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Depressione post partum anche per gli uomini

Nov 01
Scritto da Annamaria avatar

La depressione post partum non è solo un disturbo che riguarda le donne. Se ne può parlare anche per gli uomini. Secondo la dottoressa Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo, startup di psicologia online, anche i padri possono vivere un momento di vera e propria depressione dopo la nascita di un figlio.

Depressione post partum anche per uomini

“Gli equilibri cambiano per tutti . Adeguarsi al nuovo ruolo e alle nuove dinamiche familiari può essere estremamente complesso. Inoltre, mentre per la madre il contatto e il legame con il figlio in arrivo ha modo di consolidarsi durante tutto il periodo della gravidanza, per il padre questo rapporto si crea e si alimenta a partire dalla nascita in modo graduale”, spiega l’esperta a Elle.

La depressione post partum insorge entro i primi tre mesi dalla nascita del bambino, con un picco maggiore nelle prime sei settimane dopo il parto. Dura da sei mesi a due anni e colpisce dal 7 al 12% nelle neomamme. Anche per gli uomini può essere lo stesso.

Cosa la scatena? “Può accadere che il padre si senta escluso, tagliato fuori dal rapporto simbiotico che lega la madre al bambino nei mesi subito successivi alla nascita. Cambiamenti come la diminuzione dell’intimità e il calo dell’interesse sessuale possono comportare attriti e discussioni all’interno della coppia. Tutto questo può alimentare vissuti di sofferenza e di solitudine nel padre che può faticare a trovare una propria dimensione all’interno della nuova struttura familiare. Lo stress e le preoccupazioni che spesso accompagnano la nascita di un figlio, inoltre, possono contribuire all’insorgenza di un vero e proprio sentimento depressivo. E di forti vissuti di inadeguatezza dovuti, in molti casi, ad una scarsa consapevolezza degli inevitabili cambiamenti che richiederanno un riassetto del nucleo familiare”, chiarisce Fiorenza Perris.

“Chi non ha avuto modo di crescere con un modello paterno di riferimento coinvolto attivamente nell’educazione e nella gestione dei figli potrà fare più fatica a trovare una propria dimensione nel momento in cui diventa genitore. Il contesto sociale e culturale si è molto modificato negli ultimi anni, come pure le aspettative rispetto al ruolo di cura e supporto fattivo ed emotivo che il padre deve ricoprire all’interno della propria famiglia. Ciò ha dato luogo ad una trasformazione fondamentale e necessaria. Ma complessa da gestire in alcuni casi”, commenta la Clinical Director di Unobravo.

“Il contesto culturale in cui viviamo, purtroppo, ancora troppo spesso tende a non incoraggiare l’espressione emotiva degli uomini che sono ancora prigionieri di aspettative sociali legate al mito della mascolinità, della forza e dell’imperturbabilità. Un uomo non può sentirsi disorientato, triste, impaurito. Non può mostrarsi debole, insicuro o fragile. Questi pregiudizi devono essere superati. E arginati in ogni modo. Comportano ripercussioni tangibili sul benessere emotivo, incidendo sulla possibilità tanto di riconoscere i sintomi di una sofferenza psicologica quanto di chiedere, senza vergognarsene, il supporto dei propri cari o di un esperto”, continua la psicoterapeuta.

“La depressione post partum maschile può implicare vissuti di abbandono molto intensi che possono dare luogo a recriminazioni e rabbia nei confronti della propria compagna non più attenta come prima ai bisogni della coppia e meno responsiva e disponibile. L’uomo può sentirsi escluso e non indispensabile per il bambino. Questi vissuti possono comportare un progressivo distacco emotivo da entrambi e scontri che potrebbero incrinare la relazione con la madre e con il piccolo”, afferma la dottoressa.

Spesso la sintomatologia tende ad attenuarsi con il consolidamento del nuovo assetto familiare. In ogni caso è essenziale che chi circonda il neo papà sia attento a cogliere i segnali del suo malessere psicologico. E lo incoraggi a chiedere il supporto di cui ha bisogno. Il sostegno di un esperto può essere determinante per mettere a fuoco paure, preoccupazioni e dinamiche disfunzionali. Questo per innescare cambiamento, ridurre i sintomi. E raggiungere un nuovo equilibrio”, conclude. Per gli uomini può essere un grave problema. Chiedete aiuto.

