Articoli taggati come ‘il bambino’

Voice shaming

Ott 23
Scritto da Annamaria avatar

Sette su dieci bambini con balbuzie sono vittime di voice shaming, lo mette nero su bianco un report dell’associazione Vivavoce. Sono oppressi da prese in giro feroci e vengono spesso isolati, considerati ‘diversi’. Ne escono con l’autostima fatta a brandelli e maggiori difficoltà comunicative.

voice shaming

Il voice shaming che I bambini balbuzienti subiscono è impietoso e devastante: derisi e discriminati, soprattutto a scuola. Questo al 61% il luogo dove il fenomeno accade maggiormente. Poi, col 34% si trovano i parchi e i centri sportivi. Tutti ambienti che dovrebbero proteggere e stimolare un piccolo o un adolescente, invece diventano il fulcro del massacro, in cui i commenti negativi si scatenano.

I bambini con balbuzie vengono derisi al 39% con imitazioni del loro modo di parlare. Il 22% rivela di essere semplicemente escluso dagli altri. Il 17% confessa che molti coetanei li prende in giro. “Le ripercussioni del voice shaming sui bambini possono essere gravi e profonde. Il report ha mostrato che il 31% delle giovani vittime di questo fenomeno ha sviluppato frequenti stati d’animo riconducibili a sentimenti di sconforto e tristezza, il 26% ha ammesso di vergognarsi per il proprio modo di parlare. Il 25% ha invece manifestato rabbia e frustrazione”, scrive Fanpage che riporta la notizia. Tutto questo può portare anche alla depressione.

Giovanni Muscarà, presidente di Vivavoce, sottolinea: “Per contrastare il voice shaming, è essenziale che genitori, educatori e insegnanti siano formati per riconoscere e affrontare le situazioni in cui si verifica. Solo con un lavoro di consapevolezza e una collaborazione tra scuola, famiglie e specialisti possiamo aiutare ogni bambino a sentirsi libero di esprimersi senza la paura di essere giudicato.”

L’associazione Vivavoce ha risposto a questa emergenza con una campagna di sensibilizzazione sui social, lanciando il video “Ogni voce ha la sua storia”. L’obiettivo è educare il pubblico a riconoscere e combattere gli stereotipi legati alla balbuzie. Questi bambini devono imparare a comunicare senza paura.

Prevenzione DCA nelle scuole

Ott 21
Scritto da Annamaria avatar

Oggi è stato presentato il documento con le linee guida per la prevenzione dei DCA, disturbi del comportamento alimentare, nelle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado e nelle università. Questo documento è stato redatto da Animenta e foodNet, si tratta di una proposta concreta in ambienti in cui gli interventi sono spesso assenti nonostante l’urgenza dei casi.

La prevenzione dei DCA nelle scuole è diventata di primaria importanza. Fino a un decennio fa si manifestava tra i 15 e i 19 anni. Ora l’età si è pericolosamente abbassata. Si parla di ‘baby anoressia’. E colpisce bambini tra gli 8 e gli 11 anni. La diagnosi precoce diventa così basilare durante l’infanzia e la preadolescenza per poter fare qualcosa subito.

Le linee guida per la prevenzione dei DCA nelle scuole sarebbero condotti da operatori formati. Insegnanti ed educatori avrebbero nelle loro mani strategie utili per poter immediatamente comprendere i segnali di comportamenti ‘strani’.

Generazione Magazine a tal proposito scrive: “Il concetto di prevenzione è collegato a quello di ‘Promozione della Salute’ definito dall’OMS, dunque ‘il dare alle persone i mezzi per diventare più padroni della propria salute e per migliorarla’. La scuola è tra i luoghi in cui sostenerla. E’ necessaria, per questo, la collaborazione tra il sistema scolastico e sanitario. Con la legge n.162 del 1990, il Ministero della Pubblica Istruzione si è impegnato nel sostegno dell’educazione alla salute e all’educazione alimentare nelle attività didattiche. Oggi, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, Animenta e FoodNet hanno presentato le linee guida adottabili dalle scuole per la prevenzione dei DCA”.

E ancora: “L’intento comune vede lo sviluppo di competenze trasversali per la protezione dei soggetti più vulnerabili. Promuovendo l’accettazione di sé e favorendo il riconoscimento di indicatori per interventi tempestivi nella cura dei DCA in ogni fase evolutiva grazie al continuo confronto con professionisti, verrebbero ridotti i costi della spesa sanitaria nazionale. Egarantiti gli esiti favorevoli delle terapie. I progetti di prevenzione presentati formeranno gli insegnanti tramite operatori specializzati”.

