Prevenzione DCA nelle scuole
Oggi è stato presentato il documento con le linee guida per la prevenzione dei DCA, disturbi del comportamento alimentare, nelle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado e nelle università. Questo documento è stato redatto da Animenta e foodNet, si tratta di una proposta concreta in ambienti in cui gli interventi sono spesso assenti nonostante l’urgenza dei casi.
La prevenzione dei DCA nelle scuole è diventata di primaria importanza. Fino a un decennio fa si manifestava tra i 15 e i 19 anni. Ora l’età si è pericolosamente abbassata. Si parla di ‘baby anoressia’. E colpisce bambini tra gli 8 e gli 11 anni. La diagnosi precoce diventa così basilare durante l’infanzia e la preadolescenza per poter fare qualcosa subito.
Le linee guida per la prevenzione dei DCA nelle scuole sarebbero condotti da operatori formati. Insegnanti ed educatori avrebbero nelle loro mani strategie utili per poter immediatamente comprendere i segnali di comportamenti ‘strani’.
Generazione Magazine a tal proposito scrive: “Il concetto di prevenzione è collegato a quello di ‘Promozione della Salute’ definito dall’OMS, dunque ‘il dare alle persone i mezzi per diventare più padroni della propria salute e per migliorarla’. La scuola è tra i luoghi in cui sostenerla. E’ necessaria, per questo, la collaborazione tra il sistema scolastico e sanitario. Con la legge n.162 del 1990, il Ministero della Pubblica Istruzione si è impegnato nel sostegno dell’educazione alla salute e all’educazione alimentare nelle attività didattiche. Oggi, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, Animenta e FoodNet hanno presentato le linee guida adottabili dalle scuole per la prevenzione dei DCA”.
E ancora: “L’intento comune vede lo sviluppo di competenze trasversali per la protezione dei soggetti più vulnerabili. Promuovendo l’accettazione di sé e favorendo il riconoscimento di indicatori per interventi tempestivi nella cura dei DCA in ogni fase evolutiva grazie al continuo confronto con professionisti, verrebbero ridotti i costi della spesa sanitaria nazionale. Egarantiti gli esiti favorevoli delle terapie. I progetti di prevenzione presentati formeranno gli insegnanti tramite operatori specializzati”.
“Nelle scuole primarie, gli interventi avvengono in aula – spazio familiare – con la presenza di un osservatore garante dell’inclusione di ogni alunno. Le scuole secondarie di primo e secondo grado devono munire genitori e insegnanti degli strumenti idonei a percepire i corpi, spesso canali di espressione emotiva di ragazzi e ragazze. Con la peer education, i giovani diventano gli stessi ideatori dei progetti. Le università, invece, sono ottimali per trasmettere informazioni più dettagliate anche a chi, probabilmente, si ritroverà ad affrontarle professionalmente”, continua.
E conclude: “Data la complessità, i DCA vanno affrontati con cautela, evitando concetti stigmatizzanti come riferimenti a diete restrittive, calorie degli alimenti, peso e BMI, immagini di corpi impattanti, riferimenti alle ore di attività fisica per il consumo di determinate calorie. Il diritto alla salute passa anche attraverso la cura dei luoghi abitati dai corpi, come la scuola”.
Sesso sempre più precoce
Un indagine dell’Istat ci fa sapere che il sesso tra i giovanissimi è sempre più precoce. Il 18 per cento delle ragazze ha avuto un primo rapporto prima di aver compiuto 16 anni. E, come tutte le mamme, mi preoccupo di tutto ciò. Mi chiedo se un’adolescente sia pronto o se non sia tutto un po’ troppo convulso e anticipato nei nostri tempi.
Il sesso sempre più precoce non è un bene. E non fa stare tranquilli noi genitori. Tra l’altro coinvolge un numero maggiore di partner. Nel senso che non ci si ferma al fidanzatino di cui si dovrebbe essere innamorate. O l’inverso, nel caso si parli di ragazzi, ovviamente.