Alberghi maternità

Ott 27
Scritto da Annamaria avatar

Cosa sono gli alberghi maternità? Sono centri, solitamente extra lusso, che offrono supporto alle donne nel momento immediatamente successivo al parto, garantendole riposo e recupero fisico. All’interno ci sono tutti gli operatori che servono: pediatri, ostetrici, ginecologi e psicologi. Molto comuni in Oriente, in Corea del Sud sono chiamati chiamati sanhujori. Costano, per due settimane, dai 2.000 ai 5.000 dollari. T

Gli alberghi maternità sono diventato trendy anche negli Usa. Alcuni esempi? Il Boram Postnatal Retreat, il Village Postnatal Retreat Center all’interno del Fairmont Hotel di San Francisco. Presto aprirà a New York l’Ahma & Co. : ci si può già prenotare.

“Offriamo soggiorni di 3, 5 e 7+ notti per famiglie – ha spiegato l’ideatrice del Boram – Tra cui 16 camere di lusso, una baby room, una sala mamme creata dalla comunità e uno spazio per cibi e bevande postnatali con brodo, zuppa tradizionale coreana di alghe e un’ampia varietà di tè curativi. Forniamo assistenza al bambino 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Con infermieri e doule. Lo staff assiste il bambino nel monitoraggio dei parametri vitali, nell’alimentazione, nel cambio dei pannolini, nel bagnetto e nel sonno. L’offerta è completata da servizi per le mamme, come massaggi postnatali, assistenza per l’allattamento, bagni seduti e pediluvi. Un’esperienza che mira ad essere ‘il famoso villaggio’ difficile da trovare nel mondo di oggi”.

Chissà se gli alberghi maternità prenderanno piede anche in Italia: potrebbe essere l’idea per un nuovo business.

Parto e donazione sangue

Ott 19
Scritto da Annamaria avatar

Il parto e la donazione del sangue non sembrano argomenti tanto correlati, eppure è grazie alla donazione del sangue che si può salvare una mamma, come è accaduto a Teresa Guccini, figlia del cantautore Francesco.

parto e donazione sangue

Proprio come è accaduto a Fedez nei giorni scorsi, per lei la donazione del sangue è stata provvidenziale, a causa di un parto traumatico in cui ha rischiato la vita. Parto e donazione del sangue per Teresa sono strettamente correlati.

“Andate a donare  – sottolinea la Guccini – Senza i donatori di sangue non sarei qui a raccontare la mia storia ed è perciò doveroso ringraziarli”.

Parto e donazione del sangue, certo. Teresa però aggiunge altro nel suo post. “C’è un altro motivo per cui scrivo, ovvero l’importanza del parto in strutture ospedaliere attrezzate di terzo livello. La mia è stata una gravidanza perfetta e ho fatto un parto naturale. Eppure, quando ho espulso la placenta, ho avuto una emorragia gravissima stimata intorno ai 2200cc che mi ha fatto scendere l’emoglobina a 4. Avere l’emoglobina a 4 all’improvviso (il minimo è 12) significa essere ad un passo dall’andarsene. Nella gioia della nascita non ho pensato a me stessa. Sono stata portata immediatamente in sala operatoria e da lì non ricordo più nulla”, racconta. 

“Mi sono svegliata in rianimazione il giorno dopo immobilizzata e intubata e senza Pietro, confusa e senza sapere bene cosa fosse accaduto. E’ stato difficile ma senza 4 emotrasfusioni e la prontezza degli anestesisti, ostetrici, ginecologi e rianimatori non ce l’avrei fatta”, conclude.

Riorganizzare i punti nascita

Ott 04
Scritto da Annamaria avatar

Per una maggiore sicurezza dei neonati in Italia è necessario riorganizzare i punti nascita. Lo sottolinea il Presidente della Società Italiana di Neonatologia, Dott. Luigi Orfeo nel corso del XXIX Congresso Nazionale SIN a Napoli. “Sono 395, secondo l’ultimo rapporto CeDAP (dati 2022), i Punti Nascita nel nostro Paese, di cui ben 96 con meno di 500 nati/anno, con circa 29.000 nascite. E soltanto 137 con oltre 1.000 nati/anno, con circa 240.000 parti. Troppi, e molti troppo piccoli – precisa – Fortunatamente le donne fanno oggi scelte più consapevoli, optando per ospedali che garantiscono sicurezza e qualità. Oltre il 62% dei parti avviene nei Punti Nascita con oltre 1.000 nati/anno”.

riorganizzare i punti nascita

Per mettere i “pazienti al centro” e ancora meglio i “neonati al centro”, con un’assistenza sanitaria che preveda cure sempre più individualizzate e sicure, non si può prescindere dalla complementarità ed inscindibilità degli aspetti tecnico professionali e di quelli organizzativi. Riorganizzare i punti nascita diventa così prioritario. Gli aspetti organizzativi rappresentano il punto di partenza, affinché il bagaglio di conoscenze tecniche oggi disponibile riesca realmente a modificare il destino delle malattie dei neonati. Paziente (livello di bisogni espressi), momento dell’intervento (tempestività), cure (appropriatezza) devono essere assolutamente allineati e coerenti tra loro. 

