Voice shaming
Sette su dieci bambini con balbuzie sono vittime di voice shaming, lo mette nero su bianco un report dell’associazione Vivavoce. Sono oppressi da prese in giro feroci e vengono spesso isolati, considerati ‘diversi’. Ne escono con l’autostima fatta a brandelli e maggiori difficoltà comunicative.
Il voice shaming che I bambini balbuzienti subiscono è impietoso e devastante: derisi e discriminati, soprattutto a scuola. Questo al 61% il luogo dove il fenomeno accade maggiormente. Poi, col 34% si trovano i parchi e i centri sportivi. Tutti ambienti che dovrebbero proteggere e stimolare un piccolo o un adolescente, invece diventano il fulcro del massacro, in cui i commenti negativi si scatenano.
I bambini con balbuzie vengono derisi al 39% con imitazioni del loro modo di parlare. Il 22% rivela di essere semplicemente escluso dagli altri. Il 17% confessa che molti coetanei li prende in giro. “Le ripercussioni del voice shaming sui bambini possono essere gravi e profonde. Il report ha mostrato che il 31% delle giovani vittime di questo fenomeno ha sviluppato frequenti stati d’animo riconducibili a sentimenti di sconforto e tristezza, il 26% ha ammesso di vergognarsi per il proprio modo di parlare. Il 25% ha invece manifestato rabbia e frustrazione”, scrive Fanpage che riporta la notizia. Tutto questo può portare anche alla depressione.
Giovanni Muscarà, presidente di Vivavoce, sottolinea: “Per contrastare il voice shaming, è essenziale che genitori, educatori e insegnanti siano formati per riconoscere e affrontare le situazioni in cui si verifica. Solo con un lavoro di consapevolezza e una collaborazione tra scuola, famiglie e specialisti possiamo aiutare ogni bambino a sentirsi libero di esprimersi senza la paura di essere giudicato.”
L’associazione Vivavoce ha risposto a questa emergenza con una campagna di sensibilizzazione sui social, lanciando il video “Ogni voce ha la sua storia”. L’obiettivo è educare il pubblico a riconoscere e combattere gli stereotipi legati alla balbuzie. Questi bambini devono imparare a comunicare senza paura.
Ora solare: attenzione al mini ‘jet-lag’
Ci siamo, che malinconia! Nella notte tra il 26 e il 27 ottobre torna l’ora solare e nonostante si dormirà un’ora in più bisognerà ovviamente fare attenzione al mini ‘jet-leg’.
Attenzione al mini ‘jet leg’. Non solo gli adulti ma anche i nostri figli potranno accusare irritabilità, malumore, stanchezza con l’ora solare. Chi come me ha la sveglia da tempo puntata sulle 7,30, poi, corre il rischio, a causa dell’orologio biologico, di svegliarsi ancor prima.
Secondo alcuni studi sono tanti quelli che devono fare attenzione al mini ‘jet leg’: circa il 10% della popolazione. Luigi Ferini Strambi ne è certo. Il professore ordinario di neurologia all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano e direttore del Centro di medicina del sonno dell’ospedale San Raffaele lo spiega all’Adnkronos Salute.
Sarà “come se si dovesse cambiare un po’ il fuso orario, anche se si tratta soltanto di un’ora”. Una condizione che “rende più irritabili e può portare una maggiore instabilità d’umore”. Ma questo lieve malessere “rientrerà nel giro di poco”. “E’ certamente più problematico per il fisico il cambiamento ‘primaverile’, per il passaggio all’ora legale, che non lo ‘switch’ autunnale. Questo perché, quando arriva l’ora legale, ci troviamo in una condizione di privazione di sonno, dormendo un po’ di meno”.
“Il ritorno all’ora solare, che vuol dire tutto sommato dormire un’ora in più, non crea problemi per quanto riguarda la privazione di sonno, ma il grosso problema che rimane – puntualizza Ferini Strambi – è quello del cambiamento. L’impatto più negativo sarà in particolare per i ‘super mattinieri'”.