“Questa trasformazione, associata al rinvio della maternità, lascia alla donna la gestione di numerosi anni (circa 12) durante i quali deve limitare il rischio di gravidanze indesiderate”, riporta l’Ansa. “Nonostante ciò, ‘il ricorso all’aborto è in costante diminuzione’. Tanto che tra il 1980 e il 2022 è calato del 68 per cento, passando da 208 mila a poco più di 65 mila. Quindi ‘non sembra essere utilizzato come mezzo per limitare le nascite, piuttosto come extrema ratio’. E’ quanto emerge dal rapporto dell’Istat ‘L’interruzione volontaria di gravidanza in un’ottica generazionale’”.
E ancora: “Gli ultimi dati del 2022 riportano che il 21,6 per cento dei ragazzi e il 18,4 per cento delle ragazze dichiara di avere avuto il primo rapporto sessuale completo prima dei 16 anni. Con l’utilizzo di metodi contraccettivi sempre più efficaci, in particolare la pillola d’emergenza il cui utilizzo è cresciuto in Italia, ‘le donne riescono a raggiungere parzialmente l’obiettivo di ridurre le gravidanze indesiderate ma c’ è ancora strada da fare per parlare di una vera e propria rivoluzione contraccettiva’, precisa l’Istat. In particolare, rispetto alla pillola del giorno dopo c’è stato un incremento delle vendite (+79 per cento) dal 2015 al 2018, grazie all’eliminazione dell’obbligo di prescrizione sia per le maggiorenni sia per le minorenni”.
Aborto a 16 e 17 anni
L’aborto a 16 e 17 anni senza il consenso dei genitori è possibile ora in Spagna. La Corte Costituzionale ha approvato la riforma della legge sull’interruzione di gravidanza. Ha anche indicato gli ospedali pubblici come centri di riferimento. Verrà istituito pure un registro dei medici e sanitari obiettori di coscienza. La notizia arriva in Italia e fa scalpore.
In terra iberica non serve più la maggiore età per decidere di rinunciare a una gravidanza. A 16 e 17 anni si è ancora delle ragazzine, eppure l’aborto diventa una possibilità concreta che queste adolescenti potranno decidere in autonomia, senza rendere partecipi le loro mamme e i loro papà.
Il tribunale delle garanzie ha respinto il ricorso di Vox con i sette voti a favore della maggioranza progressista contro i quattro della minoranza conservatrice, racconta l’AGI. “Vox ha sostenuto nel suo ricorso che la norma potrebbe violare vari precetti costituzionali come i principi di libertà, pluralità e legalità, nonché i diritti all’uguaglianza, alla vita e alla libertà ideologica. La riforma della legge sull’aborto pone fine alla necessità del consenso dei genitori per le ragazze di 16 e 17 anni, requisito introdotto nel 2015 dal governo del PP, e stabilisce gli ospedali pubblici come centri di riferimento per questa pratica. Il testo prevede la creazione di un registro degli obiettori di coscienza per il personale sanitario ed elimina l’obbligo di informare le donne sulle prestazioni e gli aiuti per il sostegno alla maternità e anche il periodo di riflessione di tre giorni”, spiega ancora la nota dell’agenzia stampa.
Voi cosa ne pensate? E’ giusto che l’aborto sia possibile senza consenso dei genitori a 16 e 17 anni?
Fumo: è boom tra i giovani
Oggi è la Giornata Mondiale senza tabacco. Perché fumare fa male. Ma i dati sconvolgono: per quanto riguarda il fumo è boom tra i giovani.
Come riporta l’Ansa, in Italia, la maggioranza degli adulti tra i 18 e i 69 anni non fuma (59%) o ha smesso di fumare (17%), ma un italiano su quattro è ancora un fumatore (24%). E questa percentuale cresce tra i giovani. Il 30,2% usa almeno un prodotto tra sigaretta tradizionale, tabacco riscaldato o sigaretta elettronica. Sempre in questa fascia di età raddoppia il policonsumo, ovvero l’utilizzo contemporaneo di diversi prodotti, che si attesta al 62,4%, rispetto a un precedente 38,7%. E’ la fotografia che emerge da due diverse indagini dell’Istituto superiore di sanità (Iss).
