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Alimenti contro la stipsi

Mar 20
Scritto da Annamaria avatar

Ne soffrono più le donne, si manifesta maggiormente in gravidanza e in menopausa. Si può però aiutarsi con l’alimentazione. Ecco quali alimenti mangiare contro la stipsi. Ne parla il professor Silvio Danese a Vanity Fair.

alimenti contro la stipsi

Il direttore della divisione di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano è anche professore ordinario di Gastroenterologia all’Università Vita-Salute San Raffaele. Il suo ultimo suo libro L’intestino e le sue diete, edito da Sonzogno, è stato scritto con la dottoressa Ambra Ciliberto, dietista sempre presso la divisione di Gastroenterologia dell’Ospedale San Raffaele. Nel volume elenca gli alimenti contro la stipsi.

I motivi per cui la stitichezza si manifesta sono:

  • Intestino pigro, ossia un colon che si contrae in maniera molto lenta. In questo caso, le parti di cibo che non vengono digerite si fermano per ore nell’ultimo tratto dell’intestino (il crasso), e lì diventano eccessivamente dure e difficili da evacuare.
  • Mancanza di sinergia tra gli sfinteri e i muscoli della pelvi, che si trovano nella parte finale dell’apparato digerente e hanno il compito di farci andare in bagno.
  • Presenza di entrambe le condizioni, oppure che si sia di fronte a un caso di sindrome del colon irritabile, un disturbo che si manifesta di solito con un dolore addominale, associato a stipsi o al suo contrario, ovvero la diarrea, e che migliora dopo l’evacuazione.

Danese sugli alimenti contro la stipsi dice: “Ecco, le principali raccomandazione dell’American Gastroenterology Association raccomandano i rimedi naturali, in particolari volti alla modifica delle abitudini alimentari e della dieta, come prima linea nella gestione della stipsi. Incrementare il contenuto di fibre solubili nella dieta è fondamentale, e deve essere sempre tenuto in considerazione”.

“Tra gli alimenti consigliati sui quali basare una dieta ad alto contenuto di fibre annoveriamo: cereali integrali, come avena, farro, orzo. E ancora legumi, frutta fresca, come pere, kiwi, prugne, fichi, mele (con la buccia) e arance, frutta secca, verdure a foglia verde, ortaggi. Questi accorgimenti alimentari devono essere sempre accompagnati da un adeguato intake di liquidi per mantenere una ricca idratazione, fondamentale per favorire le evacuazioni. Infine, i supplementi di fibre possono aiutare dopo la modifica della dieta e tra di essi, lo Psyllium si è dimostrato il più efficiente ed è, di conseguenza, quello maggiormente utilizzato”, aggiunge.

Il professore poi sottolinea anche: “Numerose ricerche hanno dimostrato come l’esercizio fisico possa effettivamente avere un impatto positivo sulla motilità intestinale”.

10 fake news sulle calorie

Mar 19
Scritto da Annamaria avatar

Quali sono le 10 fake news più diffuse sulle calorie. Le rivela a Vanity Fair Oaolo Bianchini. Consulente nutrizionale e nutraceutico di Salò e autore del Metodo Bianchini, basato sulla nutrizione consapevole, sottolinea come sia sbagliato affidarsi al semplice calcolo per stare tranquilli o dimagrire.

Bianchini smonta le 10 fake news sulle calorie, basandosi sui meccanismi della biochimica. “Leggere sull’etichetta di un cibo quante calorie contiene non ha alcun valore, poiché la caloria è stata introdotta nella scienza alimentare solo per praticità di calcolo, volendo equiparare l’energia chimica degli alimenti all’energia termica per poterla facilmente calcolare”, spiega. 

“Non bisogna più considerare le calorie in rapporto al cibo, perché questo significa paragonare l’essere umano ad un ‘forno’ che brucia gli alimenti. Le calorie esprimono una misurazione che considera le leggi della termodinamica e non hanno alcuna relazione all’interno degli organismi cellulari che seguono le leggi della biologia e chimica, per cui non devono essere in alcun modo applicate al metabolismo”, aggiunge.

Ecco le 10 fake news sulle calorie secondo Bianchini.

1.Le calorie sono l’unico parametro che conta – FALSO. “Pensare che il valore energetico di un alimento sia l’unico elemento rilevante è sbagliato. L’abitudine a selezionare cibi in base al loro contenuto calorico ci allontana dalla realtà biologica con la quale dovremmo stabilire la scelta di ciò che mangiamo. Il nostro corpo non è un “forno” e il cibo non viene semplicemente bruciato per produrre calore”.

2.Ridurre le calorie fa sempre dimagrire- FALSO. “Non basta tagliare le calorie per perdere peso. Il metabolismo e le risposte ormonali giocano un ruolo fondamentale nella gestione del peso corporeo. Le diete che si basano sul calcolo calorico sono fondate su una vecchia concezione della scienza alimentare, anziché su una logica biochimica. Perché ancora oggi si insegna alle persone a mangiare in funzione del potere calorico del cibo e non in funzione del potere biochimico del cibo stesso?”.