“Ma va detto – puntualizza Ferini Strambi – che teoricamente noi sappiamo che i super mattinieri sono molti di meno rispetto ai gufi o ai tendenzialmente gufi”. “In genere sono bambini ed anziani ad avere più problemi, poiché sono più legati agli orari molto mattinieri”. “Per loro riadattarsi è un po’ più difficile, ma possibile nel giro di pochi giorni”. Gli accorgimenti sono semplici: oltre a idratarsi ed evitare alcolici e fonti di stress, adottare una strategia di 2 o 3 giorni che permetta di “riallineare gli orari del sonno e della cena in maniera graduale”.
Prevenzione DCA nelle scuole
Oggi è stato presentato il documento con le linee guida per la prevenzione dei DCA, disturbi del comportamento alimentare, nelle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado e nelle università. Questo documento è stato redatto da Animenta e foodNet, si tratta di una proposta concreta in ambienti in cui gli interventi sono spesso assenti nonostante l’urgenza dei casi.
La prevenzione dei DCA nelle scuole è diventata di primaria importanza. Fino a un decennio fa si manifestava tra i 15 e i 19 anni. Ora l’età si è pericolosamente abbassata. Si parla di ‘baby anoressia’. E colpisce bambini tra gli 8 e gli 11 anni. La diagnosi precoce diventa così basilare durante l’infanzia e la preadolescenza per poter fare qualcosa subito.
Le linee guida per la prevenzione dei DCA nelle scuole sarebbero condotti da operatori formati. Insegnanti ed educatori avrebbero nelle loro mani strategie utili per poter immediatamente comprendere i segnali di comportamenti ‘strani’.
Generazione Magazine a tal proposito scrive: “Il concetto di prevenzione è collegato a quello di ‘Promozione della Salute’ definito dall’OMS, dunque ‘il dare alle persone i mezzi per diventare più padroni della propria salute e per migliorarla’. La scuola è tra i luoghi in cui sostenerla. E’ necessaria, per questo, la collaborazione tra il sistema scolastico e sanitario. Con la legge n.162 del 1990, il Ministero della Pubblica Istruzione si è impegnato nel sostegno dell’educazione alla salute e all’educazione alimentare nelle attività didattiche. Oggi, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, Animenta e FoodNet hanno presentato le linee guida adottabili dalle scuole per la prevenzione dei DCA”.
E ancora: “L’intento comune vede lo sviluppo di competenze trasversali per la protezione dei soggetti più vulnerabili. Promuovendo l’accettazione di sé e favorendo il riconoscimento di indicatori per interventi tempestivi nella cura dei DCA in ogni fase evolutiva grazie al continuo confronto con professionisti, verrebbero ridotti i costi della spesa sanitaria nazionale. Egarantiti gli esiti favorevoli delle terapie. I progetti di prevenzione presentati formeranno gli insegnanti tramite operatori specializzati”.
“Nelle scuole primarie, gli interventi avvengono in aula – spazio familiare – con la presenza di un osservatore garante dell’inclusione di ogni alunno. Le scuole secondarie di primo e secondo grado devono munire genitori e insegnanti degli strumenti idonei a percepire i corpi, spesso canali di espressione emotiva di ragazzi e ragazze. Con la peer education, i giovani diventano gli stessi ideatori dei progetti. Le università, invece, sono ottimali per trasmettere informazioni più dettagliate anche a chi, probabilmente, si ritroverà ad affrontarle professionalmente”, continua.
E conclude: “Data la complessità, i DCA vanno affrontati con cautela, evitando concetti stigmatizzanti come riferimenti a diete restrittive, calorie degli alimenti, peso e BMI, immagini di corpi impattanti, riferimenti alle ore di attività fisica per il consumo di determinate calorie. Il diritto alla salute passa anche attraverso la cura dei luoghi abitati dai corpi, come la scuola”.
Cibo bambini: errori da evitare
I bambini devono avere un buon rapporto col cibo. Anche perché i disturbi alimentari dei ragazzi sono sempre più frequenti. Ci sono errori da evitare a riguardo. Noi genitori dobbiamo farne tesoro per il loro benessere.
