25 aprile spiegato ai bambini
Oggi è una giornata molto importante in Italia: il 25 aprile si celebra la Festa della Liberazione. Come va spiegato ai bambini in modo semplice e chiaro?
Il 25 aprile spiegato ai bambini senza concetti troppo elaborati, può regalare loro una visione di maggiore speranza nel futuro, guardando al passato, alla storia. E’ il giorno in cui ricordiamo quando, nel 1945, l’Italia ha liberato se stessa dal fascismo e dalla guerra. Da quel momento ha ripreso a vivere in libertà e pace. Senza più paura di vedersi negati diritti importanti e di non essere rispettati per le proprie idee contrarie a quelle del ‘regime’.
La ricorrenza del 25 aprile è basilare per chi vive nel Bel Paese, segno di civiltà, scevra dai colori politici. Va spiegato ai bambini che è come un grande abbraccio di libertà e di speranza per tutti noi. Racconta la grande vittoria ottenuta dalle tante persone che hanno lavorato e lottato per rendere il Paese un posto migliore e più giusto. E’ un momento per essere grati a chi ha lottato per noi e per capire che noi stessi possiamo fare del bene e rispettare gli altri. Tutto questo in pace.
Vaccini salvano vite
I vaccini salvano vite. Lo sottolinea a gran voce la SIP. Ogni minuto, da cinquant’anni, sei persone sono state salvate grazie a un vaccino. A ricordarlo è l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sottolineando che negli ultimi cinquant’anni i vaccini hanno salvato 154 milioni di vite. Nello stesso periodo la vaccinazione ha ridotto del 40% la mortalità infantile. Il solo vaccino contro il morbillo ha contribuito al 60% di queste vite salvate.
In occasione della Settimana Mondiale dell’Immunizzazione, promossa dall’OMS che si celebra dal 24 al 30 aprile, e della Settimana Europea delle Vaccinazioni (27 aprile – 3 maggio), la Società Italiana di Pediatria richiama l’attenzione sull’importanza di proteggere la salute in ogni fase della vita, ribadendo il ruolo chiave delle vaccinazioni per bambini, adolescenti e donne in gravidanza.
“Questa ricorrenza non è solo un’occasione per celebrare i successi della vaccinazione – afferma il Presidente della Società Italiana di Pediatria (SIP), Rino Agostiniani – ma anche per riflettere sulle sfide che ancora restano aperte anche nel nostro Paese, a partire dalle coperture insufficienti negli adolescenti e nelle donne in gravidanza, fino al preoccupante ritorno del morbillo. L’Italia ha gli strumenti per migliorare, ma servono più informazione e più fiducia”.
Nel nostro Paese, secondo i dati del Ministero della Salute, si osserva un leggero calo della maggior parte delle vaccinazioni raccomandate nei primi anni di età. Le coperture vaccinali per polio (usata come proxy per le vaccinazioni contenute nell’esavalente) e per il morbillo sono leggermente al di sotto della soglia del 95% raccomandata dall’OMS: 94,76% per la poliomielite e 94,64% per il morbillo (coorte 2021).
A preoccupare è soprattutto la ripresa del morbillo, con oltre 1.000 casi nel 2024 contro i contro i 44 dell’anno precedente e ben 227 casi nei primi tre mesi del 2025 (dati Istituto Superiore di Sanità). Il nostro Paese è il secondo più colpito in Europa dopo la Romania. E il 90% delle persone colpite non era vaccinata.
Ma le carenze più evidenti riguardano le vaccinazioni raccomandate nell’adolescenza. Quella della dose di richiamo contro il meningococco coniugato ACWY – che protegge da meningiti e sepsi potenzialmente gravi e permanenti – seppur in lieve miglioramento, nella coorte dei 16enni, raggiunge appena il 56,98% a livello nazionale. Ben lontano dall’obiettivo di copertura vaccinale ≥ 95%, previsto dal vigente Piano Nazionale Vaccini.
Tra le vaccinazioni più trascurate, l’anti-HPV (Papilloma Virus Umano) merita un’attenzione particolare. Il virus è responsabile di diverse forme di cancro: collo dell’utero, ano, pene, testa-collo (orofaringe), oltre a verruche genitali. E riguarda entrambi i sessi. I vaccini, non bisogna dimenticarlo, salvano vite.