3.Tutti gli alimenti con lo stesso apporto calorico sono uguali – FALSO. “100 calorie di pasta non hanno lo stesso effetto di 100 calorie di prosciutto. Gli alimenti differiscono per composizione e interazione con il nostro organismo perché sono molecole completamente diverse, indipendentemente dalle calorie che hanno. Le reazioni biochimiche fanno parte di un complesso sistema che è il metabolismo e servono (oltre a mantenere costante la temperatura corporea) ad alimentare il sistema nervoso, a gestire tutti i processi vitali delle cellule, a fornire energia per la contrazione muscolare. Tutte queste funzioni vitali derivano dall’energia chimica contenuta in ogni molecola di cibo che noi ingeriamo e rappresenta il nostro unico, vero, vitale carburante. Per cui, l’uomo utilizza solo questa forma di energia per vivere, non l’energia termica che i cibi rilasciano bruciando”.

4.Le etichette caloriche ci dicono tutto – FALSO. “Leggere le calorie sull’etichetta non fornisce informazioni sugli effetti biologici e metabolici degli alimenti. Per stabilire quante calorie ha un alimento serve capire qual è il processo: lo si brucia in un apposito strumento chiamato calorimetro e il calore propagato dalla combustione rappresenta il suo valore calorico. Tale risultato non dice nulla sull’effetto biologico di un alimento all’interno del nostro organismo perché gli organismi pluricellulari non adottano reazioni di combustione che sono chiaramente e logicamente incompatibili con la vita stessa”.

5.Il corpo umano funziona secondo le leggi della termodinamica-FALSO. “Le calorie misurano energia termica, ma il corpo umano segue le leggi della biochimica e della fisiologia, non quelle di un calorimetro per cui non devono essere in alcun modo applicate al metabolismo”.

6.Gli alimenti vengono bruciati nel nostro corpo- FALSO. “Il cibo non viene bruciato, ma scomposto e trasformato attraverso reazioni chimiche per ottenere energia chimica utilizzabile dalle cellule. Le cellule utilizzano l’energia dei legami chimici dei nutrienti e questa energia è sfruttata in modo perfetto da proteine (ATPasi). Nessuna combustione avviene a livello cellulare”.

7.Più calorie = più energia per il corpo-FALSO. “Non tutte le calorie diventano energia utilizzabile. L’assimilazione e l’uso dei nutrienti dipendono da complessi meccanismi biologici”.

8.Le diete ipocaloriche sono sempre efficaci – FALSO. “Le diete basate solo sul calcolo calorico trascurano l’importanza degli effetti ormonali e biochimici degli alimenti, spesso portando a fallimenti. Nella scienza alimentare, leggere sull’etichetta quante calorie contiene quell’alimento, non ha alcun valore poiché la caloria è stata introdotta solo per praticità di calcolo volendo equiparare l’energia chimica degli alimenti all’energia termica per poterla facilmente calcolare”.  

9.La nutrizione è una scienza esatta basata sulle calorie – FALSO. “La nutrizione è una scienza complessa che coinvolge biochimica, fisiologia e ormoni. Ridurla a un semplice conteggio calorico è un errore. Un’alimentazione che sfrutta i principi biochimici dei cibi determina risposte ormonali ideali per creare condizioni ottimali per migliore il benessere, dimagrire e mantenere il peso forma”.

10.Gli alimenti non sono come i farmaci – FALSO. “Secondo le conoscenze biochimiche, è corretto considerare gli effetti biologici dei nutrienti con la stessa visione con la quale vengono studiati quelli dei farmaci. Gli alimenti influenzano il nostro organismo tanto quanto i farmaci. Dovremmo considerarli per i loro effetti biochimici e non per le calorie”.

Cosa dire a un bimbo in sovrappeso

Mar 16
Scritto da Annamaria avatar

Se nostro figlio mangia troppo cosa fare? Cosa dire a un bimbo in sovrappeso?  Il Gruppo di Studio Adolescenza della Società Italiana di Pediatri, coordinato da Vita Cupertino e Rita Tanas, ha realizzato una guida per supportare le famiglie nel dialogo con i bambini e i ragazzi in sovrappeso tra i 4 e i 14 anni.

cosa dire a un bimbo in sovrappeso

A volte è complicato capire cosa dire a un bimbo in sovrappeso, senza che si sente offeso o discriminato. Ecco perché è importante agire con empatia e delicatezza, tatto.

