Autunno: caduta dei capelli
In autunno si assiste, come recita il detto, a un fenomeno che preoccupa sia gli adulti, che i ragazzi, quello della caduta dei capelli. Mario Valenti, dermatologo, spiega all’Adnkronos che c’entra un termine strano: telogen.
In autunno, tempo di castagne, c’è la caduta dei capelli. Perché? “Il capello ha un ciclo che nella stagione autunnale normalmente giunge nella cosiddetta fase di telogen, cioè la fase in cui termina la crescita e si ha una quiescenza prima della caduta. Succede normalmente dopo la stagione estiva”, chiarisce l’esperto
La caduta dei capelli in autunno “sembrerebbe essere un po’ legata anche alla riduzione progressiva delle ore di luce, dall’estate fino alla stagione autunnale. Aumentando le ore di buio, aumenta in proporzione la melatonina e questo regola non solo il ciclo sonno-veglia, ma anche il ciclo del capello. La caduta autunnale dei capelli è un qualcosa di fisiologico, e normalmente dura 4-6 settimane, al massimo 8. Se dovesse essere eccessivo, sia in termini di tempo che di numerica dei capelli che cadono, allora è necessario indagare se ci sono cause intercorrenti”.
Cosa può aiutare a contrastare la caduta dei capelli in autunno? “Un’alimentazione variegata, certamente – risponde il dermatologo – E’ importante mangiare un po’ di tutto, se ci fossero carenze di ferro o altro supplementarli, perché il capello ha bisogno di tutti questi macronutrienti per crescere sano e robusto e non cadere facilmente”. Non stressare troppo il cappello: evitare le asciugature con aria troppo calda, l’utilizzo della piastra, evitare lavaggi troppo frequenti, magari con prodotti che possono essere aggressivi. Meglio prediligere uno shampoo delicato. Se si associa anche irritazione del cuoio capelluto, come spesso succede dopo l’estate, si può trattare con prodotti specifici per gli stati sensibili del cuoio capelluto. E poi ridurre in generale lo stress, per quanto possibile”.
Voice shaming
Sette su dieci bambini con balbuzie sono vittime di voice shaming, lo mette nero su bianco un report dell’associazione Vivavoce. Sono oppressi da prese in giro feroci e vengono spesso isolati, considerati ‘diversi’. Ne escono con l’autostima fatta a brandelli e maggiori difficoltà comunicative.
Il voice shaming che I bambini balbuzienti subiscono è impietoso e devastante: derisi e discriminati, soprattutto a scuola. Questo al 61% il luogo dove il fenomeno accade maggiormente. Poi, col 34% si trovano i parchi e i centri sportivi. Tutti ambienti che dovrebbero proteggere e stimolare un piccolo o un adolescente, invece diventano il fulcro del massacro, in cui i commenti negativi si scatenano.
I bambini con balbuzie vengono derisi al 39% con imitazioni del loro modo di parlare. Il 22% rivela di essere semplicemente escluso dagli altri. Il 17% confessa che molti coetanei li prende in giro. “Le ripercussioni del voice shaming sui bambini possono essere gravi e profonde. Il report ha mostrato che il 31% delle giovani vittime di questo fenomeno ha sviluppato frequenti stati d’animo riconducibili a sentimenti di sconforto e tristezza, il 26% ha ammesso di vergognarsi per il proprio modo di parlare. Il 25% ha invece manifestato rabbia e frustrazione”, scrive Fanpage che riporta la notizia. Tutto questo può portare anche alla depressione.
Giovanni Muscarà, presidente di Vivavoce, sottolinea: “Per contrastare il voice shaming, è essenziale che genitori, educatori e insegnanti siano formati per riconoscere e affrontare le situazioni in cui si verifica. Solo con un lavoro di consapevolezza e una collaborazione tra scuola, famiglie e specialisti possiamo aiutare ogni bambino a sentirsi libero di esprimersi senza la paura di essere giudicato.”
L’associazione Vivavoce ha risposto a questa emergenza con una campagna di sensibilizzazione sui social, lanciando il video “Ogni voce ha la sua storia”. L’obiettivo è educare il pubblico a riconoscere e combattere gli stereotipi legati alla balbuzie. Questi bambini devono imparare a comunicare senza paura.
Halloween 2024: maschere per bambini
Come ogni anno si avvicina Halloween. In questo 2024 le maschere per i bambini devono essere ancora più mostruose: è un modo per esorcizzare le paure. Quali sono quelle più gettonate? Eccone qualcuna.