Le ricerche registrano anche un calo netto del numero dei centri antifumo. “Negli ultimi 15 anni la percentuale di fumatori si è ridotta, ma troppo lentamente. Erano il 30% nel 2008, adesso si attestano al 24% – evidenzia il presidente dell’Iss Rocco Bellantone –. Questo processo va accelerato puntando sulla prevenzione, che deve partire dalle scuole. Sono infatti proprio le scuole uno dei luoghi principali in cui costruire una socialità tra i bambini e ragazzi che punti a promuovere stili di vita sani, come l’abitudine a non fumare”.
E’ boom tra i giovani, anzi, giovanissimi. Le notizie sul fumo riguardanti loro preoccupano. Un’indagine Iss ha preso in esame gli studenti nell’anno 2023-2024 su un campione di 6012 ragazzi. Circa uno studente su tre tra i 14 e i 17 anni (30,2%) ha fatto uso di un prodotto a base di tabacco o nicotina negli ultimi 30 giorni, tra sigarette tradizionali, elettroniche e tabacco riscaldato. Tra le ragazze il consumo è leggermente maggiore. Quasi raddoppia rispetto al 2022 in questa fascia d’età il policonsumo, cioè l’utilizzo contemporaneo di questi prodotti, che si attesta al 62,4%, rispetto a un precedente 38,7%.
L’età del primo contatto con la nicotina si attesta tra i 13 e i 14 anni. Inoltre, non appaiono esservi stretti controlli sull’età al momento dell’acquisto, tanto che la maggior parte dei ragazzi intervistati afferma di aver acquistato personalmente i prodotti al bar o dal tabaccaio. In circa un caso su tre i genitori sono a conoscenza del fatto che i ragazzi utilizzano un prodotto a base di tabacco o nicotina. E sembrano tollerare maggiormente l’utilizzo dei nuovi prodotti rispetto alla sigaretta tradizionale.
Ma i rischi non sono da sottovalutare. Non a caso, afferma Simona Pichini che dirige il Centro Nazionale Dipendenze e Doping Iss, “l’Oms ha scelto come slogan per la giornata di quest’anno ‘Proteggere i bambini dalle interferenze dell’industria del tabacco’. Non bisogna dimenticare che la nicotina è una sostanza che dà dipendenza, e che ci sono evidenze degli effetti negativi per la salute anche dall’uso di questo tipo di dispositivi”. Il fumo fa boom tra i giovani: è necessario intervenire.
“L’uso composito – spiega Giovanni Capelli, direttore del Centro Prevenzione delle malattie e Promozione della Salute Iss (CNAPPS) – è una sfida per la salute pubblica perché non si può escludere che la combinazione di sigarette tradizionali e dispositivi elettronici, con e senza nicotina, si traduca in aumento del rischio per la salute”.
Adolescenza: amici allontanano depressione
Gli amici, quelli stretti, a cui poter confidare tutto, con cui divertirsi, giocare, andare a ballare uscire o semplicemente trascorrere del tempo in relax servono, eccome. A qualsiasi età. In adolescenza, però, sono importantissimi. Allontanano depressione e ansia, lo certifica uno studio.
L’adolescenza è un periodo difficile e complicato per noi genitori, che dobbiamo avere a che fare con figli di umore mutevole, un po’ svogliati, a volte sgarbati, spesso attratti proprio solo dagli amici e dalle giornate da trascorrere con loro e non con mamma e papà, vacanze comprese. E’ un periodo però altrettanto difficile per gli adolescenti stessi. I ‘best friend’ danno una mano, allontanano depressione e stati d’ansia, che purtroppo ci sono.