In questa programmazione sono fondamentali i volumi di attività ed il numero dei Punti Nascita. Il primo aspetto esprime il fortissimo collegamento tra capacità assistenziale ed esperienza dei professionisti. Il secondo è una derivata del primo elemento, subordinato, che deve essere declinato in relazione a due variabili: densità della popolazione e distanze-tempo.  Un buon sistema sanitario deve tendere al virtuoso bilanciamento tra skills/distanza-tempo, offrendo un sistema a rete con diversi livelli di assistenza: dalla fisiologia (Punti Nascita con i Consultori), ai maggiori livelli di intensità di cura (Terapie Intensive Neonatali), passando per livelli intermedi come le Neonatologie.

La letteratura definisce in modo abbastanza univoco che il volume di attività ottimale dei Punti Nascita. Dovrebbe essere di almeno 1.000 nati/anno. Un volume inferiore a 500 nati/anno rappresenta un rischio per la diade madre-neonato. Per le Terapie Intensive Neonatali si considera che almeno 50 neonati di peso molto basso alla nascita siano un proxy indicativo di raggiungimento di livelli di esperienza sufficienti. Nelle situazioni di più bassa densità abitativa possono essere ammessi Centri di TIN con volumi inferiori. Mai, comunque, meno di 25 neonati/anno di peso molto basso alla nascita. Per questo è opportuno riorganizzare i punti nascita.

“Oggi in Italia ci sono circa 120 TIN, molte troppo piccole, molte con basso tasso di utilizzo. Complessivamente un eccesso di almeno il 20% delle TIN, se ci rapportiamo al numero dei nati che, come oramai tutti sappiamo, continua a ridursi drasticamente di anno in anno. Abbiamo chiuso il 2022 con 393.997 nati, per la prima volta dall’unità d’Italia sotto la soglia dei 400.000 (CeDAP 2022). Le proiezioni per il 2023 non sono incoraggianti – continua il Presidente Orfeo –. Se a questo aggiungiamo la carenza drammatica di pediatri, neonatologi ed infermieri, ci rendiamo conto ancora di più di quanto sia di prioritaria urgenza una riorganizzazione della rete dei punti nascita nel nostro Paese”.

Altro aspetto che deve essere considerato è la distribuzione sul territorio dei diversi livelli dei punti di offerta. Alcune aree sono molto ricche, altre zone carenti. La valutazione della rete per l’area materno-infantile attraverso unicamente il numero degli abitanti dei bacini di utenza, senza uno studio georeferenziato dei territori nelle loro relazioni con i punti di offerta, presenta un’immagine assolutamente distorta. Senza far percepire un eccessivo e inefficiente consumo di risorse in alcune aree e la povertà con rischio di inefficacia in altre. Inefficienza ed inefficacia sono due elementi che mettono a serio rischio qualsiasi Sistema Sanitario, minandone sostenibilità e sicurezza.

Neonatologi ed Istituzioni devono agire in stretta collaborazione. I primi per definire i modelli organizzativi specifici, al fine di ottimizzare le risorse e ottenere il massimo dell’efficacia, anche rendendo disponibili importanti documenti come gli Standard Organizzativi per l’Assistenza Perinatale della SIN. Le seconde per dettare le regole organizzative generali e del controllo della loro applicazione. Solo seguendo questa strada sarà possibile definire una riorganizzazione dei punti nascita che risponda a criteri di qualità e sicurezza.

Esercizi preparto

Ott 01
Scritto da Annamaria avatar

Ci sono alcuni esercizi preparto che facilitano la fuoriuscita del bambino. Possono essere fatti anche durante il travaglio. Quali sono?

Gli esercizi preparto favoriscono il momento della nascita dato che rendono i tessuti più elastici.