Le maschere per i bambini che vanno per la maggiore pure in questo Halloween 2024 sono quelle di streghe e stregoni, fantasmi, scheletri. I vampiri poi non passano mai di moda. Basta poco per realizzarle anche col fai da te. Piacciono tantissimo pure i personaggi della Famiglia Addams, che già di suo ironizza molto sui cosiddetti ‘mostri’.
I più piccini hanno maschere per bambini in chiave baby. Halloween 2024 per loro potrebbe essere un modo per far sorridere le mamme e i papà, che spesso li travestono da pipistrello gigante o da zucca o da mummia. Evergreen è Joker, tornato trendyssimo grazie all’uscita del sequel di Todd Phillips in cui il protagonista è Joaquin Phoenix, con pure Lady Gaga nel cast.
I brand del fast fashion hanno tanti travestimenti a poco prezzo: i costi si aggirano tra i 20 e i 30 euro. Ma, come già sottolineato, basta fare in giro in Rete per scoprire molti tutorial per il fai da te, magari proprio con l’aiuto del figlioletto o della figlioletta. Lo stesso vale per un make-up perfetto. Un’unica raccomandazione: per i bimbi usate trucchi sicuri, anallergici, che non facciano male. Spesso in questo caso per risparmiare si rischia grosso e non è il caso…
Bambini più intelligenti con 3 abitudini
Con 3 semplici abitudini si possono avere bambini più intelligenti. Lo dice Alireza Khadem, che con i suoi collaboratori ha sviluppato uno studio in cui si mostra come con alcuni accorgimenti si possa avere bambini più intelligenti. I risultato sono stati pubblicati sul Journal of Health, Population and Nutrition.
Sono diversi i fattori che influenzano l’intelligenza di una persona. Partendo da questo la Khadem ha identificato 3 sane abitudini per far crescere bambini più intelligenti. Come scrive La Gazzetta dello Sport, che riporta la notizia, “l’alimentazione ha un ruolo cruciale nello sviluppo cognitivo del bambino fin dai primi momenti della vita. Analizzando i dati di oltre 20 studi emerge come esista un collegamento tra intelligenza e allattamento al seno. I bambini che sono stati allattati hanno in media un quoziente intellettivo più alto di 3.16 rispetto ai coetanei che sono stati allattati meno”.
“La scelta qualitativa e quantitativa dei nutrienti che assume il bambino è fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza. Soprattutto in età scolare e prescolare. Facendo una correlazione tra il QI di bambini di 8 anni e i loro comportamenti alimentari è emerso che una buona dieta è legata a un maggiore QI. Bambini che da 3 anni avevano una dieta ricca di grassi e zuccheri avevano QI inferiori rispetto a chi seguiva un’alimentazione sana. Iniziare fin da piccoli a seguire una dieta sana, aiuta a mantenerla perché crea una predisposizione. Un’abitudine alla dieta. Non solo ma è importante anche il modo in cui si consuma il cibo. Mangiare insieme agli altri spinge a consumare meno cibo da fast food, avendo quindi un impatto positivo nel contrasto all’obesità”, sottolinea ancora il quotidiano.
La seconda abitudine, chiaramente, è il movimento, l’attività fisica: “Fare attività fisica è utile anche per lo sviluppo del cervello. Perché espande le capacità cognitive del cervello creando un ambiente ideale per un apprendimento corretto. Quindi l’attività fisica non combatte solo patologie croniche, il sovrappeso. Ha un impatto positivo anche sul QI. Infatti mentre si fa movimento c’è un incremento del flusso sanguigno cerebrale nel cervello che contribuisce ad aumentare i nutrienti necessari, inoltre favorisce il rilascio di neurotrasmettitori come epinefrina, norepinefina e seratonina”.
La terza e ultima abitudine riguarda lo stare all’aria aperta: “Vivere a contatto con la natura riduce l’esposizione dei bambini a fattori di rischio come l’inquinamento, permette di migliorare lo stile di vita del bambino aumentando l’attività fisica e le occasioni di socialità”.
Autostima bambini
Come far crescere l’autostima sin da bambini? E’ necessario che credano in se stessi sin da piccoli, affinché siano adulti migliori di noi. Su questo non ci piove. Ma spesso per i genitori non è facile, ci pensa, però, la psicologa infantile Tovah Klein a dare 5 consigli preziosi a riguardo.