Una ricerca condotta in Cina, presentata al convegno di psichiatria “Cervello sociale. Traiettorie evolutive e patologia”, ha individuato il numero perfetto di amici che in adolescenza danno una grande mano e così allontanano la depressione. Sono stati analizzati ragazzi dal 10 ai 12 anni. “La loro presenza costante nella vita di un giovane determina una migliore salute mentale e impatta anche sul rendimento scolastico, migliorandolo. Ovviamente non è solo la quantità a contare, ma anche la qualità delle relazioni e delle esperienze fatte insieme”, si legge sul Corriere della Sera. I ragazzi che rimangono isolati o sono dentro “cattive compagnie” invece rischiano.
Non è un novità che le relazioni durante l’adolescenza abbiano una grande importanza e aiutino a plasmare il cervello di un individuo. “Oltre all’isolamento sociale, anche l’abuso in età evolutiva così come le dinamiche di violenza domestica, producono ricadute negative sul benessere individuale e societario”, spiega Claudio Mencacci. Il co-presidente del convegno, e direttore emerito di Neuroscienza all’Ospedale Fatebenefratelli-Sacco di Milano, aggiunge: “E sono anche precursori della trasmissione intergenerazionale di modelli comportamentali sfavorevoli. Tutto questo indica la presenza di una relazione problematica con la salute mentale che aumenta le probabilità delle vittime di sviluppare una serie di patologie psichiatriche, ad esempio ansia, depressione, disturbo da uso di sostanze, disturbo da stress post-traumatico, disturbi di personalità, psicosi, ma anche ideazione suicidaria, autolesionismo e tentativo di suicidio”.
Moda bambini: intramontabile salopette
Con l’arrivo della primavera si pensa sempre al look giusto per i nostri figli. La moda bambini di questo 2024 propone un intramontabile must: la salopette.
L’abbiamo indossata tutti, io, devo confessarlo, lo faccio ancora. Ne ho una vintage firmata Levis e un’altra un po’ più stilosa, ma sempre i denim, che adoro. Anche mia figlia nellle varie fasi della sua età l’ha portata e la sfoggia pure ora a 17 anni. Non deve mancare nel guardaroba, si può scegliere in jeans o tessuti più leggeri. E’ un vero jolly.
L’intramontabile salopette colora la moda dei bambini. I piccoli grazie alle sue gambe larghe ci si sentono a proprio agio dentro. I piccolo possono correre, arrampicarsi, scatenarsi, senza pensarci su troppo. E’ pratica e versatile, assolutamente no gender, tra l’altro.
La moda bambini di questa stagione propone l’intramontabile salopette a righe colorate, o con tanti colori pastello a fondo bianco, o bicolore, bianca e rossa o bianca e blu. C’è pure a quadrettoni, per le mamme più esigenti. Ribadisco, io la amo in denim, scuro, chiaro, sfumato, trattato. Unica condizione insindacabile: deve essere in cotone cento per cento, se con un po’ di elastan forse è anche meglio, perché regala ancora maggiore libertà di movimento.
Nei negozi e anche online se ne trovano di ogni tipo e per tutte le tasche. Se si fa un giro negli shop vintage o nei mercatini, qui a Roma ad esempio c’è Porta Portese, sicuramente è possibile fare ottimi affari per pochi euro. E potete sbizzarrirvi: sia per i neonati che per quelli più grandicelli, fino ad arrivare agli adolescenti e i ragazzi che sfiorano la maggiore età. L’imbarazzo della scelta è davvero reale.
Diabulimia
Nel panorama dei disturbi del comportamento alimentare la Diabulimia è forse il meno noto. Interessa tra il 30 e il 40% dei giovani con diabete di tipo 1 e il 10% nella fascia tra 12 e 19 anni con la patologia.
