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Prevenzione DCA nelle scuole

Ott 21
Scritto da Annamaria avatar

Oggi è stato presentato il documento con le linee guida per la prevenzione dei DCA, disturbi del comportamento alimentare, nelle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado e nelle università. Questo documento è stato redatto da Animenta e foodNet, si tratta di una proposta concreta in ambienti in cui gli interventi sono spesso assenti nonostante l’urgenza dei casi.

prevenzione dca nelle scuole

La prevenzione dei DCA nelle scuole è diventata di primaria importanza. Fino a un decennio fa si manifestava tra i 15 e i 19 anni. Ora l’età si è pericolosamente abbassata. Si parla di ‘baby anoressia’. E colpisce bambini tra gli 8 e gli 11 anni. La diagnosi precoce diventa così basilare durante l’infanzia e la preadolescenza per poter fare qualcosa subito.

Le linee guida per la prevenzione dei DCA nelle scuole sarebbero condotti da operatori formati. Insegnanti ed educatori avrebbero nelle loro mani strategie utili per poter immediatamente comprendere i segnali di comportamenti ‘strani’.

Generazione Magazine a tal proposito scrive: “Il concetto di prevenzione è collegato a quello di ‘Promozione della Salute’ definito dall’OMS, dunque ‘il dare alle persone i mezzi per diventare più padroni della propria salute e per migliorarla’. La scuola è tra i luoghi in cui sostenerla. E’ necessaria, per questo, la collaborazione tra il sistema scolastico e sanitario. Con la legge n.162 del 1990, il Ministero della Pubblica Istruzione si è impegnato nel sostegno dell’educazione alla salute e all’educazione alimentare nelle attività didattiche. Oggi, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, Animenta e FoodNet hanno presentato le linee guida adottabili dalle scuole per la prevenzione dei DCA”.

E ancora: “L’intento comune vede lo sviluppo di competenze trasversali per la protezione dei soggetti più vulnerabili. Promuovendo l’accettazione di sé e favorendo il riconoscimento di indicatori per interventi tempestivi nella cura dei DCA in ogni fase evolutiva grazie al continuo confronto con professionisti, verrebbero ridotti i costi della spesa sanitaria nazionale. Egarantiti gli esiti favorevoli delle terapie. I progetti di prevenzione presentati formeranno gli insegnanti tramite operatori specializzati”.

“Nelle scuole primarie, gli interventi avvengono in aula – spazio familiare – con la presenza di un osservatore garante dell’inclusione di ogni alunno. Le scuole secondarie di primo e secondo grado devono munire genitori e insegnanti degli strumenti idonei a percepire i corpi, spesso canali di espressione emotiva di ragazzi e ragazze. Con la peer education, i giovani diventano gli stessi ideatori dei progetti. Le università, invece, sono ottimali per trasmettere informazioni più dettagliate anche a chi, probabilmente, si ritroverà ad affrontarle professionalmente”, continua.

E conclude: “Data la complessità, i DCA vanno affrontati con cautela, evitando concetti stigmatizzanti come riferimenti a diete restrittive, calorie degli alimenti, peso e BMI, immagini di corpi impattanti, riferimenti alle ore di attività fisica per il consumo di determinate calorie. Il diritto alla salute passa anche attraverso la cura dei luoghi abitati dai corpi, come la scuola”.

Vaccino antipertosse utile in gravidanza

Ott 06
Scritto da Annamaria avatar

In questa strana epoca in cui viene messa in dubbio la scienza, è opportuno ricordare che è necessario vaccinarsi. E a tal proposito l’Ospedale Pedriatico Bambino Gesù ricorda che il vaccino antipertosse è utile in gravidanza.

Il vaccino antipertosse è raccomandato. Utile in gravidanza, è offerto gratuitamente a tutte le donne. La dose necessaria deve essere effettuata intorno alla 28° settimana e va ripetuta a ogni gestazione.

Il Bambino Gesù, nel sottolineare che il vaccino antipertosse è utile in gravidanza, scrive:

“La pertosse è una malattia altamente infettiva e grave che può portare a polmonite e danni cerebrali, soprattutto nei neonati e nei bambini più piccoli, sotto un anno di vita. La maggior parte dei lattanti affetti da pertosse necessitano di cure ospedaliere e, quando la pertosse è molto grave, possono morire. La frequenza della pertosse è aumentata notevolmente negli ultimi anni e i bambini molto piccoli che ancora non hanno ricevuto il primo ciclo vaccinale possono avere un decorso grave con necessità di ricovero in terapia intensiva e un non trascurabile rischio di sviluppare complicanze fino alla morte. Le donne in gravidanza possono proteggere i loro bambini vaccinandosi, idealmente dalla 16a alla 32a settimana di gravidanza, per produrre degli anticorpi specifici da passare al figlio attraverso la placenta e proteggerlo da subito nel periodo postnatale”.

