Resistenza antimicrobica
Nelle TIN sono i farmaci più utilizzati, l’antibiotico-resistenza può diventare un grande problema. Per i neonatologi l’uso va controllato e razionalizzato. La resistenza antimicrobica (AMR) si verifica quando batteri, virus, funghi e parassiti non rispondono più agli agenti antimicrobici. A causa della resistenza ai farmaci, gli antibiotici e gli altri agenti antimicrobici diventano inefficaci. E le infezioni diventano difficili o impossibili da trattare, aumentando il rischio di diffusione della malattia, a volte grave. In Italia, secondo il Rapporto nazionale AIFA, nel 2022 l’uso degli antibiotici sistemici risulta in ripresa, con un +24% rispetto al 2021.
Per aumentare la consapevolezza e la comprensione della resistenza antimicrobica e promuovere le migliori pratiche per prevenirla e per affrontare un’emergenza già da tempo, purtroppo, globale, si celebra ogni anno, dal 18 al 24 novembre, la World AMR Awareness Week. Tema di quest’anno, come per il 2022, è “Prevenire insieme la resistenza antimicrobica“. Rappresenta una minaccia per l’uomo, gli animali, le piante e l’ambiente.
“Per preservare l’efficacia degli antibiotici e ridurre in modo efficace la resistenza antimicrobica, è necessario promuovere una collaborazione intersettoriale”, afferma il Dott. Luigi Orfeo, Presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN). “Occorre una consapevolezza globale, in tutti i settori, che devono essere in grado di utilizzare gli antimicrobici in modo prudente e appropriato. Devono adottare misure preventive per ridurre l’incidenza delle infezioni. E seguire le buone pratiche nello smaltimento dei rifiuti contaminati”, continua.
E’ fondamentale che, non solo gli operatori sanitari e le istituzioni, ma anche i cittadini prendano piena coscienza della portata di questo fenomeno: solo collaborando, secondo un approccio One-Health, si può sperare di porre un freno allo sviluppo e alla diffusione della resistenza agli antibiotici. Un modo per farlo è quello di mettere in atto delle “azioni virtuose”, che possano contribuire a ridurre l’incidenza e l’impatto delle infezioni da batteri resistenti, in qualsiasi ambito.
Tutti possono farlo. Come le industrie farmaceutiche, con le giuste indicazioni d’uso e proponendo alternative agli antimicrobici. Il personale sanitario e i medici, implementando buone pratiche, informando i cittadini e prescrivendo antibiotici attenendosi alle linee guida. I cittadini e i pazienti, assumendo antibiotici solo dietro prescrizione medica, seguendone scrupolosamente le indicazioni. Le scuole, promuovendo la conoscenza del problema dell’antimicrobico-resistenza e dei metodi per contrastarla.
Oggi le infezioni neonatali rappresentano ancora un’importante causa di morbilità e mortalità. Dati recenti della letteratura mettono in evidenza che negli ultimi 30 anni c’è stato, nel mondo, un aumento dell’incidenza delle infezioni/sepsi neonatali del 13% circa con 6.31 milioni di casi stimati nel 2019 responsabili del 3.7% della mortalità in epoca neonatale.
Diversi patogeni possono essere trasmessi ai neonati verticalmente da madre a figlio in seguito allo sviluppo, da parte della madre, di un’infezione oppure orizzontalmente dai caregivers, in comunità o in ambito ospedaliero. In particolare, i neonati ricoverati nelle Terapie Intensive Neonatali (TIN) sono ad alto rischio di infezione a causa della fisiologica immaturità del sistema immunitario, della prolungata ospedalizzazione e delle necessarie pratiche diagnostiche-terapeutiche spesso invasive. Per questi motivi fino al 90% dei neonati pretermine con peso < 1000 g vengono sottoposti a terapia antibiotica empirica nel sospetto di una sepsi precoce, rappresentando questi ultimi un terzo della top ten dei medicinali più utilizzati durante la degenza.
“Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza per i neonati e in particolare per quelli ricoverati in TIN, rappresenta una delle principali preoccupazioni per noi neonatologi. Il 50% circa delle infezioni neonatali severe risultano, attualmente, resistenti alla prima ed alla seconda linea di trattamenti raccomandati dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Il motivo è che gli antibiotici sono, effettivamente, tra i farmaci più utilizzati nelle terapie intensive neonatali. Anche se a volte non necessari, e seppur ad oggi valutati in modo più critico rispetto al passato, il loro uso rimane ancora significativo e prolungato, causando il rischio di insorgenza di alcune patologie come infezione tardiva, enterocolite necrotizzante o anche di morte”, continua il Dott. Orfeo.
“La prevenzione delle infezioni in ambito ospedaliero resta la miglior difesa per combattere la battaglia contro la resistenza antimicrobica. E l’igiene delle mani, in particolare, rappresenta la misura più importante per prevenirne la diffusione. Pertanto costituisce una pratica da diffondere ed incentivare il più possibile”, conclude.