“Nelle scuole primarie, gli interventi avvengono in aula – spazio familiare – con la presenza di un osservatore garante dell’inclusione di ogni alunno. Le scuole secondarie di primo e secondo grado devono munire genitori e insegnanti degli strumenti idonei a percepire i corpi, spesso canali di espressione emotiva di ragazzi e ragazze. Con la peer education, i giovani diventano gli stessi ideatori dei progetti. Le università, invece, sono ottimali per trasmettere informazioni più dettagliate anche a chi, probabilmente, si ritroverà ad affrontarle professionalmente”, continua.

E conclude: “Data la complessità, i DCA vanno affrontati con cautela, evitando concetti stigmatizzanti come riferimenti a diete restrittive, calorie degli alimenti, peso e BMI, immagini di corpi impattanti, riferimenti alle ore di attività fisica per il consumo di determinate calorie. Il diritto alla salute passa anche attraverso la cura dei luoghi abitati dai corpi, come la scuola”.

Separazione dei genitori vista dai bambini

Ott 18
Scritto da Annamaria avatar

La separazione dei genitori per i piccoli può essere un vero trauma difficile da superare. Un libbro la racconta vista dai bambini. “Perché proprio a me?”. Questa è la domanda che molti bambini si fanno quando vivono la separazione dei genitori. E “Perché proprio a me?” è anche il titolo del libro presentato dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza al Maxxi – Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma. La racconta, appunto, vista dai bambini.

separazione dei genitori vista dai bambini
separazione dei genitori vista dai bambini

“La separazione non è innocua per un bambino perché va a incidere sul suo bisogno di sicurezza. Fa emergere paure, interrogativi, incertezze e altri stati d’animo ai quali abbiamo voluto dare voce”, spiega la Garante Carla Garlatti in una nota. “Lo abbiamo fatto, in collaborazione con il Consultorio familiare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, con una pubblicazione che contiene una selezione di disegni e frasi dei piccoli che hanno partecipato ai gruppi di parola”, aggiunge

“La separazione può capitare e i genitori non vanno colpevolizzati, né stigmatizzati. In tali circostanze è però fondamentale che la coppia faccia attenzione a non danneggiare i figli”, chiarisce Garlatti. “Mi auguro che questo libro, ‘fatto’ dai bambini e dalle bambine e pensato per i genitori, possa aiutare questi ultimi a porre al centro i figli, per costruire una comunicazione nuova e positiva”.

Il progetto è stato voluto e finanziato dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Le immagini del libro sono state raccolte in oltre dieci anni di Gruppi di Parola del Consultorio familiare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Sono state inserite in un prodotto grafico, firmato da Antonella Abbatiello e Stefano Baldassarre. Nel libro i bambini raccontano le emozioni , i dubbi e le loro paure. Ad accompagnare le immagini e la parole ci sono i commenti elaborati dal gruppo di esperti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il libro è articolato in sei capitoli, che riprendono le fasi degli incontri dei Gruppi di Parola: 1. Mamma e papà si separano; 2. Come mi sono sentito, cosa ho pensato; 3. Litigi e conflitti; 4. I cambiamenti; 5. Le risorse; 6. Lettera ai genitori. La premessa è firmata dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti. L’introduzione è di Paola Cavatorta, direttore del Consultorio familiare. In appendice una scheda su cosa sono i Gruppi di Parola.

“Dall’esperienza con i gruppi di parola abbiamo scelto le parole e disegni che raccontano i percorsi emotivi di molti bambini: la loro paura di perdere le relazioni più importanti, la fatica per adattarsi ai cambiamenti, ma anche cosa li aiuta a stare meglio, come mantengono o ritrovano fiducia e serenità”, commenta nella nota Paola Cavatorta, Direttore del Consultorio familiare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore nella sede di Roma.

Impatto infuencer sull’alimentazione giovani

Ott 17
Scritto da Annamaria avatar

L’impatto degli influencer sull’alimentazione dei giovani pare devastante. Da una ricerca appare evidente che 3 su 4 dei ragazzi aspira un corpo come quello dei loro idoli. La metà di questi cambia dieta pur di raggiungere l’obiettivo.

impatto influencer su alimentazione giovani

La ricerca, condotta da Skuola.net con l’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, Gap, Cyberbullismo) su un campione di 1.668 ragazze e ragazzi tra i 9 e i 24 anni mette in evidenza quanto l’impatto degli influencer possa essere dannoso. Sull’alimentazione dei giovani provoca un vero uragano.