Esercizi preparto per la ditalazione, quando, avviate contrazioni intense e a intervalli regolari, inizia progressivamente ad aprirsi collo dell’utero che precede l’espulsione del bambino attraverso il canale del parto. Se ci si abitua a farli da prima, sarà ancora più facile usarli una volta avviato il travaglio.

Esercizio per far posizionare bene il bambino

– inginocchiarsi tenendo le ginocchia ben divaricate;

– appoggiare i palmi della mani all’indietro sul pavimento;

– tendere la schiena adagiando i glutei nello spazio tra i talloni o, se questa posizione sembra “tirare” troppo, sopra gli stessi.

Quello per attenuare il mal di schiena

– sedersi a cavalcioni su una sedia tenendo le braccia incrociate appoggiate alla spalliera;

– appoggiare i piedi al pavimento sulle punte orientando i talloni all’in su verso la sedia;

– divaricare le ginocchia all’infuori;

– inclinare lentamente il busto in avanti.

Un altro esercizio per aumentare l’effetto delle contrazioni

– stare in piedi con le braccia incrociate appoggiate a una parete;

– appoggiare la fronte alle braccia;

– mantenere i piedi separati, con le punte in fuori e a una distanza di circa 40 centimetri dal muro;

– inclinare, lentamente tutto il corpo in avanti.

Esercizi preparto per l’espulsione, la fase in cui, una volta che il collodell’utero si è dilatato a sufficienza (10 centimetri), la donna comincia a spingere per fare fuoriuscire il piccolo.

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Per farlo nascere più in fretta

– accovacciarsi sulle punte dei piedi (oppure, se ci si sente più a proprio agio, sulle piante);

– tenere le ginocchia ben separate;

– appoggiare le mani alle gambe o, se si preferisce, a un sostegno posto di fronte.

E’ anche possibile effettuare questo esercizio con la schiena appoggiata a una parete. In alternativa, allo stesso scopo, molto indicate risultano anche le seguenti posizioni:

– in ginocchio, con le gambe aperte e le braccia sostenute sotto le ascelle (magari dal partner)

– in piedi, con le gambe ben divaricate, le braccia appoggiate a un sostegno e la schiena leggermente piegata in avanti.

L’esercizio per rendere più efficaci le spinte

– sdraiarsi in posizione supina (a pancia in su) con le braccia distese lungo i fianchi e rilassate;

– inspirare profondamente;

– trattenere l’aria nei polmoni per qualche secondo contraendo contemporaneamente i muscoli del perineo e delle pelvi (nel corso dell’espulsione a questa fase corrisponderà l’avvio della contrazione e della spinta);

– espirare rilassando i muscoli (nel corso del travaglio a questa fase corrisponderà la fine della contrazione).

Allattamento al seno: padri coprotagonisti

Set 29
Scritto da Annamaria avatar

I padri sono coprotagonisti nella basilare pratica dell’allattamento al seno. Lo sottolinea a gran voce la SIN.

Non solo mamma e neonato: sempre più spesso alla diade, protagonista dell’importante pratica dell’allattamento al seno, va ad aggiungersi anche la figura paterna. Svolge un ruolo significativo nel suo avvio e mantenimento. In occasione della Settimana Mondiale per l’Allattamento Materno (SAM), che si celebra in Italia dall’1 al 7 ottobre, la Società Italiana di Neonatologia (SIN), ribadisce proprio l’importanza dei padri come coprotagonisti” all’interno della triade madre-padre-neonato.

allattamento al seno padri coprotagonisti

“La neofamiglia nella sua interezza rappresenta una vera e propria squadra a tutela della naturale pratica dell’allattamento”, afferma il Dott. Luigi Orfeo, Presidente della SIN. “Il papà, figura spesso considerata di secondo piano per l’allattamento, ha, invece, un ruolo fondamentale. Sia in gravidanza, che alla nascita e nel post-partum, nel garantire il benessere di mamma e neonato”, aggiunge.

Il ruolo paterno in questa delicata fase di adattamento familiare si concretizza nel sostegno pratico ed emotivo, nella rassicurazione e nel contenimento di dubbi e preoccupazioni, in modo da rafforzare la motivazione e la fiducia della madre ad allattare. Inoltre, il papà funge da importante “filtro” dalle interferenze negative provenienti dal mondo esterno alla triade, proteggendola. In più, la presenza del padre, sia nella nascita a termine, fisiologica, sia durante un possibile ricovero in Terapia Intensiva Neonatale (TIN), agevola la costruzione dei legami familiari. Lo fa anche attraverso il contatto pelle-a-pelle e le prime azioni di cura primaria, dimostrando alla madre il coinvolgimento paterno nell’ambito di un progetto genitoriale concretamente comune e facilitando il benessere psico-fisico materno. 