Ecco qui cosa dire a un bimbo in sovrappeso, alcuni dei consigli della guida SIP “Parlare di peso con tuo figlio”:

  • Evitare di deridere, anche se in modo affettuoso o giocoso, il bambino. Frasi come “Basta mangiare, non vedi che pancia hai?”, “Tra un po’ scoppi”, “Non stai più nei pantaloni” feriscono anche se in apparenza sembrano ben tollerate. 
  • Incentivare la comunicazione con frasi che stimolino l’adozione di sane abitudini (es. “Mi piace parlare con te a tavola, spegniamo la tv?”“Che bella passeggiata, mi fa stare meglio, anche a te?”, “Scegliamo insieme la merenda?”).
  • Essere uniti e coerenti. Decidete delle regole per condividere il momento dei pasti in modo sereno. Un’ottima abitudine è iniziare il pasto con delle verdure e, da bere, solo acqua. 
  • Iniziare la conversazione sul cibo gradualmente, in modo “naturale”, commentando una pubblicità in tv, mentre si fa la spesa o cucinando insieme. Valgono di più semplici scambi di opinione quotidiani che un “grande” discorso.
  • Coinvolgere i bambini nella conversazione, chiedendo loro cosa ne pensano, come vivono di fronte a certe esperienze con il cibo, li aiuta a esprimersi e a maturare nuove consapevolezze.
  • Non avere paura di parlare di peso, ma meglio focalizzarsi su “crescita”, “salute”, “benessere”. Se tuo figlio chiede informazioni sul suo peso o taglia, o su quella di qualcun altro, se dà della “balena”, del “ciccione” a qualcuno, è un’occasione per iniziare a parlare. 
  • Se pensi che tuo figlio sia preoccupato o imbarazzato per la sua corporatura, trova un momento tranquillo in cui, facendogli delle domande aperte (evitando quelle con risposte si/no) tipo “Cosa ne pensi di…?”, “Sei preoccupato…”?, spieghi che il valore di una persona non passa dal peso e che può contare su di te. L’importante è non spingerlo a parlare se non è a suo agio.
  • I bambini si devono sentire liberi di parlare e gli adulti non devono sempre avere una risposta, si può anche dire “Non lo so proviamo a leggere, parliamone con il pediatra”.
  • Se l’eccesso ponderale è un problema famigliare, evita di parlare di diete e di malattie legate all’eccesso di peso e sii di buon esempio

Disturbi alimentari: nello sport colpiscono il doppio

Mar 14
Scritto da Annamaria avatar

Dobbiamo stare sempre all’erta con i nostri bambini. I disturbi alimentari, come già detto, sono in vertiginoso aumento tra i più piccoli, con sintomi sempre più in età precoce. Sappiate anche che nello sport colpiscono il doppio. Come sottolineato dai dati di Fondazione Maria Bianca Corno, che promuove la Settimana Lilla, che si conclude domani, 15 marzo, al primo posto c’è la bulimia, seguita dall’anoressia. A seguire il Binge Eating disorder e gli EDNOS, i disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati, tra cui la vigoressia e l’ortoressia.

disturbi alimentari nello sport colpiscono il doppio

Nello sport i disturbi alimentari colpiscono il doppio. Laura Dalla Ragione lo chiarisce al Corriere della Sera. la psichiatra e direttrice della Rete di servizi sui DNA dell’Usl Umbria 1 e del Campus Biomedico di Roma spiega: “Le performance sportive sono diventate un momento di difficoltà per tantissimi giovani. L’incidenza di DNA è appunto doppia a parità di età e genere, ci sono moltissime ricerche che lo confermano. Lo sport, che è una cosa meravigliosa, per alcuni può diventare un fattore di rischio di disturbi alimentari”.

“Nello sport (specie in alcune discipline) spesso il problema scatenante è l’obbligo di mantenersi entro un certo peso per poter accedere alle gare – precisa la specialista –. Ma spesso il ragazzo o la ragazza che fanno attività sportiva hanno fame e non riescono a trattenersi come vorrebbero, così, per mantenere il peso, usano metodi di compensazione propri della bulimia, come il vomito autoindotto, i lassativi, i diuretici. E la bulimia non è meno rischiosa per la salute: può portare a squilibri elettrolitici dovuti all’azione del vomitare più volte al giorno. Se si abbassa la quota di potassio nel corpo si può anche arrivare a un arresto cardiocircolatorio”.

E’ evidente che i disturbi alimentari nello sport colpiscono il doppio, ma quali sono le discipline più a rischio? “Danza, ginnastica artistica, pattinaggio. In generale le discipline dove bisogna mantenere un certo tipo di corpo, un certo tipo di peso”. 

“Il mondo della danza più di tutte le discipline è a rischio perché è fuori dal Coni, non ha una Federazione, quindi, non c’è alcun tipo di controllo o normativa. Nella danza è diffusa la cosiddetta “triade dell’atleta”: associazione di un disordine alimentare, di amenorrea e osteoporosi. C’è un’incidenza nelle ballerine professioniste del 30% circa. La perdita delle mestruazioni può determinare conseguenze, oltre che cliniche, anche psicologiche e l’impossibilità di raggiungere un peso ‘normale’ in adolescenza può comportare ripercussioni sull’accrescimento osseo”, aggiunge.

