Ai può predire depressione post partum
Ai, l’intelligenza artificiale, può predire la depressione post partum. E’ quanto emerge da uno studio, una ricerca finanziata dal National Institutes of Health e pubblicata su Scientific Reports.
“I ricercatori hanno adattato un programma di intelligenza artificiale per identificare i segni del disturbo valutando brevi dichiarazioni narrative di pazienti che avevano partorito di recente. – si legge su Adnkronos – Il programma ha identificato con successo un’ampia percentuale di partecipanti che probabilmente avevano il disturbo. E, con ulteriori perfezionamenti, come i dettagli delle cartelle cliniche e i dati sull’esperienza di nascita di diverse popolazioni, il modello potrebbe potenzialmente identificare un’ampia percentuale delle categorie più a rischio”.
“Abbiamo raccolto le narrazioni del parto sotto forma di resoconti testuali aperti e non strutturati. Evidenziando l’esperienza personale e recente del parto di ciascun partecipante – spiegano i ricercatori –. Queste narrazioni sono state ottenute utilizzando una metodologia di ricordo libero. Alle partecipanti è stato chiesto di fornire un breve resoconto della loro recente esperienza di parto, concentrandosi specificamente sugli elementi più angoscianti, se presenti. Questa attenzione agli aspetti più dolorosi dell’esperienza della nascita è in linea con le procedure standard utilizzate nella ricerca dei traumi non post partum”.
“Successivamente, il modello è stato utilizzato per analizzare un diverso sottoinsieme di narrazioni.Per evidenziare il disturbo da stress post-traumatico. Nel complesso, il modello ha identificato correttamente le narrazioni delle partecipanti che probabilmente soffrivano di CB-PTSD. Questo perché avevano ottenuto punteggi elevati nel primo questionario effettuato”, spiega ancora l’agenzia stampa.
“Il nostro approccio unico – continuano i ricercatori -, basato su narrazioni del parto non strutturate, introduce un metodo di acquisizione dati innovativo e a misura di paziente. Questo può consentire l’identificazione precoce delle donne a rischio di CB-PTSD. Prima che altre strategie possano rilevare i sintomi di questa condizione. Inoltre, le donne che condividono le narrazioni delle loro esperienze di parto possono evitare problemi associati ai pregiudizi legati alla desiderabilità sociale nelle risposte al questionario. E la mancata segnalazione dei sintomi a causa della vergogna o della paura. Valutazioni preliminari basate su queste narrazioni possono identificare le donne ad alto rischio, facilitando un intervento medico tempestivo“.
“La dipendenza esclusiva del nostro modello dalle narrazioni del parto come fonte di dati – concludono i ricercatori – presenta un meccanismo efficiente per la raccolta dei dati durante la vulnerabile fase post partum. Aggirando così le potenziali insidie dell’utilizzo solo delle cartelle cliniche”.
Ai, l’intelligenza artificiale, può predire la depressione post partum e può quindi anche aiutare a curarla. La scoperta sembrerebbe davvero ottima e quasi sconvolgente.
Terapia cognitivo-comportamentale contro depressione post partum
Contro la depressione post partum sembrerebbe ottima la terapia cognitiva-comportamentale. E’ quanto emerge da uno studio condotto in Pakistan. I risultati sono stati pubblicati da Nature Medicine. La ricerca è stata finanziata dai National Institutes of Health americani . E’ stata guidata da Pamela Surkan, della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health.
La terapia cognitivo-comportamentale durante la gravidanza farebbe sì che le donne abbiamo forme di ansia e depressione sei settimane dopo il parto. Combatterebbe, quindi efficacemente contro la depressione post partum che travolge alcune mamme.
Lo studio, come riporta il Quotidiano Sanità, ha esaminato 755 donne in gravidanza con sintomi di ansia almeno lieve. A 375 sono state assegnate a ricevere le cure di routine per la gravidanza. A 380 un intervento basato sulla terapia cognitivo- comportamentale denominato Happy Mother-Healthy Baby. Questo in sei sessioni faceva sì che le donne imparassero a identificare pensieri e comportamenti ansiosi e a esercitarsi a sostituirli con pensieri e comportamenti positivi. Le valutazione dell’ansia e della depressione è stata effettuata sei settimane dopo il parto.
I risultati sono stati più che soddisfacenti. La terapia è fondamentale contro la depressione post partum. Solo il 9% delle donne nel gruppo di intervento ha sviluppato ansia da moderata a grave, rispetto al 27% delle donne nel gruppo delle cure di routine. Non solo: il 12% delle donne nel gruppo di intervento ha sviluppato depressione, a fronte del 41% delle donne nel gruppo con cure di routine. “Il legame tra salute materna e infantile evidenzia l’importanza fondamentale di utilizzare soluzioni efficaci per affrontare l’ansia e la depressione post partum”, conclude Surkan.
Depressione post partum: consigli
Vivere accanto a una mamma che soffre di depressione post partum è complicato. Spesso non si sa bene come comportarsi o cosa dire. Si ha sempre paura di aggravare ulteriormente la situazione. Fondazione Veronesi regala consigli utili.
La dottoressa Emi Bondi, presidente della Società italiana di Psichiatria (Sip), è chiara sui consigli per dare una mano a chi sta accanto a una donna che soffre di depressione post partum. Il primo è importante. “Bisogna essere molto attenti e osservare il benessere psichico della donna – raccomanda –, valutando se dorme abbastanza, qual è il suo livello di energia e se riesce a prendersi cura adeguatamente del bambino”.