Open scrive: “Secondo lo studio, più di 3 ragazzi su 4 tendono a confrontare il proprio corpo con i modelli di bellezza proposti dai social, in particolare dagli influencer. Tuttavia, questa costante esposizione a corpi ‘perfetti’, spesso idealizzati e filtrati, ha una serie di conseguenze. Quasi la metà degli intervistati (46%) ha cambiato la propria dieta nel tentativo di raggiungere standard di bellezza proposti online. Il 45%, inoltre, ha comprato prodotti per la bellezza e la forma fisica pubblicizzati sui social. Dietro questi numeri, si cela un problema più profondo: un rapporto malsano e disfunzionale con il proprio corpo e una crescente insicurezza che porta molti giovani a evitare occasioni sociali”. 

E ancora: “Il 40% degli intervistati ha confessato di aver evitato eventi pubblici perché si sentiva a disagio con il proprio aspetto fisico. Questa percezione negativa del corpo peggiora con l’età. Mentre il 31% dei ragazzi tra i 9 e i 14 anni ammette di aver evitato uscite per insicurezze legate all’aspetto, la percentuale sale al 43% tra i 15 e i 19 anni, fino a toccare il 60% tra i 20 e i 24 anni. Questo disagio è amplificato dall’uso dei social, dove il 27% dei giovani non è mai soddisfatto di come appare nelle foto che pubblica. E il 34% evita del tutto di condividere immagini per paura del giudizio degli altri”.

La situazione che emerge è terrificante. L’impatto degli influencer sull’alimentazione dei giovani crea sfaceli. Noi adulti siamo i primo che dobbiamo insegnare ai nostri figli che l’apparenza inganna e che la bellezza sta nell’imperfezione.

Bambini più intelligenti con 3 abitudini

Ott 15
Scritto da Annamaria avatar

Con 3 semplici abitudini si possono avere bambini più intelligenti. Lo dice Alireza Khadem, che con i suoi collaboratori ha sviluppato uno studio in cui si mostra come con alcuni accorgimenti si possa avere bambini più intelligenti. I risultato sono stati pubblicati sul Journal of Health, Population and Nutrition.

Sono diversi i fattori che influenzano l’intelligenza di una persona. Partendo da questo la Khadem ha identificato 3 sane abitudini per far crescere bambini più intelligenti. Come scrive La Gazzetta dello Sport, che riporta la notizia, “l’alimentazione ha un ruolo cruciale nello sviluppo cognitivo del bambino fin dai primi momenti della vita. Analizzando i dati di oltre 20 studi emerge come esista un collegamento tra intelligenza e allattamento al seno. I bambini che sono stati allattati hanno in media un quoziente intellettivo più alto di 3.16 rispetto ai coetanei che sono stati allattati meno”. 

“La scelta qualitativa e quantitativa dei nutrienti che assume il bambino è fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza. Soprattutto in età scolare e prescolare. Facendo una correlazione tra il QI di bambini di 8 anni e i loro comportamenti alimentari è emerso che una buona dieta è legata a un maggiore QI. Bambini che da 3 anni avevano una dieta ricca di grassi e zuccheri avevano QI inferiori rispetto a chi seguiva un’alimentazione sana. Iniziare fin da piccoli a seguire una dieta sana, aiuta a mantenerla perché crea una predisposizione. Un’abitudine alla dieta. Non solo ma è importante anche il modo in cui si consuma il cibo. Mangiare insieme agli altri spinge a consumare meno cibo da fast food, avendo quindi un impatto positivo nel contrasto all’obesità”, sottolinea ancora il quotidiano.

La seconda abitudine, chiaramente, è il movimento, l’attività fisica:  “Fare attività fisica è utile anche per lo sviluppo del cervello. Perché espande le capacità cognitive del cervello creando un ambiente ideale per un apprendimento corretto. Quindi l’attività fisica non combatte solo patologie croniche, il sovrappeso. Ha un impatto positivo anche sul QI. Infatti mentre si fa movimento c’è un incremento del flusso sanguigno cerebrale nel cervello che contribuisce ad aumentare i nutrienti necessari, inoltre favorisce il rilascio di neurotrasmettitori come epinefrina, norepinefina e seratonina”.

