Se rimanda i compiti
Se tuo figlio rimanda sempre i compiti da fare è perché ha scarsa autostima. Lo dice la dottoressa Fiona Yassin sulle pagine del Mirror.
Quante volte noi mamme (e anche i papà) ci arrabbiamo se nostro figlio rimanda i compiti? Questa situazione, però, potrebbe celare un malessere del bambino o del ragazzo. “I ragazzi, soprattutto durante l’adolescenza hanno meno autostima e di conseguenza, temendo di non essere in grado di concludere bene un compito o una sessione di studio, finiscono per evitarlo o ritardarlo il più possibile”, spiega l’esperta.
Le altre motivazione se rimanda i compiti sarebbero la scarsa motivazione allo studio, l’eccessiva pressione dei genitori e il voler pretendere troppo da loro stessi. “Non serve porre un’asticella troppo alta ai nostri figli, essere sempre molto critici e pretendere ogni giorno un voto più alto o risultati migliori da loro, perché questo potrebbe spingerli ad avere manie di perfezionismo”, dice la Yassin. “I ragazzi rischiano a questo punto di essere così demotivati da non dare importanza o priorità ai compiti”, precisa la dottoressa.
Se il problema fosse quello di autostima, è opportuno verificare quanto sia grave, e, nel caso, chiedere anche consiglio a un terapista. E’ sempre meglio agire che rimanere a guardare inerti.
Bambini: professioni più desiderate
Cosa vuoi fare da grande? È una domanda che ci accompagna spesso quando abbiamo a che fare con i bambini. Anche a noi, quando eravamo piccoli, zii, nonni, amici lo hanno chiesto. Le professioni più desiderate dai pargoli le ha tirate fuori uno studio di un’azienda inglese.
Nel 2000 le professioni più desiderate dai bambini erano il veterinario, l’avvocato, il poliziotto, il medico. Con l’era digitale è cambiato tutto, come svela la ricerca di BT Group che ha svolto un’indagine tra adolescenti e preadolescenti. La forbice è compresa tra gli 11 e i 17 anni.
Quali sono quindi le professioni più desiderate tra i bambini oggi? Quattro dei dieci lavori più desiderati dai ragazzi e dalle ragazze appartengano al settore STEM (Science, Technology, Engineering e Mathematics). Per quel che riguarda i ragazzi nei primi tre posti ci sono: il progettista di videogame, lo sportivo e il software engineer. Per le ragazze, invece, l’infermiera (prima), la stilista e l’avvocato.
Fanpage pubblica una top ten sia maschile che femminile che mette a confronto le professioni scelte nel 2000 e quelle di oggi, 2024.
Top Ten maschile 2000 vs 2024
1 – Business Manager (2000)/Progettista di videogame (2024)
2 – Informatico (2000)/ Sportivo (2024)
3 – Ingegnere (2000)/ Software Engineer (2024)
4 – Medico (2000)/ IT manager (2024)
5 – Sportivo (2000)/ Influencer (2024)
6 – Insegnante (2000)/ Costruttore (2024)
7 – Avvocato (2000)/ Data Scientist (2024)
8 – Meccanico per auto (2000)/ Medico (2024)
9 – Architetto (2000)/ Avvocato (2024)
10 – Poliziotto (2000)/ Architetto (2024)
Top Ten femminile 2000 vs 2024
1 – Insegnante (2000)/ Infermiera (2024)
2 – Medico (2000)/ Stilista (2024)
3 – Avvocato (2000)/ Avvocato (2024)
4 – Psicologa (2000)/ Influencer (2024)
5 – Infermiera o ostetrica (2000)/ Progettista di videogiochi (2024)
6 – Dirigente d’azienda (2000)/ Estetista/parrucchiere (2024)
7 – Veterinaria (2000)/ Medico (2024)
8 – Scrittrice/Giornalista (2000)/ Social media manager (2024)
9 – Segretaria (2000)/ Sportiva (2024)
10 – Parrucchiera (2000)/ Software Engineer (2024)
Allergie e intolleranze alimentari: cosa fare a scuola
Non è facile per i genitori che hanno bambini con allergie e intolleranze alimentari, soprattutto a scuola. E’ importante capire cosa fare per evitare le contaminazioni quando un piccolo va alla mensa scolastica.
Sulle allergie e intolleranze alimentari dei bambini e cosa fare a scuola sono utilissime le parole del dottor Alessandsro Fiocchi.