Se si desidera che i bambini mangino in modo sano e che il cibo per loro non si trasformi in un problema ecco gli errori da evitare, quelli che potrebbero causare disastri a lungo andare. Ce li dà Qui Mamme del Corriere della Sera.
I nostri figli vanno assolutamente educati a curare la loro alimentazione, siamo noi adulti a doverlo fare. Gli errori da evitare quando si tratta di cibo per i bambini sono a volte puerili, ma accadono.
E’ vietato saltare la colazion, non è un pasto superfluo, ma è fondamentale. Una buona colazione (latte o yogurt con fette biscottate, cereali, pane e marmellata) assicura il giusto concentrato di energia per affrontare la giornata.
I legumi non sono un contorno, vanno serviti da soli, sono già di per sé un secondo piatto.
Non servire pane, pasta e patate insieme. Sea pranzo è prevista pasta o riso, il pane o le patate vanno servite a cena.
Non forzare i bambini nell’assaggio degli alimenti: inutile costringere i bambini ad assaggiare una pietanza che non gradiscono. Ed è assolutamente sbagliato portarli a fare questo unicamente in cambio di un “premio”.
Il momento dei pasti non è un gioco, sarebbe meglio eliminare tutte le distrazioni. Niente giocattoli né TV accesa. I piccoli devono conoscere il cibo senza interferenze esterne.
No alle punizioni. Se non si termina il piatto che si ha davanti, nieinte tragedia. Di tanto in tanto premiarlo con un dolcetto o con qualche altro alimento, quando finisce tutto. Questo però non deve diventare una malsana abitudine.
Separazione dei genitori vista dai bambini
La separazione dei genitori per i piccoli può essere un vero trauma difficile da superare. Un libbro la racconta vista dai bambini. “Perché proprio a me?”. Questa è la domanda che molti bambini si fanno quando vivono la separazione dei genitori. E “Perché proprio a me?” è anche il titolo del libro presentato dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza al Maxxi – Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma. La racconta, appunto, vista dai bambini.
“La separazione non è innocua per un bambino perché va a incidere sul suo bisogno di sicurezza. Fa emergere paure, interrogativi, incertezze e altri stati d’animo ai quali abbiamo voluto dare voce”, spiega la Garante Carla Garlatti in una nota. “Lo abbiamo fatto, in collaborazione con il Consultorio familiare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, con una pubblicazione che contiene una selezione di disegni e frasi dei piccoli che hanno partecipato ai gruppi di parola”, aggiunge
“La separazione può capitare e i genitori non vanno colpevolizzati, né stigmatizzati. In tali circostanze è però fondamentale che la coppia faccia attenzione a non danneggiare i figli”, chiarisce Garlatti. “Mi auguro che questo libro, ‘fatto’ dai bambini e dalle bambine e pensato per i genitori, possa aiutare questi ultimi a porre al centro i figli, per costruire una comunicazione nuova e positiva”.
Il progetto è stato voluto e finanziato dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Le immagini del libro sono state raccolte in oltre dieci anni di Gruppi di Parola del Consultorio familiare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Sono state inserite in un prodotto grafico, firmato da Antonella Abbatiello e Stefano Baldassarre. Nel libro i bambini raccontano le emozioni , i dubbi e le loro paure. Ad accompagnare le immagini e la parole ci sono i commenti elaborati dal gruppo di esperti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Il libro è articolato in sei capitoli, che riprendono le fasi degli incontri dei Gruppi di Parola: 1. Mamma e papà si separano; 2. Come mi sono sentito, cosa ho pensato; 3. Litigi e conflitti; 4. I cambiamenti; 5. Le risorse; 6. Lettera ai genitori. La premessa è firmata dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti. L’introduzione è di Paola Cavatorta, direttore del Consultorio familiare. In appendice una scheda su cosa sono i Gruppi di Parola.