Fate attenzione e vigilate, se vi accorgete che qualcosa non va, intervenite immediatamente con i vostri figli.

Decalogo per sonno migliore

Mar 13
Scritto da Annamaria avatar

I bambini dormono poco e male e l’insonnia tra di loro aumenta a causa anche dell’uso dei dispositivi elettronici durante le ore serali. In occasione della Giornata Mondiale del Sonno 2025, che ricorre venerdì 14 marzo e ha come slogan “Fai della salute del sonno una priorità”, la Simri (Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili), affiliata alla Società Italiana di Pediatria, lancia un decalogo per sfatare i principali falsi miti e diffonde consigli per un sonno migliore.

“Gli studi confermano che il sonno è essenziale per il corretto sviluppo cerebrale, la memoria, la regolazione emotiva e il rafforzamento del sistema immunitario”, spiega la Simri. Eppure, sottolinea, “il 20-30% dei bambini sotto i due anni e il 15% dei bambini con più di 2 anni soffre di insonnia. Il 12% dei bambini in età prescolare russa abitualmente, un problema spesso sottovalutato. La privazione di sonno negli adolescenti è in aumento, spesso a causa dell’uso di dispositivi elettronici nelle ore serali. Solo il 15% dorme le 8-10 ore raccomandate”.

La mancanza di un riposo ottimali ha conseguenze pesanti: difficoltà di concentrazione, irritabilità, calo delle prestazioni scolastiche, rischio di sovrappeso e, nel lungo periodo, problemi cardiovascolari e metabolici.

“Il sonno è un elemento fondamentale per la salute dei bambini e degli adolescenti, ma ancora troppo spesso viene sottovalutato. Con questa iniziativa vogliamo sensibilizzare genitori e operatori sanitari sull’importanza di un riposo adeguato, perché dormire bene significa crescere meglio”, afferma la presidente Simri Stefania La Grutta.

“Sfatare i falsi miti sul sonno è essenziale per migliorare le abitudini e la qualità del riposo. Troppo spesso credenze errate portano a comportamenti che penalizzano il benessere dei bambini. Il nostro obiettivo è fornire informazioni chiare e basate sulle evidenze scientifiche”, aggiunge Luana Nosetti, responsabile dei Corsi di Formazione Teorico-Pratici sui Disturbi Respiratori del sonno della Simri.

Il decalogo per un sonno migliore è necessario sfatare i falsi miti sul sonno.

“Se recupero nel weekend, posso dormire poco in settimana” → Falso! Il debito di sonno non si annulla dormendo di più nei fine settimana. Il corpo ha bisogno di un ritmo costante.

“Il russare nei bambini è solo un fastidio” → Falso! Russare più di tre volte a settimana per almeno tre mesi è una patologia da non sottovalutare. Può essere anche il segnale di apnee ostruttive del sonno, un disturbo che va monitorato perché può aumentare il rischio di malattie cardiache, comportamentali e di accrescimento.

“Gli adolescenti sono pigri se vanno a dormire tardi” → Falso! Il loro orologio biologico si sposta naturalmente in avanti, rendendo più difficile addormentarsi presto. Tuttavia, la scuola e gli impegni mattutini li costringono a dormire meno. La maggior parte dorme meno di 7 ore a notte accumulando debiti di ore di sonno.

“Usare il cellulare prima di dormire non incide sul sonno” → Falso! La luce blu riduce la produzione di melatonina e rende più difficile addormentarsi.

“Saltare il pisolino aiuta i bambini a dormire meglio di notte” → Falso! I bambini piccoli hanno bisogno di sonnellini per evitare stanchezza eccessiva ed eccitazione, che rendono più difficile l’addormentamento la sera.

“Mangiare cioccolato o bere bevande energetiche la sera non influisce sul sonno” → Falso! Caffeina ed energy drink possono rimanere in circolo per ore, disturbando il riposo notturno.

“Lasciare piangere un bambino lo abitua a dormire” → Falso! Il sonno sereno si costruisce con una routine rassicurante, non con il pianto prolungato.

“Se un bambino si sveglia spesso di notte, significa che ha già riposato abbastanza” → Falso! I risvegli notturni possono essere segno di problemi del sonno.

“Fare sport intenso prima di dormire aiuta il sonno” → Falso! L’attività fisica è utile, ma va evitata nelle 2-3 ore precedenti l’addormentamento perché accentua lo stato di veglia, la frequenza cardiaca e il livello degli ormoni dello stress.

“Un bambino che ha apnee nel sonno o ha dormito poco o male, il giorno dopo si addormenta a scuola” → Falso! Molti bambini, a differenza degli adulti o degli adolescenti, non si addormentano quando sono stanchi, ma diventano irritabili e iperattivi, e spesso vengono scambiati per bambini con problemi comportamentali.