Il Responsabile di Allergologia Ospedale Pediatrico Bambino Gesù al Fatto Quotidiano spiega: “Esistono due tipi di intolleranze alimentari. Una è la celiachia, o intolleranza al glutine, che può colpire i bambini. L’altra è l’intolleranza al lattosio che invece non colpisce mai i bambini. Tutto il resto rientra nei casi delle allergie alimentari”
“Nei bambini tra i tre e sei anni l’allergia più diffusa è nei confronti della frutta secca a guscio, al latte, grano e alle uova. Dopo i sei anni, è più frequente alle arachidi e alla frutta fresca – continua Fiocchi –. Tra la frutta fresca, la più frequente è quella per il kiwi e si manifesta nei bambini che presentano un’altra allergia, quella ai pollini. Questo perché le molecole dei pollini sono identiche a quelle che ci sono nella frutta fresca. In questo caso si parla di ‘allergia ‘crociata’”.
“Esiste un solo test per evidenziare le intolleranze ed è quello per la celiachia e si basa sui risultati degli esami sierologici. Per quanto riguarda i test per le allergie, purtroppo ne vedo proposti in farmacia o consigliati dagli stessi medici, ma molti di questi non hanno nessuna validità! – sottolinea con forza l’esperto –. Gli unici testi validi sono quelli di ‘sensibilizzazione in vivo’: misurano la presenza di anticorpi IgE per gli alimenti sulla pelle con prick test o patch test; i ‘test di sensibilizzazione in vitro’: misurano la presenza di anticorpi IgE per gli alimenti nel sangue con tecniche sempre più sofisticate. E infine, il test di reazione allergica vera e propria, detto ‘test di provocazione’: per sapere se un bambino è davvero allergico gli si fa mangiare l’alimento e la reazione deve essere osservata e misurata”.
Ma cosa fare a scuola con bambini che soffrono di allergie e intolleranze alimentari? “In accordo con il pediatra si presenta la situazione agli organismi scolastici che trasmetteranno alla mensa i cibi da eliminare dal menù del bambino – precisa Fiocchi -. I menù sono ormai ben stilati dai nutrizionisti che valutano le alternative nutrizionali più idonee. I problemi principali ci possono essere nei bambini allergici a più cibi come latte, pesce, carne stessa in cui c’è il rischio di carenze proteiche o anche di calcio”.
“Il rischio di mangiare o anche inalare un cibo di cui il bambino è allergico o intollerante può provenire da un alimento che sta mangiando un suo compagno di scuola o anche, perché succede anche questo, per uno scherzo stupido di un altro bambino. Non è nemmeno da sottovalutare l’uso di materiali come farine di frumento o cereali per creare un tipo di ‘plastilina’ per fare dei lavoretti, specie nella scuola materna. Un bambino allergico a questi ingredienti potrebbe ingerirli casualmente”, dice ancora il medico.
“In caso di ingestione accidentale di un alimento ‘incriminato’, la scuola deve avere il piano terapeutico che i genitori hanno indicato a insegnanti e servizi scolastici per intervenire alla comparsa dei sintomi o prima di essi. In questi casi si ricorre a uso di adrenalina”, chiarisce il quotidiano.
Il decalogo per prevenire le allergie
1. No al fumo.
2. Dieta mediterranea, varia e sana.
3. Allattamento materno esclusivo.
4. I probiotici nella madre e nel bambino potrebbero essere utili per prevenire le allergie.
5. Omega-3 per la mamma in allattamento.
6. Alimentazione complementare (divezzamento) a 6 mesi, secondo raccomandazioni Oms.
7. Introduzione dell’uovo a 6 mesi, all’inizio dello svezzamento, e alimenti a base di arachidi prima dell’anno.
8. Utilizzo di emollienti cutanei che favoriscono il mantenimento dell’integrità della barriera cutanea.
9. Riduzione degli stress: promozione delle attività di svago e sportive della coppia genitoriale, consigli logistici per un’efficiente e appagante vita domestica, e attenzione al rispetto del sonno quotidiano.
10. I bambini che vivono in zone rurali (o vicino a una fattoria) sembrano essere meno allergici rispetto ai bambini che vivono in città.
Ansia da separazione
L’ansia da separazione, che potrebbe manifestarsi nei vostri figli proprio ora con il ritorno a scuola, in realtà compare intorno agli otto mesi di vita del bebè, si intensifica introno ai 13-18 mesi di vita per poi ridursi progressivamente tra i 3 e i 5 anni.