Le 5 strategie di cui parla la terapeuta sono da mettere in atto quotidianamente: servono ai bambini per accrescere l’autostima e avere maggiore fiducia in se stessi. “Ad essere flessibili, ad adattarsi e ad accogliere ciò che capita con la giusta apertura mentale”, chiarisce ancora l’esperta.
L’autostima diventa più alta nei bambini quando si fidano di mamma e papà. “I bimbi devono sapere che i loro genitori ci saranno per loro , qualsiasi cosa accada”, spiega la psicologa al DailyMail. “Il piccolo deve sapere che anche quando inciampa o quando non ne vuole sapere di ascoltare nessuno, i suoi genitori gli vorranno sempre bene”, precisa ancora.
I bimbi diventeranno più sicuri di sé se i genitori avranno il coraggio di condividere il proprio dolore con loro: “I piccoli imparano giorno per giorno cosa significa provare certe emozioni, i genitori devono ascoltarli e convalidarle facendoli sentire capiti”.
I piccoli devono imparare presto a essere indipendenti. Stando all’esperta questo accade se i genitori gli impongono inizialmente dei limiti: “Io consiglio uno stile genitoriale autorevole. Soprattutto nella prima infanzia, basato su una comunicazione aperta con i figli. Ma anche su regole precise”.
I bimbi non devono isolarsi, ma entrare sempre in connessione con gli altri: “L’empatia dei bambini nasce proprio dalla loro capacità di relazionarsi a quelle persone che vanno oltre la cerchia dei familiari”.
Per finire, l’ultimo consiglio riguarda la comprensione: mamma è papà devono premiare i traguardi dei figli, elogiando lo sforzo più che il risultato. “L’errore che molti adulti fanno è quello di partire prevenuti, ritenendo inammissibili alcuni atteggiamenti dei propri figli”, sottolinea la Klein.
Bambini: attività fisica e sonno insufficienti
I dati dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Salute sono chiari. Preoccupano, invece, quelli di uno studio pubblicato su Jama Pediatrics e condotto con dati provenienti da 33 Paesi del mondo, di tre fasce di reddito, in sei regioni geografiche. L’attività fisica e il sonno sono insufficienti per 8 bambini su 10 tra i 3 e 4 anni, dicono i risultati finali.
Ecco, mi conforta che per mia figlia non sia mai stato così: ha iniziato nuoto a 2 anni e 9 mesi, poi per due anni si è aggiunta la danza. A seguire solo la seconda, per 5 giorni la settimana. Ora Bibi, che a dicembre diventerà maggiorenne, fa danza dal lunedì al sabato. Certo, a livello accademico, dato che questo vuole fare nella vita. Ma è riuscita a conciliarla con lo studio: frequenta l’ultimo anno del liceo classico. Se si vuole, fortissimamente si vuole, nulla è impossibile. Lo dico ai genitori indecisi sul far fare sport o attività di Alta Formazione ai loro pargoli.
Stando alla ricerca attività fisica e sonno sono insufficienti per la gran parte dei bambini che passano, però, troppo tempo davanti ai video. Le linee guida dell’Oms raccomandano 180 minuti al giorno di attività fisica totale e 60 minuti al giorno di attività fisica di intensità moderata o vigorosa. Riguardo al tempo davanti al Pc, l’Organizzazione Mondiale della Salute specifica di non passare oltre un’ora al giorno davanti allo schermo e poi consiglia una durata del sonno di 10/13 ore.
Lo studio, internazionale, è stato coordinato da esperti del National Institute for Applied Statistics Research Australia. Era finalizzato proprio a verificare la quota di bambini di 3 e 4 anni che soddisfano queste linee guida. Più in generale, il comportamento sedentario in 33 Paesi. L’attività fisica è stata misurata con accelerometri da polso mentre le informazioni sul sonno e sull’uso di schermi sono state fornite dai genitori, si legge su Rai News. Alla fine i dati sono stati sconfortanti. L’attività fisica e il sonno sono insufficienti per 8 bambini su 10 nella fascia di età che va dai 3 ai 4 anni. Quando vedete vostro figlio imbambolato davanti alla tv, al pc o al tablet e peggio ancora allo smartphone, pensateci.
Importanza dell’allattamento materno
E’ sempre bene sottolineare l’importanza dell’allattamento materno. “Closing the Gap. Breastfeeding Support for All” è il tema della Settimana Mondiale dell’Allattamento Materno 2024. Si celebra in Italia dall’1 al 7 ottobre. Quest’anno si concentra sulla necessità di migliorare il sostegno all’allattamento al seno per ridurre le disuguaglianze esistenti nella nostra società, con particolare attenzione ai tempi di emergenze e crisi.
