Dieta Mediterranea la migliore al mondo

Parliamo di benessere nostro e dei nostri figli. E di salute. La dieta mediterranea è ancora la migliore al mondo. Prodotto del ‘made in Italy’, “incoraggia un consumo moderato di grassi sani, come l’olio d’oliva, e limita i grassi malsani, come i grassi saturi. E’ anche benefica per la salute cardiovascolare, poiché è stata associata a una riduzione della pressione sanguigna, del colesterolo e del peso corporeo, nonché a miglioramenti generali della salute del cuore e a un abbassamento dei tassi di malattie cardiache e ictus. L’abbondanza di frutti di mare nutrienti, noci, semi, olio extravergine, fagioli, verdure a foglia verde e cereali integrali nella dieta mediterranea offre anche numerosi vantaggi per il cervello. In particolare, gli antociani contenuti nelle bacche, nel vino e nel cavolo rosso sono considerati particolarmente benefici per la salute”, si legge sul Quotidiano del Piave.

La nostra dieta mediterranea è la migliore al mondo, non ci sono dubbi. Lo annuncia la Coldiretti sulla base del nuovo best diets ranking elaborato dai media statunitense U.S. News & World’s Report’s, celebre a livello globale per la redazione di classifiche e consigli per i consumatori. Ed è un regime alimentare che fa assolutamente bene: aiuta a prevenire molte patologie come il diabete, l’obesità e la sindrome metabolica, le malattie cardiovascolari e osteoarticolari o i tumori.
E’ la migliore al mondo, quindi seguitela e fatela seguire a tutti in famiglia. La dieta mediterranea è favolosa. Qui di seguito la classifica stilata dal primo al quinto posto:
- Mediterranea, aiuta a prevenire molte patologie come il diabete, l’obesità e la sindrome metabolica, le malattie cardiovascolari e osteoarticolari o i tumori
- Dash contro l’ipertensione
- Flexitariana, un modo flessibile di alimentarsi
- Mind che previene e riduce il declino cognitivo
- Mayo Clinic che enfatizza frutta, verdura e cereali integrali
Sindrome post vacation

Eccoci nella settimana più dura dell’anno, o tra le più dure, in cui molti di noi sono irrimediabilmente colpiti dalla sindrome post vacation. Una vera tragedia…
La sindrome post vacation ci rallenta e rende meno efficienti e soprattutto tristi. Cos’è? “Gli americani lo chiamano post vacation o holiday blues. Non stiamo parlando di una patologia ufficialmente riconosciuta, ma si tratta di condizioni psicologiche sempre più diffuse“, spiega Maria Antonietta Gulino, presidente dell’Ordine degli psicologi della Toscana, ad Adnkronos.
L’esperta suggerisce 5 regole contro la sindrome post vacation. ”Il rientro al lavoro dopo le vacanze natalizie è fonte di stress per molti. Le festività, del resto rappresentano un periodo in cui il tempo risulta sospeso e, con esso, i problemi, le scadenze, la sveglia per andare al lavoro, i rapporti a volte difficili nei contesti lavorativi. Più le vacanze si configurano come un’oasi di relax, più il ritorno alla realtà di tutti i giorni rischia di essere difficile da affrontare. Questa dinamica incide maggiormente su chi soffre già di un disagio psicologico, come nei casi di depressione o di bassa autostima, e su quei soggetti che stanno attraversando momenti difficili a livello interpersonale, sia nella sfera privata che sul lavoro”.
“Darsi una serie di regole per affrontare al meglio la ripartenza è quindi fondamentale. La prima è quella di evitare l”effetto interruttore’. Non si può pensare di spegnere d’un tratto il sollievo delle vacanze e di calarsi immediatamente nella realtà precedente, fatta di ritmi sostenuti, moli di lavoro spesso importanti, viaggi nel traffico, orari da rispettare al minuto e potenziali attriti con le persone circostanti. Meglio, per chi può, iniziare a tornare al lavoro in modo graduale, magari ricominciando con una mezza giornata o anche un giorno intero, ma vicino al weekend”, precisa la psicologa.
Il secondo consiglio è “non interrompere del tutto le buone abitudini prese in vacanza, quando i tempi sono stati più dilatati: hobby, sport, letture, musica, amici, cinema e qualsiasi altra cosa per cui abbiamo avuto più spazio, più libertà di scelta, non devono essere azzerati all’improvviso”.
“Il terzo accorgimento – continua Gulino – riguarda l’alimentazione: durante le feste si tende ad eccedere, ma quando ricomincia la vita di tutti i giorni bisogna stare attenti a curarla con maggior attenzione. Mente e corpo si influenzano reciprocamente.
La quarta regola: “E’ fondamentale gestire bene il sonno: i ritmi delle vacanze ci hanno portato a dormire di più o diversamente e la mancanza di riposo può accentuare il senso di disagio e di stanchezza”.
“L’ultimo consiglio, non meno importante – conclude la dottoressa – è quello di mantenere il più possibile solide le relazioni che siamo riusciti a coltivare maggiormente nel periodo festivo, a livello di amicizie, famiglia e sentimenti, perché sono energie fondamentali tutto l’anno”.
Allarme vapori e impacchi caldi ai bambini

E’ allarme per quel che riguarda i vapori e gli impacchi caldi ai bambini che sono raffreddati. Tutto a causa di un aumento di casi di ricovi pediatrici provocati da ustioni. L’ospedale Meyer di Firenze mette in guardia i genitori.