L’ansia da separazione è “la reazione di spavento e di protesta che il bambino manifesta quando le sue principali figure di accudimento, specie la madre, si allontanano da lui o quando è in presenza di figure non familiari”. Lo spiega la psicologa e psicoterapeuta Valentina Nappo.
“Si tratta di un’importante e normale fase dello sviluppo sia intellettivo sia sociale del bambino, che testimonia come egli abbia imparato a riconoscere chi si occupa di lui, come abbia stabilito con il caregiver (colui che dà cure) un legame di attaccamento e come percepisca in sua assenza un pericolo”, chiarisce ancora la dottoressa.
I genitori davanti a un pianto disperato del proprio figlio e alle sue continue richieste difficilmente rimangono indifferenti. Ma non devono farsi sopraffare dall’ansia da separazione del piccolo. Parlandogli, con dolcezza e fermezza al tempo stesso, devono cercare di fargli acquisire nuove abitudini, cercando di superare brillantemente questa fase della crescita.
Se questi problemi perdurano, oltre l’età consentita, si parla di disturbo di ansia da separazione, in questo caso è richiesto l’intervento di uno specialista.
Sepsi neonatale causa 800mila decessi l’anno
Sono dati che fanno male: la sepsi neonatale causa circa 800mila decessi l’anno. La sepsi è una condizione potenzialmente letale caratterizzata da una risposta infiammatoria sistemica causata da un’infezione. Può rapidamente evolvere in disfunzione multiorgano e morte. Colpisce circa 49 milioni di persone, con 11 milioni di decessi all’anno a livello mondiale, portando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a identificarla come una priorità sanitaria globale. Ogni anno, il 13 settembre, si celebra la Giornata Mondiale contro la sepsi (World Sepsis Day), con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gravità di questa patologia, spesso poco conosciuta.
La mortalità da sepsi è spesso legata a misure di prevenzione delle infezioni inadeguate, diagnosi tardiva e gestione clinica inappropriata. Il periodo neonatale presenta il rischio di sepsi più alto nell’arco della vita. E, di conseguenza, comporta un enorme carico medico, sociale ed economico a livello globale. Questa condizione, comunemente definita da una coltura microbica positiva in un paziente sintomatico, rimane una sfida considerevole a livello globale e, insieme alla nascita pretermine, è responsabile del maggior numero di decessi nel primo mese di vita. Ogni anno si stima che ci siano tra 3,9 e 5 milioni di casi di sepsi neonatale a livello globale. Causa circa 800mila decessi l’anno, a seconda dello studio. Tuttavia, le stime globali dell’incidenza e della mortalità sono spesso incerte a causa della mancanza di dati accurati e di sistemi di sorveglianza robusti, specialmente nei paesi a basso e medio reddito.
Anche se la sopravvivenza dei neonati pretermine e/o di basso peso alla nascita è nettamente migliorata nel tempo, questa popolazione necessita spesso di cure ospedaliere. Questo li espone a nuovi rischi infettivi sotto forma di infezioni acquisite in ospedale (hospital-acquired infections HAI). Infatti, un recente studio di coorte ha evidenziato che tra la popolazione neonatale ospedalizzata i tassi di sepsi sono più di sette volte superiori. Nelle unità di Terapia Intensiva Neonatale, più della metà delle HAI risultano essere sepsi acquisite in ambito ospedaliero (hospital-acquired sepsis HAS) responsabili di un aumento della mortalità del 5.5% nei neonati ospedalizzati affetti rispetto ai neonati con le stesse caratteristiche ma senza HAS.
Inoltre, la sepsi causata dalle cure sanitarie è associata a una degenza ospedaliera più lunga e a tassi di resistenza antimicrobica più elevati rispetto alla sepsi acquisita in comunità. Più della metà di tutti i casi di HAS sono, tuttavia, prevenibili attraverso misure appropriate di prevenzione e controllo delle infezioni.
In base al timing dell’infezione, la sepsi neonatale è stata classificata in sepsi ad esordio precoce (EOS – con esordio nelle prime 72 ore dalla nascita) e sepsi ad esordio tardivo (LOS – con esordio dopo i primi 3 giorni dalla nascita). Questa classificazione implica differenze nella modalità di trasmissione prevista e nei microrganismi patogeni predominanti. L’EOS è generalmente causata da trasmissione verticale dalle madri ai neonati durante il periodo intrapartum. Mentre la LOS è causata da trasmissione orizzontale postnatale, principalmente da microrganismi acquisiti dopo la nascita. Una recente revisione sistematica e metanalisi degli studi epidemiologici sulla sepsi neonatale ha riportato che la EOS è 2,6 volte più comune della LOS.