Il latte materno rappresenta l’alimento di prima scelta per il neonato per crescere e svilupparsi in salute a breve ed a lungo termine. Infatti, il latte di mamma non solo ha peculiari caratteristiche nutrizionali, ma anche una ricchezza in fattori bioattivi. Questa permette una continua e intima comunicazione anche bioumorale tra madre e figlio.

Le sostanze bioattive presenti all’interno del latte materno rivestono particolare importanza nel corretto funzionamento del sistema immunitario di mamma e neonato fin dai primi giorni di vita.

Tra i componenti bioattivi del latte materno su cui la ricerca scientifica si è concentrata negli ultimi anni ci sono le cellule staminali e gli ormoni. Sono in grado di intervenire nel programming di diversi outcome di salute come, ad esempio, nella promozione dello sviluppo di un corretto ritmo circadiano, le cui alterazioni si associano ad un aumentato rischio a distanza di una serie di problematiche, quali deficit immunitari, metabolici, cardiovascolari, gastrointestinali.

Durante la vita intrauterina, infatti, il feto riceve riferimenti temporali tramite i ritmi circadiani, fisiologici, metabolici e comportamentali della madre. Alla nascita, questa variabilità viene bruscamente interrotta. Ma la natura ci offre uno strumento quale il latte materno per comunicare al neonato le informazioni sull’alternarsi del giorno e della notte.

Il latte materno è un sistema biologico estremamente complesso e dinamico. La sua composizione non varia soltanto di giorno in giorno, ma anche nell’arco di una stessa giornata in base a fattori materni, neonatali e fisiologici. Le concentrazioni degli ormoni nel latte materno riflettono quelle del plasma della mamma, seguendo il ritmo circadiano. Questa variabilità riflette il principio della crononutrizione, secondo cui bisognerebbe adeguare la nutrizione in base all’orologio biologico dell’individuo. Qiesto affinché si consumi l’alimento ottimale per quel particolare momento della giornata. Gli ormoni, una volta assorbiti a livello intestinale, raggiungono il neonato dove estrinsecano la loro funzione. Il latte secreto nelle prime ore della mattina è ricco di cortisolo e aminoacidi “activity-promoting”, che stimolano uno stato di veglia nel neonato. Il latte delle ore notturne, invece, presenta alte concentrazioni di melatonina e triptofano che promuovono il sonno. 

Per tutti questi documentati benefici sulla salute di madre e neonato, l’allattamento è sostenuto da tutte le Società scientifiche dell’area perinatale. E raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’Unione Europea e dal Ministero della Salute. L’allattamento è raccomandato come esclusivo per i primi sei mesi di vita. Va mantenuto anche durante l’introduzione di cibi semisolidi e solidi. In base alle esigenze e alla volontà di madre e bambino, pure fino ai 2 anni di vista ed oltre.

Oggi, in Italia, poco meno della metà, il 46,7% dei bambini di 2-3 mesi di vita, viene allattato in maniera esclusiva.

“Sostenere, tutelare e promuovere l’allattamento materno per tutti i benefici che comport. Non solo a madre e neonato, ma a tutto il nucleo familiare e all’intera società. E’ un dovere da parte della comunità scientifica e di tutto il personale sanitario che opera negli ospedali e sul territorio, da nord a sud del Paese”, continua il Dott. Orfeo. “Ognuno di noi può e deve fare la sua parte. Per appianare le differenze regionali, informando ed educando, dove necessario, le famiglie a tutela di questo vero e proprio voucher di salute per il neonato e la sua famiglia”. Nell’allattamento al seno i padri sono coprotagonisti: tenetelo bene a mente.

Cesareo assistito

Set 16
Scritto da Annamaria avatar

Tutti sappiamo del parto cesareo, ma cosa si intende per cesareo assistito? Ecco qualche chiarimento in merito: si parla di cesareo assistito quando la mamma partecipa all’intervento chirurgico, ha quindi la possibilità di prendere il bambino direttamente dal suo addome e poi stringerlo a sé.

cesareo assistito

Il cesareo assistito è scelto da sempre più future mamme. Chiaramente la donna non entra con le sue mani nell’incisione che le è stata fatta dal ginecologo. Non è comunque consentito. E’ il medico che, dopo aver tagliato aiuta il bebè, facendo uscire testa e spalle. La madre toccherà quindi solo il piccolo, compiendo l’estrazione totale.