La terza e ultima abitudine riguarda lo stare all’aria aperta: “Vivere a contatto con la natura riduce l’esposizione dei bambini a fattori di rischio come l’inquinamento, permette di migliorare lo stile di vita del bambino aumentando l’attività fisica e le occasioni di socialità”.

Bambini: vademecum per sicurezza digitale

Ott 13
Scritto da Annamaria avatar

Una città si occupa dei bambini e gli adolescenti con un vademecum per benessere e sicurezza digitale dei più piccoli. Dato che la dipendenza dai device oramai è un fatto accertato, e non solo per i ragazzini, pure per gli adulti.

bambini vademecum per benessere e sicurezza digitale

Le “Raccomandazioni di Milano per il benessere e la sicurezza digitale di bambini e pre-adolescenti” saranno divulgate a tutte le famiglie attraverso le scuole. E’ un vademecum con otto raccomandazioni.

Il vademecum per il benessere e la sicurezza digitale dei bambini e pre-adolescenti è stato, redatto da Marco Gui, Marina Picca e Marianna Sala. E’ stato promosso da Comune di Milano, Università Bicocca, Ufficio Scolastico Territoriale di Milano, Ats Milano Città Metropolitana, Corecom Lombardia, Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche (SICuPP) . Il movimento “Aspettando lo smartphone” è nato nell’ambito del “Patto Educativo Digitale della città di Milano”, lo hanno voluto un primo gruppo di genitori che avevano deciso di non dare lo smartphone ai figli prima dei 13 anni. 

“Nel primo punto c’è la necessità di una formazione degli adulti e la consapevolezza dell’interferenza che il tempo trascorso davanti allo schermo pone nella relazione tra genitori e figli, facendo venire meno attenzione e confronto fin dalla primissima età. Si sottolinea poi che debba essere rispettata la privacy dei ragazzi (quanti genitori li utilizzano per creare contenuti e averne tornaconto economico o di visibilità?)”, scrive il Corriere della Sera, riportando la notizia. 

“Punto due: l’ingresso nel mondo digitale deve essere graduale e con contenuti selezionati dagli adulti e ciò non deve accadere solo in famiglia. Ci deve essere una convergenza a livello sociale. Punto tre: norme e divieti già ci sono, ma sono largamente disattesi (l’età dei videogiochi, l’uso dei social sotto i 14 anni etc): la rotta va invertita. Punto quattro: il possesso di uno smartphone personale, senza filtri e che permette l’accesso a internet illimitato è altamente sconsigliato sotto i 13 anni”. 

“Tra gli altri punti, il necessario bilanciamento tra vita mediata dalla tecnologia e la vita in presenza fisic., Aiutare i piccoli a sviluppare competenze digitali ma anche senso critico nei confronti dei contenuti che incontrano e delle fonti a cui si rivolgono. Maggior dialogo tra docenti e famiglie sull’opportunità o meno di assegnare compiti da svolgere online per un ‘diritto alla disconnessione’”

“E non dimenticare mai che un buon rapporto tra bambini e tecnologie digitali è un problema anche di salute pubblica (le dipendenze da cellulari e videogiochi portano a patologie fisiche come miopia, problemi di postura, cervicale, obesità e psichiche come ansia, depressione, ecc)”. 

“Le raccomandazioni nascono dal dialogo e dal confronto tra famiglie e scuola, università, ricercatori e pedagogisti, pediatri, giuristi e amministrazione. Un punto di partenza concreto, un riferimento che permette di superare la polarizzazione delle posizioni sui temi educativi e allo stesso tempo evita il sottrarsi a un dibattito che ha un carattere non solo locale, ma che viene affrontato in tutto il mondo e che non deve lasciare sole le famiglie”, sottolinea la vicesindaco e assessore all’Istruzione Anna Scavuzzo. 

Decluttering

Ott 10
Scritto da Annamaria avatar

C’è chi lo chiama, anche in Italia questa figura si sta facendo strada, ossia l’esperto di decluttering, che ti libera la casa del di più. Il termine, del resto, deriva dal verbo inglese to declutter e significa “mettere in ordine”.

decluttering

Come fare il decluttering tra le nostre quattro mura. Sonia Weiser, svolge proprio questa professione, regala qualche consiglio utilissimo soprattutto ha famiglia e accumula non solo suoi oggetti, ma pure quelli legati ai bambini, che però crescono… “Ogni situazione individuale ha bisogno di una serie di linee guida personalizzate, non solo per tenere sotto controllo la roba in sé, ma anche per assecondare le idiosincrasie di ognuno. I nostri cervelli funzionano tutti in modo diverso, ciò che ha senso per alcuni di noi può non venire in mente ad altri”, dice a Business Insider la declutter. 