L’incidenza delle due forme di sepsi neonatale varia ampiamente tra diverse aree geografiche e gruppi di popolazione. Nei paesi sviluppati, l’incidenza della EOS è stimata intorno a 0,5-1 casi per 1.000 nati vivi e fino a 13.5 per 1.000 nati tra i pretermine, mentre la LOS, più comune tra i neonati ricoverati in UTIN, presenta tassi che possono superare gli 88 casi per 1.000 neonati ad alto rischio. Nei paesi a basso e medio reddito, l’incidenza è significativamente più elevata a causa di fattori come l’alta prevalenza di nascite pretermine, condizioni igieniche inadeguate e limitato accesso a cure prenatali e perinatali di qualità.
L’eziologia della sepsi neonatale è cambiata negli ultimi decenni a causa dell’aumento della resistenza antimicrobica, della disponibilità di tecnologie per diagnosticare le infezioni e guidare il trattamento e dell’utilizzo di dispositivi sanitari invasivi che aumentano il rischio di infezioni associate all’assistenza sanitaria. La sepsi neonatale causata da batteri Gram-negativi resistenti agli antibiotici è responsabile di circa il 30% dei decessi neonatali dovuti a sepsi.
La prognosi dipende dal riconoscimento precoce e dal trattamento appropriato, sebbene i segni e i sintomi siano spesso aspecifici e possano sovrapporsi a quelli di altre condizioni gravi. La prevenzione della sepsi neonatale si concentra principalmente sull’implementazione di misure efficaci di controllo delle infezioni e sulla gestione appropriata delle cure prenatali e perinatali. La prevenzione della EOS include lo screening materno per lo Streptococco di gruppo B durante la gravidanza e la somministrazione di antibiotici profilattici alle donne a rischio durante il parto.
Le misure preventive contro la LOS includono pratiche igieniche rigorose, la gestione sicura dei dispositivi invasivi e la promozione dell’allattamento al seno, che può fornire immunità passiva contro molte infezioni. Una componente critica della prevenzione è anche il miglioramento della formazione del personale sanitario nelle unità neonatali, insieme all’implementazione di protocolli standardizzati di controllo delle infezioni.
Nonostante i progressi nella gestione e prevenzione, la sepsi neonatale rimane una sfida significativa. Le limitazioni nella diagnosi rapida, l’aumento della resistenza antimicrobica e la carenza di dati epidemiologici accurati continuano a ostacolare gli sforzi globali per ridurre l’incidenza e la mortalità. L’adozione di nuove tecnologie diagnostiche, l’investimento in ricerca per nuovi trattamenti e vaccini e il miglioramento dei sistemi di sorveglianza sono essenziali per affrontare questa sfida.
Dopo le vacanze chili in più
Dopo le vacanze la maggior parte di noi ha dei chili in più. E anche qualche disturbo intestinale. Gli specialisti della Commissione Nutrizione dell’Aigo, Associazione italiana gastroenterologi ed endoscopisti digestivi ospedalieri, dà alcuni consigli per il recupero di forma fisica, energia e benessere.
Perché chili in più dopo le vacanze? “Le cause dell’aumento di peso – spiegano gli esperti Aigo – vanno ricercate principalmente nelle condotte alimentari qualitativamente e quantitativamente meno controllate, in particolare in occasioni sociali e conviviali”.
“Gli studi dimostrano che durante le vacanze è frequente l’aumento del consumo di carboidrati, di grassi saturi, di cibi processati e ultra-processati e di alcol e una ridotta assunzione di fibre. I pasti sono inoltre più disordinati a causa di orari giornalieri meno strutturati e della frequente alterazione del ritmo sonno veglia. Gli effetti metabolici di uno stile di vita scorretto in periodi intermittenti, come durante le vacanze, sono stati oggetto di recenti studi americani condotti su giovani adulti. I risultati dimostrano che lo scarso controllo della dieta è associato ad una alterazione sia degli ormoni che regolano il metabolismo dei carboidrati che delle transaminasi”, chiariscono.
Con i chili in più dopo le vacanze “evitare le diete spontanee e autogestite saltando i pasti o imponendosi eccessive restrizioni caloriche. Sono spesso inefficaci per la riduzione del peso e rischiose per la salute. Essendo squilibrate favoriscono i deficit nutrizionali. Inoltre, causando stress, sono destinate alla interruzione precoce con rapido recupero dell’eccesso di peso”, si raccomandano i medici.