Cinque regole d’oro per un sonno migliore.

1. Spegnere gli schermi almeno un’ora prima di dormire: la luce blu inibisce la produzione di melatonina, rendendo più difficile addormentarsi.

2. Andare a dormire e svegliarsi alla stessa ora ogni giorno, anche nei fine settimana: la regolarità aiuta il corpo a stabilizzare il ritmo circadiano.

3. Creare una routine serale rilassante: leggere un libro, abbassare le luci e favorire un ambiente tranquillo.

4. Ascoltare musica rilassante prima di dormire: melodie dolci e suoni naturali possono favorire il rilassamento.

5. Garantire un ambiente sicuro per il sonno dei neonati: il lettino deve essere privo di oggetti, avere un materasso rigido e il bambino deve dormire a pancia in su per ridurre il rischio di SIDS.

Le ore di sonno raccomandate secondo l’American Academy of Sleep Medicine

Fascia d’età Ore di sonno raccomandate al giorno

Neonati (0-3 mesi) 14-17 ore

Lattanti (4-12 mesi) 12-16 ore (inclusi i sonnellini)

Bambini (1-2 anni) 11-14 ore (inclusi i sonnellini)

Prescolari (3-5 anni) 10-13 ore (inclusi i sonnellini)

Scolari (6-12 anni) 9-12 ore

Adolescenti (13-18 anni) 8-10 ore

Il decalogo è utilissimo e ci aiuta ad agire opportunamente coi nostri figli affinché abbiano una qualità di vita più sana.

Alimenti che allungano la vita

Mar 07
Scritto da Annamaria avatar

Quali sono gli alimenti che allungano la vita? Uno studio a cui hanno partecipato i ricercatori dell’Università di Bologna, pubblicato sulla rivista Advances Nutrition, li elenca. Sono quelli che regalano maggiore longevità. Ed è bene conoscerli.

alimenti che allungano la vita

Come si legge sul Corriere della Sera, che riporta i risultati della ricerca, “una dieta molto ricca di noci, cereali integrali, frutta, verdura e pesce è fortemente associata a una riduzione della mortalità per tutte le cause”. Anche legumi e carni bianche aiutano. Questi sono tutti alimenti che allungano la vita.

Oltre agli alimenti che allungano la vita, ci sono anche quelli che l’accorciano. “L’assunzione frequente di carni rosse e lavorate e di bevande zuccherate è correlato a un aumento di mortalità: tali alimenti vanno dunque limitati al massimo, se si vuole vivere a lungo. Un consumo abbondante di zuccheri aggiunti, cereali raffinati e uova è risultato tendenzialmente correlato ad aumento della mortalità, seppure in misura poco significativa”.

“I nostri risultati confermano i benefici per la longevità associati all’aumento del consumo di noci, cereali integrali, frutta, verdura e pesce, tutti chiaramente associati a tassi di mortalità più bassi – spiegano i ricercatori –. Questi alimenti sono generalmente ricchi di nutrienti cruciali, tra cui vitamine, minerali, fibre alimentari e grassi sani, essenziali per ridurre al minimo l’infiammazione, migliorare la salute metabolica e prevenire malattie non trasmissibili come quelle cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e i tumori”.

Linee per la fotoprotezione in età pediatrica

Mar 06
Scritto da Annamaria avatar

La World Health Academy of Dermatology and Pediatrics (WHAD&P), associazione senza fine di lucro, ha riunito a Roma, presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi, un panel di esperti dermatologi e pediatri internazionali. Tutto per fare chiarezza sulla fotoprotezione pediatrica. Ha realizzato un documento condiviso:Linee di indirizzo per la fotoprotezione in età pediatrica. Questo, sulla base delle più recenti evidenze scientifiche, presenta un approccio globale, con gli stili di vita da seguire e i filtri da usare, per garantire efficacia e sicurezza.

linee per fotoprotezione in eta pediatrica
linee per fotoprotezione in eta pediatrica

Quali sono le linee di indirizzo per la fotoprotezione in età pediatrica? Noi genitori dovremmo conoscerle a fondo, per salvaguardare i nostri figli durante l’esposizione al sole.

Ecco qui di seguito le linee di indirizzo per la fotoprotezione in età pediatrica:

• L’esposizione al sole va considerata necessaria per la produzione di vitamina D. Una carenza di Vitamina D si riscontra in Italia e in Europa nel 40-50% della popolazione in età compresa fra 0 e 18 anni. La vitamina D necessaria viene prodotta per l’80% dalla pelle dopo esposizione al sole. L’introduzione con gli alimenti incide solo per il 20% e di questo solo il 40% risulta biodisponibile. Per una produzione ottimale di vitamina D è stato calcolato che sono sufficienti 15 minuti di esposizione al sole del viso e degli arti. Questo sia in estate, che in inverno, 2 o 3 volte alla settimana, non nelle ore centrali del giorno.