Negli ultimi 12 anni, il numero di bambini di età inferiore ai sei mesi esclusivamente allattati al seno è aumentato di oltre il 10%. Ciò significa che il 48% dei neonati in tutto il mondo ne beneficia (dati Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – Unicef). Sono centinaia di migliaia di vite salvate grazie all’allattamento al seno.
Il latte materno rappresenta, infatti, uno “scudo prezioso” che protegge i piccoli, non solo nei primi mesi, ma per tutto l’arco della vita, riducendo, ad esempio, l’incidenza di malattie cardiovascolari e metaboliche, dall’ipertensione al diabete.
I benefici dell’allattamento al seno, però, vanno oltre la salute fisica. Rappresentando un “elemento di continuità” tra l’utero materno e il mondo esterno. Favorisce la simbiosi tra mamma e bambino, che ritrova nel latte di mamma qualcosa di molto simile, per composizione, consistenza e odore, al liquido amniotico.
“Ribadiamo in queste giornate quanto raccomandato dall’OMS, ovvero l’importanza di garantire l’allattamento esclusivo almeno per i primi sei mesi di vita e il nostro impegno per eliminare i tanti ostacoli (gap) ancora esistenti”, afferma il dott. Luigi Orfeo, presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN). “Serve, infatti, una migliore rete di sostegno familiare e lavorativo. Ma anche la possibilità del rooming-in del bimbo insieme alla mamma in tutti gli ospedali. Questo per favorire un buon avvio dell’allattamento già dai primi momenti. Ancora oggi, purtroppo, almeno una struttura su tre non lo consente o lo consente solo in modo parziale”.
Proprio con l’obiettivo di incrementare il tasso di allattamento in ospedale, la SIN, da sempre in prima linea per la promozione e il sostegno dell’allattamento materno, di cui ribadisce l’importanza, ha avviato il progetto Policy Aziendale sull’Allattamento (PAA). Hanno già aderito 62 Aziende Sanitarie, con complessivi 108 Punti Nascita, appartenenti a 14 su 21 Regioni e/o Province Autonome italiane.
Al progetto triennale, che si completerà a metà 2025, partecipano le Società scientifiche che si occupano dell’assistenza perinatale e le Federazioni Nazionali delle ostetriche e degli infermieri. Nello specifico: la Società Italiana di Neonatologia (SIN), la Società Italiana di Pediatria (SIP), la Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO). E ancora: la Società Italiana di Nutrizione Pediatrica (SINUPE), l’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI), la Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica (FNOPO). E anche: la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI), la Società Italiana di Neonatologia Infermieristica (SIN INF), la Società Italiana di Pediatria Infermieristica (SIPINF), d’intesa con l’associazione dei genitori VIVERE ETS.
Tra gli interventi mirati del progetto, c’è la maggior diffusione delle pratiche facilitanti l’avvio e la durata dell’allattamento, come ad esempio il contatto pelle a pelle sin da subito in sala parto. L’efficacia del contatto pelle a pelle è stata confermata anche da un recente studio osservazionale prospettico. E’ stato condotto dalla Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale Policlinico di Bari e dall’Ospedale “San Giovanni di Dio” di Melfi. Sono stati arruolati complessivamente 160 neonati, di cui 79 (49,4%) sottoposti al contatto pelle a pelle. E’ emerso che, a tre mesi di vita, la percentuale di allattamento al seno esclusivo era maggiore (71 %) nei neonati sottoposti a contatto pelle a pelle alla nascita, rispetto ai neonati non sottoposti a questa pratica (53 %).
Un altro strumento risultato molto efficace per la promozione ed il sostegno dell’allattamento è il tele-supporto ai genitori, di ulteriore aiuto oltre alle usuali visite degli operatori effettuate in presenza. L’incremento del tasso di allattamento esclusivo a 3 mesi dal parto aumenta del 25% col tele-supporto, mostrando un effetto positivo anche fino ai 6 mesi. Su queste basi, la SIN ha realizzato e diffuso una Position Statement sul Tele-supporto all’Allattamento, coordinata dal dott. Riccardo Davanzo, Presidente della Commissione Allattamento della Società Italiana di Neonatologia (COMASIN).