“La vaccinazione in gravidanza è molto efficace per proteggere il bambino dalla pertosse nelle prime settimane di vita. L’immunità ottenuta con il vaccino passerà al bambino attraverso la placenta e gli fornirà una protezione passiva fino a quando non sarà abbastanza grande per essere vaccinato contro la pertosse, cioè dalle 8 settimane di vita”.

“Poiché non esiste un vaccino solo per la pertosse, il vaccino è combinato con l’antitetanico e l’antidifterico (dTpa). Ma essendo un vaccino acellulare, ha molto pochi effetti collaterali. La maggior parte di questi, nella vaccinazione dTpa fatta in gravidanza sono lievi e si risolvono da soli. Gli effetti collaterali più comuni comprendono: 

  • Eritema, gonfiore, dolore nel sito di iniezione;
  • Dolore muscolare aspecifico;
  • Stanchezza;
  • Febbre.

Il vaccino dTpa è quindi molto sicuro anche durante la gravidanza”.

“La vaccinazione trivalente anti difterite-tetano e pertosse in Italia è raccomandata e offerta gratuitamente a tutte le donne, idealmente alla 28° settimana. Va ripetuta a ogni gravidanza. Se per qualche motivo non si riesce a ricevere la vaccinazione entro la 32sima settimana di gravidanza, si può comunque fare il vaccino fino al momento del parto. Se si è in gravidanza all’inizio della stagione influenzale (ottobre-novembre) i due vaccini antinfluenzale e dTpa possono essere somministrati nello stesso momento in due punti diversi. Ad esempio uno sul braccio destro e l’altro sul sinistro”.

Un sorriso è per sempre

Ott 02
Scritto da Annamaria avatar

Un sorriso è per sempre, ha un potere immenso: infonde serenità, gioia. La Giornata Mondiale del Sorriso in questo 2024 cadrà venerdì 4 ottobre.

un sorriso e per sempre

Il sorriso ha numerosi benefici sia per chi lo fa che per chi lo riceve. 

Migliora l’umore: Sorridere stimola la produzione di endorfine, i cosiddetti ormoni della felicità, che ci fanno sentire bene e aumentano il nostro umore positivo.

Riduce lo stress: Un sorriso sincero e rilassato può aiutare a ridurre lo stress e l’ansia. Sorridere rilascia tensione e promuove una sensazione di calma.

Crea connessioni: Il sorriso è un linguaggio universale che supera le barriere culturali e linguistiche. Sorridendo, creiamo un’atmosfera di apertura e accoglienza, che favorisce la comunicazione e la creazione di legami con gli altri.

Rende più attraenti: Il sorriso è un’arma di seduzione naturale. Un bel sorriso può rendere una persona più attraente e affascinante agli occhi degli altri.

Promuove la salute: Sorridere ha anche benefici per la salute fisica. Studi scientifici hanno dimostrato che sorridere può abbassare la pressione sanguigna, stimolare il sistema immunitario e persino alleviare il dolore.

Diffonde positività: Un sorriso contagioso può diffondere positività e buonumore agli altri. Quando sorridiamo, tendiamo ad infondere una sensazione di gioia e felicità nelle persone che ci circondano.

Un sorriso, quindi, è davvero per sempre, ecco uno dei motivi per cui, penando ai nostri bambini, è pure importante curarne l’aspetto partendo dall’igiene orale. Un piccolo vademecum a tal proposito:

Da 0 a 2 anni: l’igiene orale del neonato va praticata utilizzando una garza, tamponando delicatamente e rimuovendo i residui del latte, con delicatezza, almeno due volte al giorno. Successivamente, tra il 6° e il 9° mese di vita, quando cominciano a spuntare i primi dentini, è importante continuare con la pulizia del cavo orale, sempre con l’aiuto di una garza e, quando nascono i primi denti, cominciare ad utilizzare uno spazzolino piccolo per bambini con setole morbide. Inizialmente si consiglia di spazzolare con sola acqua tiepida.