Nel 2023, solo il 45,39% delle ragazze nate nel 2011 ha completato il ciclo vaccinale, mentre tra i coetanei maschi la percentuale scende al 39,35%. Nessuna Regione ha raggiunto l’obiettivo minimo del 95%, con picchi negativi come il Friuli-Venezia Giulia (12%) e la Sicilia (23%).
“E’ ancora troppo diffusa l’idea che l’HPV sia un problema solo femminile – continua Agostiniani –. Ma vaccinare anche i ragazzi è fondamentale, sia per la loro protezione diretta, sia per interrompere la circolazione del virus. Solo così possiamo ridurre davvero il carico di malattia”.
La gravidanza rappresenta un momento cruciale per la prevenzione. In questa fase, sono raccomandate alcune vaccinazioni fondamentali: dTpa (contro la pertosse), antinfluenzale, anti-Covid-19 e quella contro il virus respiratorio sinciziale, recentemente introdotta.
“Vaccinarsi in gravidanza significa offrire al neonato una protezione immediata, soprattutto nei primi mesi di vita, quando è più vulnerabile – afferma Rocco Russo, responsabile del Tavolo tecnico vaccinazioni della SIP –. Eppure, in Italia le coperture restano basse, a causa di paure infondate e informazioni poco chiare. Serve un lavoro coordinato tra ginecologi, ostetriche, pediatri e medici di medicina generale per superare queste resistenze e proteggere davvero i più piccoli”.
Anche prima del concepimento è importante agire in ottica preventiva. “Le donne in età fertile dovrebbero essere immunizzate contro morbillo, parotite, rosolia (MPR) e varicella, in quanto un’infezione contratta in gravidanza, specialmente nelle prime settimane, può comportare gravi rischi per non solo per il nascituro, ma anche per la stessa gestante. Dal momento che i vaccini MPR e contro la varicella sono controindicati in gravidanza, è fondamentale che la vaccinazione avvenga prima del concepimento, con due dosi somministrate almeno un mese prima dell’inizio della gravidanza”, conclude Russo. Tenetelo tutti a mente: i vaccini salvano vite, la vaccinazione è importantissima.
Adolescenti: allarme sedentarietà
In Italia l’allarme sedentarietà diventa sempre più alto: ben il 90% degli adolescenti tra gli 11 e i 15 anni non pratica alcuna attività sportiva quotidiana. Ci si avvilisce ancora di più se si pensa che meno del 10% di loro svolge almeno 60 minuti al giorno di attività fisica. Ricordiamo che ciò è altamente raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
L’allarme sedentarietà, come fa sapere l’Ansa, non c’è solo tra gli adolescenti: un bambino su cinque tra gli 8 e i 9 anni è, purtroppo, in sovrappeso. Uno su dieci è obeso. Tutti questi dati sono stati ampiamente evidenziati in occasione della Giornata Mondiale della Salute lo scorso 7 aprile, dalla Rete Italiana Città Sane – Oms. E’ ‘colpa’ della “mancata sensibilizzazione” e della “gestione disequilibrata dei servizi”, ma non solo anche delle mancanza di servizi nel nostro Paese.
“Oggi più che mai è importante ricordare che le abitudini sane si costruiscono nei luoghi della vita quotidiana”, spiega il presidente nazionale della Rete Italiana Città Sane Oms, Lamberto Bertolè. “Le città assumono un ruolo centrale nella sperimentazione di politiche integrate e nella promozione di relazioni efficaci e durature. I quartieri, le scuole e gli spazi pubblici sono infatti i primi presidi del benessere fisico e mentale”, aggiunge.
“Il nostro obiettivo è creare relazioni strutturate tra chi amministra i territori, chi li studia e chi li vive”, continua Bertolé. “I Comuni sono in prima linea nel costruire una società più sana, inclusiva e consapevole. Il benessere si costruisce nei territori, attraverso politiche intersettoriali e relazioni collaborative: solo così possiamo trasformare il principio ‘Health for All’ in realtà quotidiana”.
Gli adolescenti devono essere attivi. L’allarme sedentarietà è urgente, perché l’attività fisica e una dieta sana ed equilibrata servono a prevenire patologie gravi che possono sopraggiungere quando si è adulti. Bisogna scuotere questi ragazzi e pretendere una più equa distribuzione di servizi. Affinché tutti possano assicurare benessere ai propri figli.