• L’incongrua esposizione al sole, specie in età pediatrica, è certamente responsabile non solo dell’invecchiamento cutaneo precoce, ma soprattutto di gravi danni alla salute quali l’insorgenza di carcinomi cutanei (causata dal danno solare cumulativo) e di melanoma cutaneo (causato da ustioni solari ripetute) in soggetti geneticamente predisposti.

  • Per prevenire i tumori cutanei (carcinomi e melanoma) occorre:

a) identificare i soggetti a maggiore rischio 

b)adottare adeguate misure di fotoprotezione finalizzate a prevenire le ustioni solari e limitare la quantità di raggi ultravioletti che raggiungono la pelle nel corso dell’intera vita

c) seguire una dieta ricca di alimenti contenenti antiossidanti (Vitamine C, E, A / Zinco, Selenio, Rame / Polifenoli e Flavonoidi / Carotenoidi / Probiotici).

• La fotoprotezione, specie in età pediatrica, è indispensabile e non può limitarsi alla semplice applicazione di creme solari. E’ una pratica articolata che richiede soprattutto misure protettive non farmacologiche e adeguati stili di vita. Per questo si accolgono le indicazioni contenute nel documento del Gruppo Fotoprotezione della FIMP, denominato COCCO.

• In merito alla potenziale tossicità dei filtri solari, si condividono le preoccupazioni espresse da numerosi e autorevoli autori e da associazioni pediatriche. Molti filtri organici (filtri chimici) contengono sostanze che possono essere assorbite dall’organismo. Producono danni alla salute umana (interferenza endocrina, stimolo della formazione di carcinomi, reazioni allergiche) e possono risultare nocive per l’ambiente marino.

Cautelativamente si consiglia di preferire sempre prodotti solari contenenti molecole inorganiche, soprattutto Ossido di Zinco, stabile e ad ampio spettro, ma non formulato in nanoparticelle o nebulizzato. Possibilmente associato a sostanze naturali con proprietà antiossidanti e immunostimolanti. Si auspica che le autorità sanitarie, italiane ed europee, possano bandire l’impiego delle molecole incriminate e più in generale possano considerare i filtri solari, similmente a quanto avviene negli USA, farmaci e non cosmetici.

• Prima dei 6 mesi di vita i bambini non dovrebbero essere esposti intenzionalmente al sole. Nel caso in cui l’esposizione, anche indiretta, sia inevitabile, si raccomanda di utilizzare indumenti protettivi ed eventualmente applicare creme solari con filtri inorganici.

• In generale, tutti i bambini, quando possibile, dovrebbero soggiornare al riparo dal sole.

• In caso di attività ricreative all’aperto, si dovrebbero utilizzate indumenti protettivi, preferibilmente di colore scuro (i colori scuri riparano più di quelli chiari, i tessuti asciutti più di quelli bagnati). E a trama fitta (denim, poliestere, cotone + poliestere). Meglio ancora indumenti tecnici (Ultraviolet Protection Factor – UPF). È necessario indossare sempre un cappello, meglio se a falde larghe per proteggere anche la parte posteriore del collo e delle orecchie, che resterebbero scoperte con i berretti con visiera. E, quando possibile e se il bambino è consenziente, usate occhiali da sole, perché anche gli occhi possono risentire negativamente dell’esposizione solare prolungata (CE UV 100% o 100 UV 400 nm).

• Quando non si è vestiti è necessario esporsi sempre con gradualità per lasciare alla pelle il tempo di produrre la melanina, che rappresenta una difesa naturale dai raggi solari.

• Evitare di esporsi nelle ore centrali del giorno (dalle 11 alle 16) e nelle altre ore della giornata, alternare esposizioni brevi a periodi di non esposizione.

• In alcune circostanze (attività ricreative all’aperto, soggiorno in spiaggia durante la stagione estiva ecc.), i filtri e gli schermi solari risultano necessari, specie per i bambini con carnagione molto chiara, per evitare le scottature e limitare la quantità di UV che penetrano nella pelle. In tal caso si raccomanda di preferire creme solari contenenti Ossido di Zinco. La quantità giusta è di 2 mg per cm² di superficie corporea (circa 10-15 ml per un bambino di 5 anni), da applicare 30 minuti prima dell’esposizione e da ripetere ogni due ore e dopo il bagno.

• Si raccomanda di evitare prodotti contenenti profumi, preferendo formulazioni resistenti all’acqua (water resistent).

• Se possibile, verificare che il prodotto sia biodegradabile e che il packaging sia eco- sostenibile.

• L’uso della crema solare non deve generare un falso senso di sicurezza. E così indurre ad aumentare i tempi di esposizione. L’arrossamento cutaneo e la sensazione di bruciore che lo accompagna sono i campanelli di allarme estremi. Annunciano che si è superato il limite di sopportazione della propria pelle in quelle condizioni ambientali.