Dai 2 ai 4 anni: i genitori devono impegnarsi a sviluppare nei propri figli l’abitudine a lavarsi i denti regolarmente. Inizialmente saranno loro a spazzolare i denti dei propri figli, successivamente, i bambini potranno iniziare a usare gli spazzolini da denti in autonomia. L’obiettivo dell’igienista dentale in questa fase è mantenere la dentizione senza carie ed educare il bambino ad un’igiene orale autonoma e quotidiana. Anche il ruolo dei genitori è importante: devono infatti educare i propri figli a lavarsi i denti in maniera corretta, magari mostrando loro come si fa attraverso il gioco.
Gli spazzolini da denti per i bambini di questa età sono rivestiti da gomma antiscivolo, per migliorare l’impugnatura. Le setole morbide devono rispettare il tessuto gengivale sensibile e lo smalto dei denti.

Da 4 a 6 anni: la malattia più diffusa in questa fascia di età è la carie che si instaura prevalentemente sui denti da latte e in particolare sui molari decidui o, se già erotti, su quelli permanenti. In questa fase il bambino, dotato ormai di mani più grandi e di una manualità più consapevole, è in grado di impugnare il manico dello spazzolino con più sicurezza e abilità. Ora può completare la sua igiene orale in autonomia, spazzolando i propri denti con movimenti più estesi e precisi. Il genitore è sempre opportuno che vigili sull’efficacia del corretto spazzolamento dei denti del bambino.

E sorridete, voi, fatelo spesso condividendo un sorriso, che è per sempre, coi vostri figli e coi vostri cari.

LILT for Women – Nastro Rosa 2024

Set 29
Scritto da Annamaria avatar

Nella conferenza stampa al Ministero della Salute, presieduta dal Ministro Orazio Schillaci, la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori ha presentato la campagna LILT for Women – Nastro Rosa 2024, dedicata all’informazione e alla sensibilizzazione per la lotta al tumore al seno.

lilt for woman nastro rosa 2024 o

Promossa in occasione del mese rosa, quest’anno la campagna è incentrata sulla prevenzione, sulla diagnosi precoce e sulla solidarietà tra donne. Con il claim Join the Fight, le tre protagoniste di LILT for Women – Nastro Rosa 2024 invitano le donne a unirsi nella battaglia contro il cancro alla mammella, sottolineando l’importanza della cura del proprio seno in ogni fase della vita, perché la prevenzione non ha età.

Durante il mese di ottobre, questa mobilitazione coinvolge l’intero territorio nazionale grazie alle numerose iniziative promosse dalle 106 Associazioni della LILT ed ai suoi circa 400 Ambulatori/Spazi prevenzione. Tra queste, la possibilità di effettuare visite senologiche presso gli ambulatori aderenti, prenotabili al numero verde 800-998877 (lun-ven 10-15), e la distribuzione di materiale informativo per diffondere conoscenza su questa crescente patologia e promuovere la prevenzione, unica arma attualmente vincente, come stile di vita.

“Grazie al ruolo cruciale della LILT, con la quale il Ministero ha instaurato una forte sinergia, abbiamo intensificato le iniziative di sensibilizzazione per promuovere l’adozione di sani stili di vita. E anche l’adesione ai programmi di screening. Individuare il cancro nelle sue fasi iniziali significa garantire un tasso di sopravvivenza maggiore e una migliore qualità della vita. Un altro ambito sul quale stiamo lavorando è l’ampliamento della fascia d’età della popolazione target, prevedendo lo screening del tumore della mammella dai 45 ai 74 anni”, ha dichiarato il Ministro della Salute Schillaci.

Con oltre 56mila nuove diagnosi registrate nel 2023, il cancro al seno si è confermato il tumore femminile più frequente in Italia, rappresentando quasi il 30% di tutte le neoplasie nelle donne e, purtroppo, la prima causa di morte nella fascia d’età compresa tra i 35 e i 50 anni. Mentre alcuni fattori di rischio, come l’età, la storia riproduttiva e la familiarità, non sono modificabili, uno degli obiettivi principali della campagna LILT for Women – Nastro Rosa è sensibilizzare le donne sui fattori di rischio modificabili, grazie a una maggiore consapevolezza e corretta informazione.