Bambini: come accudire i cani
I bambini molto piccoli non sanno come accudire i loro cani, che fanno assolutamente parte della famiglia. Veruska Negri, istruttrice cinofila e coadiutrice del cane, dà qualche dritta.
L’esperta a Fanpage spiega come i bambini possono accudire i cani. Quali compiti possono dar loro mamma e papà riguardanti l’amico a quattro zampe. Certo, è importante che i grandi vigilino. Devono essere compiti strutturati anche in base all’età del piccolo e alla stazza dell’animale.
Come accudire i cani? “Il primo compito che possono assumere i bambini non appena iniziano a muovere i primi passi, tra il primo e il secondo anno di vita, è quello di rendersi disponibili per nutrirlo. I genitori, consapevoli che il proprio animale domestico non abbia atteggiamenti aggressivi o troppo possessivi in relazione al cibo, possono chiedere al bimbo di preparare la pappa insieme a loro e poi portarla nella ciotola dell’animale insieme. Se il cane invece tende ad essere molto geloso del suo cibo, il bimbo può osservare il genitore che gli spiega come nutrirlo”, dice la Negri.
L’istruttrice poi aggiunge: “Quando il bambino cresce e diventa adolescente, con molta probabilità sentirà l’animale più suo, quindi può portarlo a passeggio. In questo caso però bisogna valutare le capacità fisiche del ragazzo e la stazza e l’indole dell’animale. Un altro modo per prendersi cura del proprio animale, dopo che lo si conosce da tempo, piò essere mettere in guardia gli amici, se si tratta di un animale adottato che è spaventato dagli umani, può invitarli a non avvicinarsi per esempio oppure spostare l’animale in un altro luogo per giocare con i propri amici”.
Bambino: come evitare i capricci
Appena crescono capita che facciano i capricci. Il bambino a 18 mesi inizia ad affermare se stesso. Come evitare che diventino un problema per io genitori? Manuela Trinci, psicoterapeuta dell’età evolutiva, lo spiega sulle pagine del Corriere della Sera.
I capricci possono far impazzire i genitori, come evitare di trovarsi impreparati davanti a un bambino che piange, urla, tira calci è utilissimo. Spesso sono dovuti a frustrazione, altre volte si vuole comunicare un disagio.
“La scoperta del ‘no’ è un momento evolutivo importante della funzionalità del bambino – spiega Trinci –. I ‘no’ esistono, ma attenzione a non dirne troppi e soprattutto devono essere motivati. E’ necessario stabilire le regole e definire un perimetro di ciò che si può fare e al di là del quale non è possibile andare, devono essere spiegate con pazienza ed esempi che il bambino sia in grado di comprendere. Quando l’adulto nega qualcosa senza averne dato il motivo il bambino non capisce e resta disorientato”.
La psicoterapeuta dell’età evolutiva e Referente scientifico Ludobiblio, IRCCS Ospedale pediatrico Meyer, Firenze, chiarisce ancora. “I genitori devono prendere tutto il tempo necessario per spiegargli con calma perché non può farlo. Dedicare attenzione è un modo importante per aiutare i piccoli a crescere. Sgridare senza dare la motivazione è inutile e controproducente, il piccolo ha bisogno di essere accompagnato e la figura di attaccamento deve essere solida e credibile”, aggiunge.
“E’ importante trascorrere del tempo di qualità con i piccoli che si trovano a vivere una fase di disregolazione emotiva – informa l’esperta – quando scoppia un capriccio bisogna trovare un modo per fermarlo e tranquillizzarlo. Le cause che lo innescano sono le più varie: l’amichetto ha preso un gioco che ritiene sia suo e allora la strategia è accoglierlo tra le braccia, parlare con lui, tranquillizzarlo e fargli capire che lo comprendete, questi sono atteggiamenti positivi che riesce a capire”.
E ancora: “Non dire mai al bambino che non si ha tempo o cercare di allontanarlo perché così si otterrà esattamente il risultato opposto. A volte è sufficiente distrarlo proponendogli dei giochi diversi, dei colori con cui disegnare e dire anche sì ai piedi nella pozzanghera! Quando si capisce che deve sfogare la sua rabbia perché non riesce a fare qualcosa può essere utile dargli un cuscino da mordere e buttare per terra. Nel giro di poco tutto torna normale”.