Tra i consigli di Sonia, uno su tutti: “Non acquistate montagne di contenitori e organizer. E’ inutile comprare queste cose, altrimenti verrete sommersi da contenitori che magari poi non serviranno a nulla”. “Affrontate prima gli armadi e i cassetti – continua – Avrete sicuramente uno o più “cassetti delle cianfrusaglie”. Analizzare gli oggetti pezzo per pezzo: “Divideteli in base a ciò che volete tenere, a ciò che volete donare e a ciò che volete buttare. Se volete donarlo, mettetelo in un sacchetto. Se volete cestinarlo, gettatelo immediatamente nella spazzatura. Se volete tenerlo, rimettetelo a posto”. E conclude: “Quando avrete finito, scoprirete quanto spazio avete già a disposizione. Vedete? Non vi servivano tutte quelle scatole!”.

Col decluttering non bisogna essere troppo sentimentali o nostalgici: “Una buona parte di ciò che faccio per le persone è insistere finché non riconoscono che non hanno bisogno di tenere tutto ciò che un tempo aveva un significato”. Biglietti di auguri, lavoretti dei bimbi, ridurre tutto al minimo e, se si butta, ma ci si tiene, fotografarlo.

“E’ incredibile la quantità di imballaggi e manuali di elettrodomestici ed elettronica che ho visto: buttate tutto. Per quanto riguarda i manuali verificate se sono presenti sul sito web dell’azienda e scaricate i PDF in una cartella del vostro computer. Se non si trovano online, fotografate le istruzioni che vi servono e sbarazzatevi della copia cartacea”.

Poi sui vestiti, quelli che si conservano per anni e anni: “Levateli, dateli a qualcuno a cui possono servire e tenete solo quello che vi sta bene ora, conservare vestiti di misure minori raramente giova alla vostra psiche”.

Autostima bambini

Ott 09
Scritto da Annamaria avatar

Come far crescere l’autostima sin da bambini? E’ necessario che credano in se stessi sin da piccoli, affinché siano adulti migliori di noi. Su questo non ci piove. Ma spesso per i genitori non è facile, ci pensa, però, la psicologa infantile Tovah Klein a dare 5 consigli preziosi a riguardo.

autostima bambini

Le 5 strategie di cui parla la terapeuta sono da mettere in atto quotidianamente: servono ai bambini per accrescere l’autostima e avere maggiore fiducia in se stessi. “Ad essere flessibili, ad adattarsi e ad accogliere ciò che capita con la giusta apertura mentale”, chiarisce ancora l’esperta.

L’autostima diventa più alta nei bambini quando si fidano di mamma e papà. “I bimbi devono sapere che i loro genitori ci saranno per loro , qualsiasi cosa accada”, spiega la psicologa al DailyMail. “Il piccolo deve sapere che anche quando inciampa o quando non ne vuole sapere di ascoltare nessuno, i suoi genitori gli vorranno sempre bene”, precisa ancora.

I bimbi diventeranno più sicuri di sé se i genitori avranno il coraggio di condividere il proprio dolore con loro: “I piccoli imparano giorno per giorno cosa significa provare certe emozioni, i genitori devono ascoltarli e convalidarle facendoli sentire capiti”.

I piccoli devono imparare presto a essere indipendenti. Stando all’esperta questo accade se i genitori gli impongono inizialmente dei limiti: “Io consiglio uno stile genitoriale autorevole. Soprattutto nella prima infanzia, basato su una comunicazione aperta con i figli. Ma anche su regole precise”.

I bimbi non devono isolarsi, ma entrare sempre in connessione con gli altri: “L’empatia dei bambini nasce proprio dalla loro capacità di relazionarsi a quelle persone che vanno oltre la cerchia dei familiari”.

Per finire, l’ultimo consiglio riguarda la comprensione: mamma è papà devono premiare i traguardi dei figli, elogiando lo sforzo più che il risultato. “L’errore che molti adulti fanno è quello di partire prevenuti, ritenendo inammissibili alcuni atteggiamenti dei propri figli”, sottolinea la Klein.