Anche gli altri consigli non sono affatto da sottovalutare, anzi. Con chi soffre di depressione post partum, altrimenti di rischia di sbagliare: “Non c’è bisogno di chiederle in continuazione come sta o di metterla in discussione, soprattutto se è insicura. Bisogna invece rassicurarla e supportarla con molta delicatezza e presenza, offrendosi di aiutare concretamente a cambiare il bambino, a dargli da mangiare durante la notte, a dare sollievo alla mamma anche solo invitandola a prendersi il tempo per una doccia o una passeggiata”, spiega.
E ancora: “E’ altrettanto importante favorire i momenti di intimità della donna con il proprio bambino, durante l’allattamento ad esempio, lasciandole con fiducia la possibilità di essere rilassata e di prendersi il suo tempo, magari mentre il partner si occupa di eventuali altri figli o della casa”.
“E’ fondamentale che la neo mamma sia messa nelle condizioni di esternare le proprie difficoltà, per questo l’atteggiamento non deve mai essere giudicante, ma comprensivo. Sentirsi dire in tutta sincerità da un’altra donna che anche per lei è stata dura, potrebbe aiutare molto. Da evitare assolutamente frasi retoriche colme di giudizio come ‘Guarda che bel bambino, come si fa a non essere contenti?’, oppure ancora ‘Coraggio, tirati su’”, aggiunge ancora l’esperta. E conclude: “La depressione post partum è una patologia a tutti gli effetti, e come tale deve essere trattata”.
Depressione post partum anche per gli uomini
La depressione post partum non è solo un disturbo che riguarda le donne. Se ne può parlare anche per gli uomini. Secondo la dottoressa Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo, startup di psicologia online, anche i padri possono vivere un momento di vera e propria depressione dopo la nascita di un figlio.
“Gli equilibri cambiano per tutti . Adeguarsi al nuovo ruolo e alle nuove dinamiche familiari può essere estremamente complesso. Inoltre, mentre per la madre il contatto e il legame con il figlio in arrivo ha modo di consolidarsi durante tutto il periodo della gravidanza, per il padre questo rapporto si crea e si alimenta a partire dalla nascita in modo graduale”, spiega l’esperta a Elle.
La depressione post partum insorge entro i primi tre mesi dalla nascita del bambino, con un picco maggiore nelle prime sei settimane dopo il parto. Dura da sei mesi a due anni e colpisce dal 7 al 12% nelle neomamme. Anche per gli uomini può essere lo stesso.
Cosa la scatena? “Può accadere che il padre si senta escluso, tagliato fuori dal rapporto simbiotico che lega la madre al bambino nei mesi subito successivi alla nascita. Cambiamenti come la diminuzione dell’intimità e il calo dell’interesse sessuale possono comportare attriti e discussioni all’interno della coppia. Tutto questo può alimentare vissuti di sofferenza e di solitudine nel padre che può faticare a trovare una propria dimensione all’interno della nuova struttura familiare. Lo stress e le preoccupazioni che spesso accompagnano la nascita di un figlio, inoltre, possono contribuire all’insorgenza di un vero e proprio sentimento depressivo. E di forti vissuti di inadeguatezza dovuti, in molti casi, ad una scarsa consapevolezza degli inevitabili cambiamenti che richiederanno un riassetto del nucleo familiare”, chiarisce Fiorenza Perris.
“Chi non ha avuto modo di crescere con un modello paterno di riferimento coinvolto attivamente nell’educazione e nella gestione dei figli potrà fare più fatica a trovare una propria dimensione nel momento in cui diventa genitore. Il contesto sociale e culturale si è molto modificato negli ultimi anni, come pure le aspettative rispetto al ruolo di cura e supporto fattivo ed emotivo che il padre deve ricoprire all’interno della propria famiglia. Ciò ha dato luogo ad una trasformazione fondamentale e necessaria. Ma complessa da gestire in alcuni casi”, commenta la Clinical Director di Unobravo.
“Il contesto culturale in cui viviamo, purtroppo, ancora troppo spesso tende a non incoraggiare l’espressione emotiva degli uomini che sono ancora prigionieri di aspettative sociali legate al mito della mascolinità, della forza e dell’imperturbabilità. Un uomo non può sentirsi disorientato, triste, impaurito. Non può mostrarsi debole, insicuro o fragile. Questi pregiudizi devono essere superati. E arginati in ogni modo. Comportano ripercussioni tangibili sul benessere emotivo, incidendo sulla possibilità tanto di riconoscere i sintomi di una sofferenza psicologica quanto di chiedere, senza vergognarsene, il supporto dei propri cari o di un esperto”, continua la psicoterapeuta.
“La depressione post partum maschile può implicare vissuti di abbandono molto intensi che possono dare luogo a recriminazioni e rabbia nei confronti della propria compagna non più attenta come prima ai bisogni della coppia e meno responsiva e disponibile. L’uomo può sentirsi escluso e non indispensabile per il bambino. Questi vissuti possono comportare un progressivo distacco emotivo da entrambi e scontri che potrebbero incrinare la relazione con la madre e con il piccolo”, afferma la dottoressa.
“Spesso la sintomatologia tende ad attenuarsi con il consolidamento del nuovo assetto familiare. In ogni caso è essenziale che chi circonda il neo papà sia attento a cogliere i segnali del suo malessere psicologico. E lo incoraggi a chiedere il supporto di cui ha bisogno. Il sostegno di un esperto può essere determinante per mettere a fuoco paure, preoccupazioni e dinamiche disfunzionali. Questo per innescare cambiamento, ridurre i sintomi. E raggiungere un nuovo equilibrio”, conclude. Per gli uomini può essere un grave problema. Chiedete aiuto.
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