“Dall’esperienza con i gruppi di parola abbiamo scelto le parole e disegni che raccontano i percorsi emotivi di molti bambini: la loro paura di perdere le relazioni più importanti, la fatica per adattarsi ai cambiamenti, ma anche cosa li aiuta a stare meglio, come mantengono o ritrovano fiducia e serenità”, commenta nella nota Paola Cavatorta, Direttore del Consultorio familiare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore nella sede di Roma.
Impatto infuencer sull’alimentazione giovani
L’impatto degli influencer sull’alimentazione dei giovani pare devastante. Da una ricerca appare evidente che 3 su 4 dei ragazzi aspira un corpo come quello dei loro idoli. La metà di questi cambia dieta pur di raggiungere l’obiettivo.
La ricerca, condotta da Skuola.net con l’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, Gap, Cyberbullismo) su un campione di 1.668 ragazze e ragazzi tra i 9 e i 24 anni mette in evidenza quanto l’impatto degli influencer possa essere dannoso. Sull’alimentazione dei giovani provoca un vero uragano.
Open scrive: “Secondo lo studio, più di 3 ragazzi su 4 tendono a confrontare il proprio corpo con i modelli di bellezza proposti dai social, in particolare dagli influencer. Tuttavia, questa costante esposizione a corpi ‘perfetti’, spesso idealizzati e filtrati, ha una serie di conseguenze. Quasi la metà degli intervistati (46%) ha cambiato la propria dieta nel tentativo di raggiungere standard di bellezza proposti online. Il 45%, inoltre, ha comprato prodotti per la bellezza e la forma fisica pubblicizzati sui social. Dietro questi numeri, si cela un problema più profondo: un rapporto malsano e disfunzionale con il proprio corpo e una crescente insicurezza che porta molti giovani a evitare occasioni sociali”.
E ancora: “Il 40% degli intervistati ha confessato di aver evitato eventi pubblici perché si sentiva a disagio con il proprio aspetto fisico. Questa percezione negativa del corpo peggiora con l’età. Mentre il 31% dei ragazzi tra i 9 e i 14 anni ammette di aver evitato uscite per insicurezze legate all’aspetto, la percentuale sale al 43% tra i 15 e i 19 anni, fino a toccare il 60% tra i 20 e i 24 anni. Questo disagio è amplificato dall’uso dei social, dove il 27% dei giovani non è mai soddisfatto di come appare nelle foto che pubblica. E il 34% evita del tutto di condividere immagini per paura del giudizio degli altri”.
La situazione che emerge è terrificante. L’impatto degli influencer sull’alimentazione dei giovani crea sfaceli. Noi adulti siamo i primo che dobbiamo insegnare ai nostri figli che l’apparenza inganna e che la bellezza sta nell’imperfezione.
Bambini più intelligenti con 3 abitudini
Con 3 semplici abitudini si possono avere bambini più intelligenti. Lo dice Alireza Khadem, che con i suoi collaboratori ha sviluppato uno studio in cui si mostra come con alcuni accorgimenti si possa avere bambini più intelligenti. I risultato sono stati pubblicati sul Journal of Health, Population and Nutrition.
Sono diversi i fattori che influenzano l’intelligenza di una persona. Partendo da questo la Khadem ha identificato 3 sane abitudini per far crescere bambini più intelligenti. Come scrive La Gazzetta dello Sport, che riporta la notizia, “l’alimentazione ha un ruolo cruciale nello sviluppo cognitivo del bambino fin dai primi momenti della vita. Analizzando i dati di oltre 20 studi emerge come esista un collegamento tra intelligenza e allattamento al seno. I bambini che sono stati allattati hanno in media un quoziente intellettivo più alto di 3.16 rispetto ai coetanei che sono stati allattati meno”.