“Una volta che il capriccio è terminato e il bambino si è calmato – continua Trinci – è importante tornare sull’event. E aiutare il bambino a ‘rileggere’ le emozioni. Aiutarlo a trovare un modo diverso di gestire le emozioni. E’ fondamentale che i genitori, i nonni e chi se ne prende cura gli diano la sensazione di sentirsi capito anche in questi momenti, dandogli l’idea che ‘ce la può fare’, mostrando pazienza durante le crisi di pianto e quelle, ancor più delicate, dell’iperattaccamento quando proprio non si riesce a distrarlo”.
Neonati: primi 1000 giorni di vita fondamentali
I primi 1000 giorni di vita dei neonati sono fondamentali. Bisogna investirci sopra per migliorare la salute futura di mamma e bimbo. Lo sottolinea a gran voce la SIN, Società Italiana di Neonatologia.
Migliorare la salute e la sopravvivenza materna e neonatale, “Healthy beginnings, hopeful futures”, è questo il tema scelto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la Giornata Mondiale della Salute 2025, che si celebra oggi, 7 aprile.
“Sono tante le evidenze scientifiche che confermano come ci sia un continuum, dal concepimento ai mille giorni (i primi due anni di vita), che condiziona la salute a lungo termine dell’essere umano. E’ proprio in questo periodo che si compiono le trasformazioni più grandi dell’intera vita”, afferma il Prof. Massimo Agosti.
Il presidente della SIN aggiunge: “E’ ampiamente dimostrato come il piccolo attui una comunicazione continua con la mamma sin dalle prime settimane di gestazione. Una vera e propria simbiosi fisica e relazionale, che si instaura fin dall’inizio della gravidanza. I primi nove mesi in utero e i successivi 24 dopo la nascita sono il periodo in cui si verificano i più grandi cambiamenti nella vita, sia in senso positivo sia in senso negativo”.
“In particolare – prosegue l’esperto – le malattie non trasmissibili da adulti trovano spesso la loro origine in stili di vita, abitudini ed errori in questa fase iniziale, ad esempio sovrappeso e obesità portano a diabete, ipertensione e malattie cardiovascolari. Ed è su questo periodo che dobbiamo investire per migliorare la salute futura del piccolo e della sua mamma. Per offrire le stesse opportunità di salute, indipendentemente da dove si partorisce e si nasce”.
Secondo le stime più recenti, ogni anno quasi 300.000 donne perdono la vita a causa di una gravidanza o di un parto. Oltre 2 milioni di bambini muoiono nel loro primo mese di vita e circa 2 milioni nascono morti. Si tratta di circa 1 morte evitabile ogni 7 secondi. Le morti materne e neonatali si verificano in tutto il mondo. La stragrande maggioranza, però, si concentra nei paesi più poveri e in quelli che affrontano conflitti e altre crisi. Più in particolare, sul versante neonatale, le complicanze legate alla prematurità sono oggi la principale causa di morte dei bambini sotto i 5 anni in tutto il mondo.
“Negli ultimi decenni in Italia abbiamo attraversato una rivoluzione nell’assistenza ai neonati, soprattutto i prematuri: accanto alla tecnologia, è ormai chiara l’importanza della presenza dei genitori. Come è sempre più evidente il ruolo dell’allattamento materno per tutti i neonati come principale strategia di prevenzione per la salute futura del piccolo”, continua il Presidente Agosti.
“Siamo impegnati sul campo tutti i giorni per migliorare la salute e il benessere dei neonati non solo nel nostro Paese, ma anche in regioni con risorse sanitarie limitate, come, ad esempio, in Africa occidentale, con il nostro gruppo di studio specifico di ‘Cure Neonatali nei Paesi a Risorse Limitate’. L’obiettivo principale è rafforzare i sistemi sanitari locali, garantendo continuità ai programmi di formazione e favorire l’accesso a cure neonatali essenziali, facendo leva su interventi a bassa tecnologia e bassi costi. Ma mantenendo l’ambizione di migliorare i livelli assistenziali. Allattamento materno, kangaroo care e vicinanza dei genitori si confermano interventi a costo zero e dall’elevatissimo risultato”.