• Alcune malattie dermatologiche (vitiligine, psoriasi, dermatite atopica ecc.) possono beneficiare della esposizione alla luce del sole o di emittenti artificiali. Per la elioterapia si rimanda a quanto indicato sopra. In merito alla fototerapia, consigliata solo dopo i 16 anni di età, si indicano come prioritarie la fototerapia selettiva con UVB-NB (UVB 311 nm. Il laser a eccimeri e UVA-1 355 nm per la vitiligine. UVB-NB e UVA-1 per tutte le altre patologie. La fotochemioterapia (PUVA) è considerata una procedura di secondo livello, da adottare solo in caso di mancato beneficio con le precedenti.

Filtri solari: rischi per bambini e donne in gravidanza

Mar 05
Scritto da Annamaria avatar

I filtri solari devono seguire linee di indirizzo. Ci sono rischi per bambini e donne in gravidanza. Dermatologi e Pediatri della WHAD&P fanno chiarezza sulla fotoprotezione pediatrica.

filtri solari rischi per bambini e donne in gravidanza

Si è molto discusso sui filtri solari e i possibili rischi per bambini e donne in gravidanza. In un panel a Roma gli esperti cercano di dissipare i dubbi. Il mondo dermatologico e pediatrico da tempo sta rivolgendo sempre maggiore attenzione al tema cruciale della fotoprotezione. L’esposizione alla luce solare ha indiscutibilmente effetti salutari per il nostro organismo (basti pensare alla produzione della vitamina D) e ciò anche nell’età pediatrica. Tuttavia, è fondamentale esporsi al sole in modo prudente, sia per gli adulti, ma soprattutto per i bambini, perché i danni provocati dal sole possono influire sulla loro salute da grandi. 

La radiazione ultravioletta è responsabile non solo di potenziali danni cutanei acuti, quali l’ustione solare e le fotodermatiti, ma anche e soprattutto di danni a lungo termine, come l’insorgenza di tumori cutanei e il photoaging. Il melanoma cutaneo, in particolare, sembra più facilmente correlato alle esposizioni intense e intermittenti che spesso causano ustioni solari, soprattutto a quelle avvenute nell’età pediatrica. 

I bambini, infatti, sono più suscettibili sia alle scottature solari, che ai danni a lungo termine, poiché le loro difese naturali sono meno efficienti, la pelle è più sottile e la melanina meno rappresentata. È stato calcolato che all’età di 20 anni ogni individuo ha ricevuto dal 40 al 50% del totale di radiazione ultravioletta raggiunto all’età di 60 anni. Ciò fa comprendere meglio quanto sia importante la fotoprotezione in età pediatrica, specie per i bambini di pelle più chiara.

La World Health Academy of Dermatology and Pediatrics (WHAD&P) ha riunito a Roma, presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi, un panel di esperti dermatologi e pediatri internazionali, per fare chiarezza sulla fotoprotezione pediatrica ed ha realizzato un documento condiviso “Linee di indirizzo per la fotoprotezione in età pediatrica”. Sulla base delle più recenti evidenze scientifiche, questo presenta un approccio globale, con gli stili di vita da seguire e i filtri da usare, per garantire efficacia e sicurezza.

Per una protezione corretta ed efficace e per prevenire i tumori cutanei (carcinomi e melanoma) occorre tenere presente alcuni punti cardine:

identificare i soggetti a maggiore rischio;

adottare adeguate misure di fotoprotezione finalizzate a prevenire le ustioni solari e limitare la quantità di raggi ultravioletti che raggiungono la pelle nel corso dell’intera vita;

seguire una dieta ricca di alimenti contenenti antiossidanti (Vitamine C, E, A / Zinco, Selenio, Rame / Polifenoli e Flavonoidi / Carotenoidi / Probiotici).

La fotoprotezione, specie in età pediatrica, è indispensabile e non può limitarsi alla semplice applicazione di creme solari, ma è una pratica articolata, che richiede soprattutto misure protettive non farmacologiche e adeguati stili di vita. 

Il panel di esperti condivide le preoccupazioni relative alla potenziale tossicità dei filtri solari, già espresse da numerosi e autorevoli autori e da associazioni pediatriche. Molti filtri organici (filtri chimici) contengono sostanze che possono essere assorbite dall’organismo, producendo danni alla salute umana (interferenza endocrina, stimolo della formazione di carcinomi, reazioni allergiche) e possono risultare nocive per l’ambiente marino. Ci sono rischi per bambnini e donne in gravidanza.