Si tratta di un Disturbo del Comportamento Alimentare in aumento tra gli adolescenti affetti da diabete che riducono o evitano volontariamente le dosi di insulina necessarie per il controllo della malattia. La Diabulimia affonda le proprie radici nell’insicurezza tipicamente legata all’età evolutiva e adolescenziale. Trova nella convivenza con una malattia cronica come il diabete di tipo 1 un innesco perfetto. Ma può perdurare anche in età adulta. E manifestarsi a qualsiasi età. In qualsiasi momento successivo alla diagnosi di diabete. Anche negli uomini. La prevalenza della omissione della dose di insulina negli adulti è del 21%. Questo secondo una recente metanalisi comparsa su Journal of Eating Behaviors.
La mancata aderenza alla terapia mette a rischio la salute dei giovani pazienti con alterazione dei valori di emoglobina glicata (A1c) e il rischio di episodi di ‘chetoacidosi diabetica’ che possono portare al ricovero ospedaliero.
“I rischi a lungo termine sono ancora più temibili perché lo scarso controllo dei livelli di zucchero nel sangue apre la strada a complicanze. L’iperglicemia cronica, la chetoacidosi diabetica, le complicanze cardiovascolari e renali, la neuropatia e la retinopatia”, sottolinea la Professoressa Raffaella Buzzetti, Presidente Eletto SID.
“Quello che ci preoccupa è la drammatica incidenza dei DCA in questa popolazione. Se nei soggetti sani la bulimia interessa il 3% dei giovani e i DCA in genere tra il 3,7 e 6,4%, nella popolazione con diabete decuplica e raggiunge livelli veramente elevati. Le cause sono molteplici e vanno ricercate nello stress della malattia. Nel carico della cura che fa sentire ‘diversi’. Nella gestione delle restrizioni alimentari. In situazioni di stigma o di insicurezza a cui si aggiungono le criticità tipiche dell’età dello sviluppo, inclusa l’ansia riguardante il peso e l’immagine corporea, che con una patologia cronica non possono che agire da detonatore”.
“L’insulina è un ormone lipogenetico. Può favorire l’accumulo di grasso. Inoltre, la somministrazione di insulina esogena nei pazienti con diabete, migliorando il controllo glicemico e riducendo la perdita di glucosio con le urine, può indurre, un aumento di peso. Con coinvolgimento in particolare della massa grassa. Accade se non si fa attenzione all’alimentazione. Per queste ragioni, le persone con diabete tipo 1, specie i giovani, pensano che omettendo, in parte o completamente, la terapia insulinica, potranno perdere peso”, precisa la dottoressa Marilena Vitale nutrizionista SID.
I disturbi del comportamento alimentare possono essere identificati utilizzando, almeno a livello di screening, questionari specifici. Alcuni sono quelli utilizzati anche per chi non ha il diabete, come, per esempio, il “modified Eating Disorder Inventory (mEDI)” o il “mSCOFF”. Esplorano aspetti propri dei disturbi del comportamento alimentare. Laa spinta verso la magrezza, la bulimia, l’insoddisfazione per il proprio corpo. E ancora: l’inadeguatezza, il perfezionismo, la sfiducia interpersonale. La presenza di sensazione di ‘pienezza insopportabile’, la preoccupazione per la perdita di controllo sulla quantità di cibo assunta.
Negli ultimi anni si sta utilizzando sempre di più anche un questionario specifico per il diabete, il “Diabetes Eating Problem Survey (DEPS)”, che include domande sulle abitudini alimentari, sul controllo del diabete, sull’omissione di insulina e su altri comportamenti quali, per esempio, l’induzione del vomito. Tramite l’utilizzo dei questionari è stato osservato che un quarto degli adolescenti con diabete tipo 1 è a rischio per un disturbo del comportamento alimentare. Tale rischio è strettamente legato alla presenza di segni e sintomi di sindrome ansiosa-depressiva, anch’essi valutabili con questionari e molto frequenti nelle persone con diabete tipo 1.
