità di vita della gestante. Ed è proprio per questo motivo che abbiamo inserito domande specifiche. Quesiti che hanno evidenziato come le donne richiedano una maggiore attenzione al problema, che in quanto tale deve essere riconosciuto e curato”, spiega Irene Cetin.
Professore ordinario di Ginecologia e Ostetricia dell’Università degli Studi di Milano e direttore dell’Ostetricia del Policlinico di Milano, prosegue: “In questo senso il professionista sanitario svolge un ruolo fondamentale per dare sollievo e fornire un aiuto concreto alla donna. E’ nostro compito, infatti, rendere consapevole la donna che è possibile vivere questa fase della vita in tutti i suoi aspetti. Senza sacrificare il rapporto di coppia, né dover rinunciare alla propria vita sociale o lavorativa. In situazioni difficili o invalidanti si può infatti ricorrere ad una terapia efficace e sicura. Una terapia che permetta di vivere a pieno i nove mesi della gravidanza, senza più limitazioni”.
Lo studio ha evidenziato che in alcuni casi la Nvp può portare le donne a star male al punto di essere obbligarle a smettere di lavorare. O, in casi estremi, a pensare di interrompere la gravidanza. Questo porta il fenomeno a essere considerato di grande impatto anche nell’opinione pubblica. La setta che, invece, lo ha sempre sottovalutato e associato a una condizione quasi normale della gravidanza.
Inoltre, sulla base di una scala utilizzata a livello internazionale, che ha valutato la gravità del disturbo (Puqe – Pregnancy-Unique Quantification of Emesis and Nausea), è emerso che 348 donne su 528 hanno sofferto di nausea e vomito in gravidanza nelle prime 22 settimane. Nello specifico i sintomi si sono presentati in forma lieve in 118 donne pari al 34% dei casi, moderata in 217 donne pari al 62% e grave in 13 donne pari al 4%. L’indagine evidenzia che solo il 25% delle donne coinvolte ha ricevuto un trattamento (farmacologico o non farmacologico) per contrastare i sintomi. Tra queste, la maggior parte delle intervistate, pari al 67,7%, ha dichiarato di aver utilizzato l’associazione di doxilamina 10 mg e piridossina 10 mg.
“Oltre a questi dati, uno dei risultati più importanti e statisticamente significativi raccolti nella seconda fase dello studio è stato quello riferito al tempo gestazionale. Infatti le donne che presentano nausea e vomito in gravidanza – conclude Cetin – hanno avuto in media un tempo gestazionale più corto. Quindi, hanno avuto un parto pretermine, in quanto non sono arrivate alla quarantesima settimana”.
Mamma a 63 anni

Mi ha molto compito una notizia di oggi e su questa volevo fare una riflessione. Flavia Alvaro è diventata mamma a 63 anni. Ha partorito a Viareggio. Il suo ginecologo ha detto a La Nazione: “Ero preoccupato anche io, la lo ha voluto fortissimamente”.

A 63 anni mamma. Un’età in cui spesso si è nonni. E’ giusto? E’ sbagliato? Non si può giudicare, soprattutto perché nella nostra società quando un uomo diventa padre a questa età o ad altre anche più avanzate, sicuramente siamo meno colpiti, dandolo quasi per scontato. Sicuramente è una decisione che lascia il segno quella di questa donna.
Flavia Alvaro compirà 64 anni il 24 ottobre prossimo. Sebastian, questo il nome scelto per il figlio, è nato a 31 settimane e 4 giorni. Per essere genitore ha fatto la fecondazione in vitro a Kiev. Diventata mamma a 63 anni è felice: il suo era un sogno che finalmente si è avverato. “Una gravidanza tranquilla – assicura il ginecologo – vissuta con serenità. Certo, ero preoccupato, all’inizio incredulo, la prendevo anche in giro bonariamente, ma Flavia si è messa in gioco, ha voluto fortissimamente questo figlio ed è volata in Ucraina per ben due volte. Al primo tentativo circa due anni fa Flavia aveva abortito alla 14ma settimana: un trauma. E anch’io all’inizio avevo manifestato parecchie perplessità umane e mediche…”.
Al secondo tentativo, nonostante la guerra in Ucraina, ce l’ha fatta grazie alla clinica Biotex Com di Kiev, vera eccellenza nella procreazione assistita e nella fecondazione in vitro a livello mondiale. Il costo per la fecondazione e l’intervento è di circa 15.000 euro. “Fa tutto da sola. Qui, fuori dall’Europa, non esiste il limite dei 50 anni”, sottolinea il quotidiano.
Il bambino, nato di poco più di due chili all’ottavo mese, ora è nel reparto dei prematuri, quando raggiungerà il peso forma, andrà a casa con la madre. Che, bisogna ammetterlo, ha avuto e ha tanto coraggio e una forza interiore da ammirare. Sarà la mamma più anziana d’Italia, un primato. Una lottatrice che ha voglia di sfidare le regole, regole che ha già infranto.
Allattamento riduce rischio tumore seno e ovaio

Nutrire il proprio neonato se si ha la possibilità di farlo è una scelta basilare e ottima. I benefici sono molteplici per mamma e bebè. L’allattamento riduce anche il rischio di tumore al seno e all’ovaio.

L’OMS raccomanda di dare il latte materno come alimento esclusivo almeno per i primi 6 mesi di vita del bimbo. Poi invita a continuare l’allattamento fino a quando il pargolo abbia almeno 2 anni. Parla di tantissimi benefici. Soprattutto una è importantissima: l’allattamento al seno riduce il rischio di sviluppare un tumore, secondo il Codice europeo contro il cancro, redatto da esperti dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) che fa parte dell’OMS. Soprattutto quello al seno e quello all’ovaio.
Il latte materno, ricco tantissime proprietà benefiche, è un toccasana per i neonati, ma pure per le mamme. L’allattamento fa sì che ci si riprenda prima dal parto, grazie alla produzione dell’ormone ossitocina, e così si riescono anche a perdere prima i chili messi su con la gravidanza. L’allattamento riduce rischi legati a ipertensione, colesterolo elevato, alcune malattie cardiovascolari, osteoporosi e diabete di tipo 2. Riduce il rischio di tumore al seno e all’ovaio. Chi può lo faccia non solo per suo figlio ma per se stessa.