E’ necessaria una dieta sana: “Una dieta sana è quella dotata di proprietà antinfiammatorie per la mucosa intestinale, basata sul consumo di cibi freschi. Ed è ricca di fibre derivate da frutta e verdura di stagione, di cereali integrali, legumi, semi e frutta secca. Senza dimenticare che è fondamentale un’abbondante idratazione,. Almeno 1,5 litri di acqua al giorno”. E sugli integratori sottolineano: “Prima di utilizzare qualsiasi integratore alimentare è quindi necessario chiedere consiglio al medico curante. Per stabilirne l’appropriatezza e a indirizzarne la scelta”.
Ritorno a scuola: consigli
Ci siamo, mancano solo pochi giorni al ritorno a scuola dei nostri figli. I consigli per una gestione corretta dei bambini sono sempre utili. Li regala il pediatra Italo Farnetani.
Il professore ordinario di Pediatria dell’università Ludes-United Campus of Malta non è per le sgobbate dell’ultima ora. Non hanno senso. “I ragazzi ben presto si troveranno di nuovo fra i banchi, con temperature tutto sommato ancora elevate, saranno accolti in certi casi nelle cosiddette ‘classi pollaio’, ad alto affollamento. Tutti elementi che non aiutano a concentrarsi nell’apprendimento”, dice all’Adnkronos Salute anticipando i suoi consigli per il ritorno a scuola.
“Il consiglio è di non anticipare la necessità di concentrarsi sullo studio e quindi di non ricreare situazioni simili alle ore d’aula fino al giorno prima del rientro a scuola”, sottolinea il medico, facendo così un appello ai genitori, spesso troppo esigenti
“Al contrario – evidenzia ancora l’esperto – è più strategico investire questo tempo facendo qualcosa che possa essere utile alla salute dei ragazzi: piscina il più possibile. Oppure se i genitori o i nonni sono liberi, gita al mare o in luoghi freschi come quelli appenninici o alpini. Se una volta i giorni di settembre erano per colmare eventuali lacune, oggi con il cambiamento climatico, e visto che non possiamo rimandare a ottobre il rientro a scuola, almeno i genitori ritardino l’impatto con le fatiche scolastiche. E alleggeriscano il dato negativo sulla salute e sulla capacità di apprendimento. Far studiare i bambini con alte temperature è infatti dannoso, anche nell’approccio che poi avranno con l’apprendimento”. Rifettete sui consigli di Farnetani per il ritorno a scuola e, magari, metteteli in pratica.
Integratori inutili per aiuto ripresa scuola
Gli integratori sono inutili per l’aiuto della ripresa della scuola. Lo dicono gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità. “Non ci sono ragioni scientifiche per fornire integratori o vitamine per la memoria agli studenti”, sottolineano, come riporta l’Ansa.
I bambini devono avere una dieta bilanciata, adatta alle loro esigenze in cui ci sia tutto, a meno di allergie o intolleranze. Ma gli integratori sono inutili per aiuto per la ripresa della scuola. “Gli integratori per i bambini e gli adolescenti non hanno nessuna indicazione, a meno che non servano per integrare carenze di nutrienti dovute ad esclusioni per allergie o intolleranze alimentari”, fanno sapere dall’ISS.
Sull’alimentazione i medici precisano: “Dei tre pasti della giornata, la colazione è il più importante, perché interrompe il digiuno più lungo, quello notturno, e questo ha un impatto forte sul metabolismo. Nella composizione del primo pasto del giorno non dovrebbero mancare i carboidrati integrali, che rallentano l’assorbimento degli zuccheri. Quindi non merendine e i classici cornflakes, ma pane integrale o fette biscottate integrali”.
E’ opportuno ripristinare gli orari regolari dei pasti dopo le vacanze, dato che distanziare l’assunzione di cibo incide positivamente “sulla produzione degli ormoni che regolano i livelli di glicemia, fondamentali per la concentrazione e le attività scolastiche”, sottolinea l’ISS.
Il pranzo è il momento in cui bisogna abbondare un po’ di più con le porzioni, la cena deve essere più leggera. Ma mai saltare i pasti!. “Lo spuntino di metà mattina, o quello di metà pomeriggio, servono invece per spezzare il digiuno 2-3 ore dopo la colazione e 3-4 dopo il pranzo: sì a un frutto fresco di stagione, mentre andrebbero evitati cibi ultraprocessati ricchi di sale, zuccheri e grassi saturi”. Niente integratori, inutili per aiuto alla ripresa della scuola.