Come identificare segni e sintomi della Diabulimia per una diagnosi precoce e un intervento tempestivo? “E’ importante valutare il rischio di Diabulimia in particolare in alcune categorie di persone con diabete tipo 1. Quelle con cosiddetto “diabetes distress”. Cioè problemi psico-sociali legati al trattamento di una condizione che dura per tutta la vita, ansia e depressione e adolescenti, in particolare donne. Una volta individuate le persone a rischio, è possibile attivare incontri strutturati con psicologi, dietisti e diabetologi per identificare le persone con disturbi del comportamento alimentare già in atto. Avere una squadra multidisciplinare è necessario per il trattamento, ma, pochi centri ne sono forniti.”, conclude la dottoressa Vitale.
Creme antiage adolescenti: non servono
In questi ultimi tempi sempre più adolescenti cercano di trattare la loro pelle con creme antiage. Non servono ed è sbagliato usarle. Lo sottolinea a gran voce al Corriere della Sera la dottoressa Laura Colonna.
La responsabile dell’Unità operativa di Dermatologia clinica, correttiva e del benessere all’Idi, Istituto Dermopatico dell’Immacolata Irccs di Roma è categorica. No alle creme antiage per gli adolescenti: non servono affatto. “L’ossessione di questi ragazzi e ragazze è combattere l’invecchiamento, un concetto di per sé fuori luogo in quanto un bambino o un adolescente ha una pelle giovane e senza segni di ageing. Il messaggio (sbagliato) che arriva dai social, in primis da TikTok, è che tutti gli adolescenti hanno necessità di sottoporsi a trattamenti, spesso sponsorizzati dagli stessi influencer, per avere una pelle più luminosa. Vengono consigliati gli stessi trattamenti per tutti i tipi di cute, ovviamente senza preoccuparsi delle conseguenze, dato che l’obiettivo è spesso la vendita. In particolare vanno di moda non solo cosmetici arricchiti con vitamina A e C, ma soprattutto sieri e acidi come l’acido glicolico (AHA) e l’acido salicilico (BHA)”, spiega.
I pericoli per gli adolescenti che usano creme antiage senza un vero bisogno è dietro l’angolo, si possono sviluppare dermatiti e avere conseguenze, macchie. L’esperta ai giovanissimi precisa che non servono e dà alcuni consigli per curare la pelle: “Innanzitutto più attenzione alla salute della pelle. Quindi la visita dermatologica volta a capire le esigenze della propria cute e la presenza di eventuali patologie cutanee come acne, allergie, dermatiti”.
“Per chi ha una cute sana è sufficiente una semplice routine per la pulizia del viso da eseguire due volte al giorno, mattina e sera, con detergenti non aggressivi – aggiunge la Colonna – Essendo in età giovanile, una protezione solare e l’uso di una crema idratante leggera sono sufficienti. Quindi non c’è bisogno di arricchire la cute con acido ialuronico o altre sostanze indicate nelle pelli più mature. In pratica, l’acquisto di prodotti deve essere guidato da consigli di esperti professionisti del settore. E non deve coincidere con il business che c’è dietro la vendita di prodotti”.
E ancora: “Ragazze e ragazzi devono evitare l’utilizzo dei cosmetici prescritti ai genitori. Le creme che si prescrivono alle persone adulte possono essere arricchite da vitamina A e C, acido ialuronico e altre sostanze. Queste, però, possono risultare non solo inutili ma addirittura arrecare un danno alla cute dei più giovani, ricordiamo ad esempio le dermatiti periorali”.
“E’ necessario, sin da giovani, proteggere la pelle dai raggi ultravioletti del sole ed evitare le lampade abbronzanti – consiglia la dermatologa –. Quindi, non esporsi al sole nelle ore centrali della giornata e usare sempre la protezione solare, in modo da proteggersi dal danno causato dai raggi ultravioletti. Questo danno, infatti, può favorire sia l’invecchiamento cutaneo sia lo sviluppo di tumori cutanei”. Anche la crema solare deve essere scelta con cura, a seconda del tipo di pelle. Un’ultima raccomandazione: “Sono poi assolutamente sconsigliate le lampade abbronzanti in tutte le fasi della vita. Poiché favoriscono la predisposizione a macchie della pelle e ai tumori cutanei”.