“L’impegno costante della LILT – ha commentato Francesco Schittulli, Presidente Nazionale della LILT– è investire in salute. Consapevoli che l’eliminazione di cattive abitudini come il consumo di tabacco, l’abuso di alcol, l’errata alimentazione e la sedentarietà potrebbero prevenire il 40% dei casi di cancro. E ridurre la mortalità nella stessa misura, grazie alla partecipazione agli screening senologici, ancora oggi in stato di sofferenza. Queste evidenze ci spingono ad adottare un approccio trasversale per raggiungere l’obiettivo: mortalità zero per il cancro al seno. Puntiamo quindi ad incentivare la prevenzione primaria attraverso la promozione di stili di vita sani. E a rafforzare le azioni di prevenzione secondaria per contrastare il ritardo diagnostico, incoraggiando visite specialistiche e l’adesione ai programmi di screening”.

Grazie ai progressi diagnostici e al crescente interesse attivo delle donne, oggi la maggior parte dei cancri viene scoperta nella fase iniziale, quando il trattamento chirurgico è meno invasivo e le terapie più efficaci, a tal punto da parlare sempre più di guaribilità. Questo ha portato a un tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di oltre l’85%. Il tumore al seno è uno dei tre tumori per cui il calo della mortalità è stato più evidente negli ultimi decenni (insieme ai tumori dello stomaco e del colon-retto), con circa un milione di donne viventi in Italia dopo diagnosi e terapie.

Parallelamente, l’approccio alla cura è in continua evoluzione, diventando sempre più mirato e personalizzato, con trattamenti appropriati in base alle caratteristiche biomolecolari del tumore della paziente. Una presa in carico multi-interdisciplinare con una maggiore attenzione alla qualità della vita.

Nel corso della presentazione, il Presidente Schittulli ha conferito a Elisabetta Gregoraci un riconoscimento simbolico come Ambassador della LILT, in segno di apprezzamento per il suo continuo impegno nel promuovere la prevenzione come stile di vita. La conduttrice, per testimoniare il suo sostegno e la sua vicinanza alla campagna Nastro Rosa, ha realizzato un videomessaggio dedicato a tutte le donne e ai volontari.

Durante la conferenza stampa sono intervenute anche le tre testimonial della campagna LILT for Women 2024, Manawi Poorna Silva Nacayanandi, Cristina Spagnulo e Orietta Ferrero. Hanno condiviso il loro legame con la LILT e le ragioni profonde che le hanno spinte a indossare i guantoni rosa, simbolo della loro determinazione a unirsi nella lotta contro il cancro al seno.

Attraverso la campagna LILT for Women – Nastro Rosa 2024, la LILT invita tutte le donne a diventare “ambasciatrici” di un messaggio di solidarietà e positività, da trasmettere da madre a figlia, tra amiche e colleghe. Perché la prevenzione è contagiosa ed è la scelta giusta per una vita migliore.

Long Covid bambini: può durare pure 3 anni

Set 24
Scritto da Annamaria avatar

Il Long Covid ad alcuni bambini può durare pure 3 anni. Lo rende noto uno studio pubblicato su eClinical Medicine, rivista edita da Lancet. La ricerca è stata condotta su circa 1.300 pazienti di 0-18 anni, seguiti presso l’Ambulatorio del Post-Covid pediatrico del Policlinico Gemelli.

“In questo lavoro – spiega il dottor Danilo Buonsenso all’Ansaabbiamo documentato l’andamento dell’infezione da SARS-CoV-2 in età pediatrica fino a trentasei mesi successivi alla prima infezione”. Come sottolinea il docente di Pediatria all’Università Cattolica e dirigente medico dell’Unità Operativa Complessa di Pediatria della Fondazione Policlinico, è emersa questa amara verità. Sebbene la maggior parte dei pazienti guarisca dal Covid, alcuni continuano a presentare sintomi ascrivibili al Long Covid, fino a 3 anni di distanza dall’infezione iniziale. Questo conferma che il Long Covid nei bambini può durare pure 3 anni.

 “Molti di quelli seguiti per tre anni, dopo l’infezione iniziale, non sono riusciti a riprendere la routine di tutti i giorni, con conseguenze negative sulla capacità di frequentare regolarmente la scuola o di svolgere le classiche attività extra-scolastiche, a causa dei sintomi debilitanti riportati”, rileva l’esperto.

 “Nel nostro studio – spiega ancora Buonsenso – la vaccinazione si è dimostrata un fattore protettivo contro il Long Covid, ma questo effetto ‘scudo’ varia a seconda del numero di dosi ricevute o dall’età del paziente”. Oltre ai dati che dicono che il Long Covid nei bambini può durare pure 3 anni, un altro dato emerso dalla ricerca è che il rischio di presentare una forma grave di Covid in caso di reinfezione nei 24-36 mesi successivi alla prima infezione, è estremamente basso. “Va detto tuttavia – spiega il pediatra – che, anche se raro, è possibile sviluppare il Long Covid anche a seguito di una reinfezione. Inoltre, i bambini con Long Covid sono a maggior rischio di presentare infezioni sintomatiche”.