“Con il sostegno e il supporto giusti, la mamma può essere aiutata a superare eventuali difficoltà iniziali. Ne vale la pena, visto che la pratica naturale dell’allattamento è voucher di salute per il lattante, ma anche per sé stessa”, conclude il Presidente Orfeo. “Il latte materno, infatti, rappresenta l’alimento ideale, perfetto per il neonato, ma allattare a lungo porta benefici anche alla donna, proteggendola ad esempio dal tumore alla mammella e all’ovaio. È ben comprensibile come nei primi giorni l’allattamento possa diventare la pratica centrale nella triade mamma-papà-neonato, alla quale anche il padre può e deve contribuire, in maniera convinta e sicura”. Non dimenticate mai l’importanza dell’allattamento materno.
Bambini: fai bei sogni
Quante volte dando la buonanotte ai nostri piccoli l’abbiamo detto: “Fai bei sogni”. E in effetti i bambini attraverso i sogni possono raccontare molto di loro.
Oggi si celebra proprio la Giornata mondiale dei sogni. “Fai bei sogni”, deve essere un vero incoraggiamento per i nostri bambini. “Quando dormiamo, il nostro cervello si trova a confronto con tutto ciò che lo ha stimolato, nutrito o turbato durante il giorno. E’ un po’ come se di notte, la nostra mente si prendesse la rivincita e ci mostrasse il mondo, le emozioni, le paure e i desideri da un’altra prospettiva, proponendoci una nuova visuale da cui rivedere ciò che abbiamo vissuto. Nei bambini, tutto questo accade in maniera ancora più potente”, dice Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta.
L’esperto dell’età evolutiva e ricercatore all’Università degli Studi di Milano sottolinea all’Ansa quanto per noi genitori sia importante capire i bambini. “Fai bei sogni” è un invito perché “i sogni ci aprono la porta verso il mondo interiore dei nostri piccoli”.
“Ci fanno capire quelle dinamiche che loro non riescono a descrivere a parole, ci raccontano desideri, fantasie, ma anche ansie e paure. I bambini del terzo millennio si trovano in una quotidianità piena di emergenze, dalle guerre al Covid fino alle minacce di un meteo impazzito, e spesso non riescono a rimettere in ordine tutti i pezzi di questo domino fuori controllo. Queste paure si manifestano nei sogni notturni causando a volte risvegli improvvisi, richieste di essere abbracciati e confortati”, spiega Pellai.
Dobbiamo chiedere ai bimbi di raccontarci quel che sognano: “Usare fantasia e immaginazione per rendere le loro notti più belle e più piene aiuta i bambini a sviluppare capacità fondamentali nella vita reale come la creatività, l’empatia, la consapevolezza di sé e il problem solving. Sognare, insomma, fa bene alla mente”.
Cinque consigli per far sognare e raccontare ai nostri figli:
1. Create il rito della nanna: aiutate i bambini ad avvicinarsi al momento del sonno con piccoli rituali, come la storia della buona notte, la ninna nanna e una piccola lampada vicino al letto. Si tratta di azioni ripetitive che contengono codici affettivi e servono a far sentire i piccoli tranquilli e protetti nel momento in cui si abbandonano al territorio del sonno.
2. Aiutate i bambini a immaginare ciò che sogneranno: raccontate i vostri sogni più belli o chiedete loro cosa vorrebbe immaginare. Fare questa attività nel tempo immediatamente precedente all’addormentamento aiuta il cervello a predisporsi a “buoni sogni”.
3. Tenete il diario dei ‘sogni belli’ e disegnate: chiedete ai vostri figli cosa hanno sognato e scrivetene un breve riassunto su un diario da tenere sempre sul comodino. Quando li addormentate alla sera, di tanto in tanto potete leggere queste storie per allontanare paure e incubi. Non solo: aiutateli a condividere questi contenuti con un disegno. Mettere le emozioni notturne su un foglio aiuta i vostri figli a condividere i loro stati emotivi e li rassicura sulla vostra presenza come custodi della notte. Questi gesti, poi, creano momenti di dialogo e condivisione sul tema.
4. Inventate nuovi finali per gli incubi: se al mattino i bambini vi raccontano un brutto sogno, proponete loro di immaginare come sarebbe andata a finire la vicenda, aiutandoli a costruirsi un finale positivo. Questo li tranquillizza e facilita il non ripetersi degli incubi.
5. Imparate a vedere che cosa si nasconde dietro i sogni: storie e immagini notturne celano sempre desideri, voglie e paure. Rimanere in contatto con tutto questo vi permette di supportare al meglio i vostri figli nella loro crescita.