Cautelativamente si consiglia di preferire sempre prodotti solari contenenti molecole inorganiche, soprattutto Ossido di Zinco, stabile e ad ampio spettro, possibilmente non formulato in nanoparticelle o nebulizzato, possibilmente associato a sostanze naturali con proprietà antiossidanti e immunostimolanti. Si auspica che le autorità sanitarie, italiane ed europee, possano cautelativamente bandire l’impiego delle molecole incriminate e più in generale possano considerare i filtri solari, similmente a quanto avviene negli USA, farmaci e non cosmetici.

Prima dei 6 mesi di vita, i bambini non dovrebbero essere esposti intenzionalmente al sole. Nel caso in cui l’esposizione, anche indiretta, sia inevitabile, si raccomanda di utilizzare indumenti protettivi ed eventualmente applicare creme solari con filtri inorganici quali l’Ossido di Zinco. In generale tutti i bambini, quando possibile, dovrebbero soggiornare al riparo dal sole.

In caso di attività ricreative all’aperto, si dovrebbero utilizzate indumenti protettivi, preferibilmente di colore scuro (i colori scuri riparano più di quelli chiari, i tessuti asciutti più di quelli bagnati) e a trama fitta (denim, poliestere, cotone + poliestere), meglio ancora indumenti tecnici (Ultraviolet Protection Factor – UPF). È necessario indossare sempre un cappello, meglio se a falde larghe, per proteggere anche la parte posteriore del collo e delle orecchie, che resterebbero scoperte con i berretti con visiera e, quando possibile e se il bambino è consenziente, usare occhiali da sole, perché anche gli occhi possono risentire negativamente dell’esposizione solare prolungata (CE UV 100% o 100 UV 400 nm).  La WHAD&P accoglie le indicazioni contenute nel documento del Gruppo Fotoprotezione della FIMP, Federazione Italiana Medici Pediatri, denominato COCCO, che ribadisce queste misure di fotoprotezione. 

Quando non si è vestiti è necessario esporsi sempre con gradualità per lasciare alla pelle il tempo di produrre la melanina, che rappresenta una difesa naturale dai raggi solari; evitare di esporsi nelle ore centrali del giorno (dalle 11 alle 16) e nelle altre ore della giornata e alternare esposizioni brevi a periodi di non esposizione.

In alcune circostanze (attività ricreative all’aperto, soggiorno in spiaggia durante la stagione estiva ecc.), i filtri e gli schermi solari risultano necessari, specie per i bambini con carnagione molto chiara, per evitare le scottature e limitare la quantità di UV che penetrano nella pelle. In tal caso, si raccomanda di preferire creme solari contenenti Ossido di Zinco.  La quantità giusta è di 2 mg per cm² di superfice corporea (circa 10-15 ml per l’intero corpo di un bambino di 5 anni), da applicare 30 minuti prima dell’esposizione e da ripetere ogni due ore e dopo il bagno.  Si raccomanda di evitare prodotti contenenti profumi, preferendo formulazioni resistenti all’acqua (water resistent o very water resistent).

Se possibile, verificare che il prodotto sia biodegradabile e che il packaging sia eco-sostenibile. L’uso della crema solare non deve generare un falso senso di sicurezza e indurre ad aumentare i tempi di esposizione. L’arrossamento cutaneo e la sensazione di bruciore che lo accompagna sono i campanelli di allarme estremi, annunciano che si è superato il limite di sopportazione della propria pelle in quelle condizioni ambientali.

“Queste linee di indirizzo rappresentano il contributo che la WHAD&P intende offrire alla  comunità medico-scientifica affinché insieme si possano proporre linee guida comuni per una fotoprotezione efficace e sicura  nell’età pediatrica”, afferma il Prof. Fabio Arcangeli, Presidente WHAD&P. 

“Una recente indagine del Gruppo Fotoprotezione della FIMP ha evidenziato come la conoscenza in merito ai rischi dell’esposizione solare, dell’uso dei filtri solari e delle misure più adeguate per una fotoprotezione sicura sia ancora molto  approssimativa, sia fra i pediatri di famiglia, che fra le famiglie dei loro assistiti.  Per questo occorre intensificare l’opera di informazione e proporre campagne di sensibilizzazione rivolte soprattutto ai giovani, per evitare esposizioni incongrue alla luce solare e per evitare l’uso dei lettini abbronzanti”, aggiunge. 

“Dati recenti, provenienti da studi condotti negli Stati Uniti e in Australia, mostrano, infatti, una diminuzione di circa il 5% dei casi di melanoma tra le generazioni più giovani, come risultato dell’efficacia delle good practices di fotoprotezione attuate negli anni precedenti, rispetto ad un incremento di casi nella popolazione over 60, che non ha beneficiato di una adeguata fotoprotezione. È necessario, inoltre, che le istituzioni sanitarie italiane ed europee provvedano tempestivamente a bandire le sostanze incriminate e che, al pari di quanto avviene negli USA, considerino i filtri solari farmaci e non cosmetici, prevedendo così adeguati requisiti di sicurezza ed efficacia”, conclude.