Allergie e intolleranze alimentari: cosa fare a scuola

Set 19
Scritto da Annamaria avatar

Non è facile per i genitori che hanno bambini con allergie e intolleranze alimentari, soprattutto a scuola. E’ importante capire cosa fare per evitare le contaminazioni quando un piccolo va alla mensa scolastica.

Sulle allergie e intolleranze alimentari dei bambini e cosa fare a scuola sono utilissime le parole del dottor Alessandsro Fiocchi. 

alergie e intolleranze alimentari cosa fare a scuola

Il Responsabile di Allergologia Ospedale Pediatrico Bambino Gesù al Fatto Quotidiano spiega: “Esistono due tipi di intolleranze alimentari. Una è la celiachia, o intolleranza al glutine, che può colpire i bambini. L’altra è l’intolleranza al lattosio che invece non colpisce mai i bambini. Tutto il resto rientra nei casi delle allergie alimentari”

“Nei bambini tra i tre e sei anni l’allergia più diffusa è nei confronti della frutta secca a guscio, al latte, grano e alle uova. Dopo i sei anni, è più frequente alle arachidi e alla frutta fresca – continua Fiocchi –. Tra la frutta fresca, la più frequente è quella per il kiwi e si manifesta nei bambini che presentano un’altra allergia, quella ai pollini. Questo perché le molecole dei pollini sono identiche a quelle che ci sono nella frutta fresca. In questo caso si parla di ‘allergia ‘crociata’”.

“Esiste un solo test per evidenziare le intolleranze ed è quello per la celiachia e si basa sui risultati degli esami sierologici. Per quanto riguarda i test per le allergie, purtroppo ne vedo proposti in farmacia o consigliati dagli stessi medici, ma molti di questi non hanno nessuna validità! – sottolinea con forza l’esperto –. Gli unici testi validi sono quelli di ‘sensibilizzazione in vivo’: misurano la presenza di anticorpi IgE per gli alimenti sulla pelle con prick test o patch test; i ‘test di sensibilizzazione in vitro’: misurano la presenza di anticorpi IgE per gli alimenti nel sangue con tecniche sempre più sofisticate. E infine, il test di reazione allergica vera e propria, detto ‘test di provocazione’: per sapere se un bambino è davvero allergico gli si fa mangiare l’alimento e la reazione deve essere osservata e misurata”.

Ma cosa fare a scuola con bambini che soffrono di allergie e intolleranze alimentari? “In accordo con il pediatra si presenta la situazione agli organismi scolastici che trasmetteranno alla mensa i cibi da eliminare dal menù del bambino – precisa Fiocchi -. I menù sono ormai ben stilati dai nutrizionisti che valutano le alternative nutrizionali più idonee. I problemi principali ci possono essere nei bambini allergici a più cibi come latte, pesce, carne stessa in cui c’è il rischio di carenze proteiche o anche di calcio”.

“Il rischio di mangiare o anche inalare un cibo di cui il bambino è allergico o intollerante può provenire da un alimento che sta mangiando un suo compagno di scuola o anche, perché succede anche questo, per uno scherzo stupido di un altro bambino. Non è nemmeno da sottovalutare l’uso di materiali come farine di frumento o cereali per creare un tipo di ‘plastilina’ per fare dei lavoretti, specie nella scuola materna. Un bambino allergico a questi ingredienti potrebbe ingerirli casualmente”, dice ancora il medico.

“In caso di ingestione accidentale di un alimento ‘incriminato’, la scuola deve avere il piano terapeutico che i genitori hanno indicato a insegnanti e servizi scolastici per intervenire alla comparsa dei sintomi o prima di essi. In questi casi si ricorre a uso di adrenalina”, chiarisce il quotidiano.

Il decalogo per prevenire le allergie

1. No al fumo.

2. Dieta mediterranea, varia e sana.

3. Allattamento materno esclusivo.

4. I probiotici nella madre e nel bambino potrebbero essere utili per prevenire le allergie.

5. Omega-3 per la mamma in allattamento.

6. Alimentazione complementare (divezzamento) a 6 mesi, secondo raccomandazioni Oms.

7. Introduzione dell’uovo a 6 mesi, all’inizio dello svezzamento, e alimenti a base di arachidi prima dell’anno.

8. Utilizzo di emollienti cutanei che favoriscono il mantenimento dell’integrità della barriera cutanea.

9. Riduzione degli stress: promozione delle attività di svago e sportive della coppia genitoriale, consigli logistici per un’efficiente e appagante vita domestica, e attenzione al rispetto del sonno quotidiano.