Per il cesareo assistito la donna dovrà lavare con soluzione igienica braccia e mani e avere, come il dottore, guanti sterili. Il drappo che di solito durante un cesareo separa la mamma dai medici, per impedirle di vedere l’intervento, non sarà presente. E’ possibile eseguire questo tipo di cesareo solo se pianificato: non per quelli di emergenza.

Questa pratica soddisfa a quanto pare. “Siccome riesci a chinarti e prendere il tuo bambino dalla pancia da sola, ti senti come se fossi in qualche modo coinvolta nel processo, e questa cosa ti può dare forza”, sottolinea la fisioterapista australiana Lyz Evans, intervistata dall’HuffPost. E aggiunge: “A paragone con il mio primo cesareo, mi sono sentita meno clinica, e molto più connessa con la procedura, e così tutti gli altri che erano nella stanza. Sono stata informata di ogni step, il che mi ha molto aiutata a sentirmi parte del team”. Lei non ha alcun dubbio. “E’ stato uno dei momenti più incredibili della mia vita”, fa sapere entusiasta. Il cesareo canonico potrebbe risultare freddo, asettico, proprio come la sala parto.

Congedo maternità: a chi spetta

Set 13
Scritto da Annamaria avatar

Il congedo maternità non è un benefit del datore di lavoro, ma un diritto di ogni lavoratrice dipendente: ha una durata di 5 mesi e può essere suddiviso diversamente lungo il periodo precedente o successivo a quello del parto. A chi spetta?

congedo maternita a chi spetta

L’Inps è chiara nel chiarire a chi spetta il congedo maternità

  • lavoratrici (apprendiste, operaie, impiegate e dirigenti) che hanno un rapporto di lavoro attivo nel privato o in seno alla Pubblica amministrazione durante il periodo di congedo
  • lavoratrici del settore agricolo con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato e che risultano attive negli elenchi nominativi annuali almeno 51 giorni di lavoro
  • lavoratrici del settore domestico e del settore dell’assistenza familiare per le quali sono necessarie 26 settimane contributive durante l’anno precedente quello dell’inizio del congedo, oppure 52 settimane contributive durante i due anni precedenti
  • lavoratrici che svolgono un’attività professionale presso i rispettivi domicili, così come le lavoratrici impegnate nei lavori di utilità sociale oppure di pubblica utilità
  • lavoratrici disoccupate a patto che il congedo maternità inizi al massimo 60 giorni dopo l’ultima giornata lavorativa.

Il diritto al congedo maternità si applica anche ai casi di adozione o di affidamento di minori, come scrive Il Giornale. Dopo aver stabilito a chi spetta, è bene chiarire che in alcuni casi il congedo maternità può essere sfruttato dal padre del bambino invece che dalla mamma . Ecco quali:

  • il decesso o un’infermità grave della madre
  • l’abbandono del figlio da parte della madre
  • l’affidamento esclusivo del bambino al padre

Se si parla di adozioni o affidamento, il congedo paterno è possibile allorquando la madre rinuncia anche solo in parte al proprio diritto al congedo maternità.

Come chiarisce il quotidiano, la domanda per il congedo maternità deve rispondere ad alcuni requisiti:

  • deve essere inoltrata prima dei due mesi precedenti la presunta data del parto
  • la gravidanza deve essere attestata da un certificato medico
  • la data di nascita effettiva e le informazioni relative al neonato devono essere trasmesse tempestivamente all’Inps

Le domande per il congedo maternità o per il congedo paternità vanno presentate all’Inps tramite un Caf oppure mediante un commercialista. In alternativa si può procedere in autonomia sul portale Inps accedendo con Spid, Cie o Cns allegando la seguente documentazione:

  • carta di identità e codice fiscale del richiedente
  • certificato di gravidanza telematico
  • certificato di nascita, di adozione o di affido
  • modello Inps SR14 oppure Modello SR01 (entrambi forniti dal medico di base)
  • autorizzazione / consenso di un medico per quelle donne che rimangono al lavoro fino al termine della gravidanza.

A questi documenti la lavoratrice o il lavoratore devono aggiungere la busta paga. E le coordinate bancarie o postali nel caso in cui l’indennità non viene corrisposta dal datore di lavoro.