“La scelta qualitativa e quantitativa dei nutrienti che assume il bambino è fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza. Soprattutto in età scolare e prescolare. Facendo una correlazione tra il QI di bambini di 8 anni e i loro comportamenti alimentari è emerso che una buona dieta è legata a un maggiore QI. Bambini che da 3 anni avevano una dieta ricca di grassi e zuccheri avevano QI inferiori rispetto a chi seguiva un’alimentazione sana. Iniziare fin da piccoli a seguire una dieta sana, aiuta a mantenerla perché crea una predisposizione. Un’abitudine alla dieta. Non solo ma è importante anche il modo in cui si consuma il cibo. Mangiare insieme agli altri spinge a consumare meno cibo da fast food, avendo quindi un impatto positivo nel contrasto all’obesità”, sottolinea ancora il quotidiano.
La seconda abitudine, chiaramente, è il movimento, l’attività fisica: “Fare attività fisica è utile anche per lo sviluppo del cervello. Perché espande le capacità cognitive del cervello creando un ambiente ideale per un apprendimento corretto. Quindi l’attività fisica non combatte solo patologie croniche, il sovrappeso. Ha un impatto positivo anche sul QI. Infatti mentre si fa movimento c’è un incremento del flusso sanguigno cerebrale nel cervello che contribuisce ad aumentare i nutrienti necessari, inoltre favorisce il rilascio di neurotrasmettitori come epinefrina, norepinefina e seratonina”.
La terza e ultima abitudine riguarda lo stare all’aria aperta: “Vivere a contatto con la natura riduce l’esposizione dei bambini a fattori di rischio come l’inquinamento, permette di migliorare lo stile di vita del bambino aumentando l’attività fisica e le occasioni di socialità”.
Torta ricciolina
Non la conoscevo, ma ora che l’ho assaggiata ne sono conquistata. La torta ricciolina è tipica del Monte Amiata e della provincia di Siena ed è una vera bontà, sia come dessert la sera sia per la festa di compleanno del vostro bambino. Come realizzarla a casa tutte sole? Ecco la ricetta.
Per fare la torta ricciolina occorre avere:
PASTA FROLLA:
- 100 g di burro freddo
- 150 g di zucchero semolato
- 1 uovo
- 2 tuorli
- 300 g di farina 00
- 8 g di lievito per dolci
- sale
RIPIENO:
- 1 uovo
- 50 g di zucchero semolato
- 100 g di farina 00
- 250 ml di latte intero
- 2 cucchiai di crema spalmabile al cioccolato
- 80 g di nocciole non spellate
- 50 g di mandorle non spellate
COPERTURA:
- 2 albumi
- 100 g di zucchero semolato
- cioccolato fondente
In una ciotola capiente mettere zucchero e burro, aggiungete l’uovo, i tuorli, un pizzico di sale e lavorate con la frusta, poi unite anche farina e lievito. Impastate fino a ottenere una pasta omogenea, con le mani formate quindi un panetto e avvolgete l’impasto con la pellicola, ponetelo in frigo per almeno 30 minuti. Passate al ripieno.
In una casseruola mescolate zucchero, farina e uovo, unite il latte portato quasi all’ebollizione, mescolate con la frusta mentre la pentola è sul fornello a fuoco basso. Quando la crema sarà abbastanza densa, versatela in una ciotola e fatela raffreddare, aggiungete, quindi, la crema di cioccolato e la frutta secca tagliata in modo grossolano: il composto deve essere ben amalgamato.
Riprendete la pasta frolla, spianatela e inseritela in uno stampo precedentemente imburrato e infarinato, di 22 centimetri. Rifilate i bordi in modo che siano alti circa 4 cm e bucherellate la base. Distribuitevi sopra la crema al cioccolato e frutta secca, livellando il tutto. Stendete la frolla restante e ricoprite il ripieno, sigillando i bordi.
Nel forno già caldo a 180° fate cuocere la torta ricciolina per 40 minuti. Sfornate il dolce e lasciatelo raffreddare, poi toglietelo dallo stampo. Montate gli albumi con lo zucchero con lo sbattitore elettrico, quindi distribuite il composto ottenuto sulla superficie del dolce. Decorate con cioccolato fuso. Mettete la torta in forno a 200° per 1 minuto. Tiratela fuori: potete servirla.
ricciolina