10. I bambini che vivono in zone rurali (o vicino a una fattoria) sembrano essere meno allergici rispetto ai bambini che vivono in città.

Ansia da separazione

Set 12
Scritto da Annamaria avatar

L’ansia da separazione, che potrebbe manifestarsi nei vostri figli proprio ora con il ritorno a scuola, in realtà compare intorno agli otto mesi di vita del bebè, si intensifica introno ai 13-18 mesi di vita per poi ridursi progressivamente tra i 3 e i 5 anni. 

ansia da separazione

L’ansia da separazione è “la reazione di spavento e di protesta che il bambino manifesta quando le sue principali figure di accudimento, specie la madre, si allontanano da lui o quando è in presenza di figure non familiari”. Lo spiega la psicologa e psicoterapeuta Valentina Nappo.

“Si tratta di un’importante e normale fase dello sviluppo sia intellettivo sia sociale del bambino, che testimonia come egli abbia imparato a riconoscere chi si occupa di lui, come abbia stabilito con il caregiver (colui che dà cure) un legame di attaccamento e come percepisca in sua assenza un pericolo”, chiarisce ancora la dottoressa.

I genitori davanti a un pianto disperato del proprio figlio e alle sue continue richieste difficilmente rimangono indifferenti. Ma non devono farsi sopraffare dall’ansia da separazione del piccolo. Parlandogli, con dolcezza e fermezza al tempo stesso, devono cercare di fargli acquisire nuove abitudini, cercando di superare brillantemente questa fase della crescita.

Se questi problemi perdurano, oltre l’età consentita, si parla di disturbo di ansia da separazione, in questo caso è richiesto l’intervento di uno specialista.

Dopo le vacanze chili in più

Set 07
Scritto da Annamaria avatar

Dopo le vacanze la maggior parte di noi ha dei chili in più. E anche qualche disturbo intestinale.   Gli specialisti della Commissione Nutrizione dell’Aigo, Associazione italiana gastroenterologi ed endoscopisti digestivi ospedalieri, dà alcuni consigli per il recupero di forma fisica, energia e benessere.

dopo vacanze chili in piu

Perché chili in più dopo le vacanze? “Le cause dell’aumento di peso – spiegano gli esperti Aigo – vanno ricercate principalmente nelle condotte alimentari qualitativamente e quantitativamente meno controllate, in particolare in occasioni sociali e conviviali”. 

“Gli studi dimostrano che durante le vacanze è frequente l’aumento del consumo di carboidrati, di grassi saturi, di cibi processati e ultra-processati e di alcol e una ridotta assunzione di fibre. I pasti sono inoltre più disordinati a causa di orari giornalieri meno strutturati e della frequente alterazione del ritmo sonno veglia. Gli effetti metabolici di uno stile di vita scorretto in periodi intermittenti, come durante le vacanze, sono stati oggetto di recenti studi americani condotti su giovani adulti. I risultati dimostrano che lo scarso controllo della dieta è associato ad una alterazione sia degli ormoni che regolano il metabolismo dei carboidrati che delle transaminasi”, chiariscono.

Con i chili in più dopo le vacanze “evitare le diete spontanee e autogestite saltando i pasti o imponendosi eccessive restrizioni caloriche. Sono spesso inefficaci per la riduzione del peso e rischiose per la salute. Essendo squilibrate favoriscono i deficit nutrizionali. Inoltre, causando stress, sono destinate alla interruzione precoce con rapido recupero dell’eccesso di peso”, si raccomandano i medici.

E’ necessaria una dieta sana: “Una dieta sana è quella dotata di proprietà antinfiammatorie per la mucosa intestinale, basata sul consumo di cibi freschi. Ed è ricca di fibre derivate da frutta e verdura di stagione, di cereali integrali, legumi, semi e frutta secca. Senza dimenticare che è fondamentale un’abbondante idratazione,. Almeno 1,5 litri di acqua al giorno”. E sugli integratori sottolineano: “Prima di utilizzare qualsiasi integratore alimentare è quindi necessario chiedere consiglio al medico curante. Per stabilirne l’appropriatezza e a indirizzarne la scelta”.