E’ importantissimo investire il proprio tempo nei primi 1000 giorni di vita dei neonati. Sono fondamentali. L’allattamento materno e la vicinanza dei genitori sono la principale strategia di prevenzione per la salute futura del piccolo.
Genitori amici? Meglio di no
Oggi molti genitori vogliono essere amici dei figli. Secondo l’esperta è meglio di no. I ruoli devono essere rispettati. Altrimenti si rischia di fare danni.
Claudia Denti, dottoressa in Scienze dell’Educazione e fondatrice, insieme a Severino Cirillo, di Genitore Informato spiega il suo punto di vista a Vanity Fair. “Se da un lato i genitori oggi sentono di voler abbandonare le modalità rigide e poco adeguate di una volta, in favore di un’educazione più aperta e rispettosa dei figli, cosa di per sé molto positiva, finiscono molte volte per fare una gran confusione e per esagerare in senso opposto, arrivando spesso a porsi come amici dei propri figli, con tutto ciò che questo comporta”, precisa. Genitori amici, quindi, meglio di no.
“Prima di tutto, ponendosi da amici, vengono a mancare quei limiti e quelle regole di cui i bambini e i figli in generale hanno bisogno per crescere in modo sano. I confini chiari, così come le regole, non sono una limitazione alla libertà ma creano una struttura che offre sicurezza psicologica. Paradossalmente, sono proprio i limiti ad amplificare la libertà, quando usati bene. Studi nel campo della psicologia dello sviluppo dimostrano infatti che i bambini cresciuti senza confini tendono a manifestare maggiore ansia e insicurezza. Se stabilire limiti chiari è dunque un compito fondamentale dei genitori, ponendosi da amici diventa tutto molto più difficile se non impossibile visto che gli amici non danno regole”, aggiunge.
La Denti sottolinea: “I divieti sono importanti anche per sviluppare l’autoregolazione emotiva. Il rispetto dell’autorità genitoriale poi prepara al rispetto di altre autorità come gli insegnanti. I bambini che non riconoscono la gerarchia familiare faticano a integrarsi in contesti strutturati, mentre imparare la differenza tra ruoli è una competenza sociale fondamentale”.
Sindrome del bambino scosso: maltrattamento inconsapevole
La Sindrome del Bambino Scosso può portare a conseguenze gravissime per il neonato. E spesso, purtroppo, è un maltrattamento inconsapevole da parte del genitore o del cargiver.
Dal 5 al 7 aprile, tornano le Giornate Nazionali di Prevenzione con la campagna NON SCUOTERLO! promossa da Terre des Hommes, che coinvolgerà 70 città in 18 regioni italiane. Gli infopoint della campagna avranno il compito di sensibilizzare la popolazione sulla sindrome e sulla sua prevenzione.
La Shaken Baby Syndrome colpisce principalmente i bambini tra le 2 settimane e i 6 mesi di vita, periodo di massimo pianto per i neonati. In questo frangente, l’incapacità di gestire il pianto può portare il genitore o il caregiver a scuotere il bambino in maniera incontrollata. Questo con gravi conseguenze. In 1 caso su 4, il gesto può causare coma o morte. Ma anche in altri casi può compromettere irrimediabilmente il futuro del bambino, con danni cerebrali, problemi alla vista o all’udito, e disturbi comportamentali o motori.
Una “Prima indagine sui casi di bambini vittime di Shaken Baby Syndrome in Italia”, condotta da Terre des Hommes e dalla Rete Ospedaliera contro il Maltrattamento Infantile nel 2023, ha rivelato che molti dei bambini colpiti erano già stati portati in Pronto Soccorso, mostrando segni di maltrattamento.
“Come SIMEUP, siamo in prima linea da anni per sensibilizzare sul tema della Sindrome del Bambino Scosso. – spiega Stefania Zampogna. La presidente della Società Italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza Pediatrica aggiunge: “E’ fondamentale che genitori, caregiver e operatori sanitari riconoscano i segnali di rischio. E intervengano con consapevolezza”. Federica Giannotta, Responsabile Advocacy e Programmi Italia di Terre des Hommes, precisa: “La Sindrome del Bambino Scosso è spesso un maltrattamento inconsapevole, derivante dalla mancanza di informazione. Può essere facilmente evitata con una corretta formazione”.