Il centro sanitario lancia un vero e proprio allarme sui vapori e impacchi caldi ai bambini. Il dottor Flavio Facchini, responsabile facente funzioni del reparto di chirurgia plastica e del Centro ustioni del Meyer, invita ad avere grande prudenza. “L’ustione della cute può provocare briglie cicatriziali che rimangono per sempre. Questi fasci di tessuto impediscono la corretta esecuzione dei movimenti, come la piena distensione di un arto, e dunque possono condizionare permanentemente la vita dei pazienti”, spiega a Fanpage.
“Soprattutto nella stagione delle influenze e delle bronchioliti, invece di fare l’aerosol, molte famiglie mettono la pentola a bollire e provano ad aprire le vie respiratorie con oli e aromi. Di per sé sarebbe anche una procedura utile, ma spesso i bambini si distraggono o fanno movimenti bruschi e si tirano la pentola addosso”, precisa l’esperto.
Il medico dice cosa fare in caso di grave disattenzione: “Non appena ci si rende conto della situazione occorre svestire immediatamente il bambino e tamponare con acqua a temperatura ambiente per 20 minuti. Attenzione a non usare mai acqua fredda, potrebbe provocare un ulteriore danno termico in una zona già interessata da un trauma. In ogni caso qualsiasi ustione deve essere immediatamente valutata in un pronto soccorso pediatrico o centro specializzato”.
Vaccino spray antinfluenzale

Non siamo ancora al picco, ma presto ci arriveremo. L’influenza non fa sconti, soprattutto agli anziani e ai più piccoli. Da tre anni si più decidere per il vaccino spray antinfluenzale: è riservato a bambini e adolescenti dai 24 mesi ai 18 anni.

Il vaccino spray antinfluenzale garantisce maggiore comfort in sede di somministrazione: i bambini si spaventano molto meno, non c’è alcuna puntura ovviamente.
Fluenz (Astrazeneca AB) è il vaccino antinfluenzale disponibile come spray nasale. E’ un vaccino trivalente a virus vivo attenuato. “Il sistema immunitario entra in contatto col vaccino attraverso le mucose nasali e inizia a produrre anticorpi contro gli antigeni relativi ai ceppi dell’influenza sulla base dei quali il vaccino è stato formulato”, si legge su Vanity Fair.
“Fluenz viene somministrato all’interno delle narici, suddividendo la dose prevista nelle due narici. Gli eventuali effetti collaterali sono quelli più comuni, presenti anche per la somministrazione per via iniettiva. Si va dalla febbricola alla debolezza fino al mal di testa, alla riduzione dell’appetito e a dolori muscolari vari, oltre a congestione nasale o rinorrea. Di solito, però, sono sintomi variabili da persona a persona e in generale di lieve entità, risolvibili nel giro di massimo 48 ore dalla somministrazione”.
“Vaccinazioni importanti in gravidanza”

Le vaccinazioni sono importanti in gravidanza. A sottolinearlo ancora una volta è il prof. Pantaleo Greco, Direttore dell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia del S. Anna. “Le vaccinazioni effettuate in gravidanza possono proteggere la madre da malattie infettive che possono essere potenzialmente pericolose, come l’influenza e SARS-CoV-2, in quanto la gravidanza rende le donne più suscettibili a peggioramento delle condizioni generali ed a maggiori complicazioni respiratorie”, spiega a InSalute News.
Molte donne rimangono dubbiosa, ma sempre riguardo alle vaccinazioni in gravidanza, importanti e basilari, il medico aggiunge: “Diversi studi hanno ormai escluso ogni tipo di ripercussione negativa del vaccino SARS-CoV-2 sulla salute del neonato, sia alla nascita sia nei sei mesi successivi, periodo nel quale non si è verificato nessun eccesso di ricoveri nel gruppo di bambini nati da madri vaccinate in gravidanza. Al contrario, si è dimostrato l’effetto protettivo del vaccino rispetto ai neonati non esposti al vaccino. In poche parole proteggendo la mamma da Covid si difende anche il bambino dalle sue conseguenze indirette”.
“Tra le altre vaccinazioni raccomandate in gravidanza ricordiamo poi il vaccino antipertosse (raccomandato dalla 28 alle 36esima settimana di gravidanza) che stimola la formazione e quindi il passaggio di anticorpi, trasmessi dalla madre al feto attraverso il circolo placentare, che possono offrire una protezione temporanea al neonato, riducendo il rischio di infezioni e di complicanze respiratorie, purtroppo anche molto gravi, nelle prime settimane di vita”, sottolinea ancora il dottore.
Anche le persone vicine alle donne incinte dovrebbero capire che sono importanti: “Le persone vicine alle donne in gravidanza, come i familiari e i caregiver, potrebbero essere portatori di malattie infettive senza saperlo. La vaccinazione riduce il rischio di trasmettere queste malattie alla madre o al neonato. Inoltre, quando un numero sufficiente di persone è vaccinato, si crea una ‘immunità di gregge’ che riduce la diffusione delle malattie infettive all’interno dell’intera comunità. Ciò protegge indirettamente anche le persone che non possono essere vaccinate, come i neonati e coloro che hanno condizioni mediche che impediscono la vaccinazione”.
Vitamina D: cosa mangiare in inverno

Io ultimamente la ho bassa. Ma è preziosa e andrebbe tenuta sotto controllo in grandi e piccini. La vitamina D è importantissima, ecco perché è importante sapere cosa mangiare in inverno, quando il sole non c’è o ce n’è poco.

A Il Corriere la biologa nutrizionista Francesca Beretta spiega che una sua carenza “nell’età evolutiva può favorire il rachitismo, negli adulti e negli anziani invece l’osteomalacia o fragilità ossea”. Cosa mangiare quindi in inverno per fare il carico di vitamina D? Tra gli alimenti che ne hanno di più, “l’olio di fegato di merluzzo e i pesci cosiddetti grassi, cioè sgombro, salmone, tonno, acciughe, trota, aringhe e storione, solo per citarne alcuni”.
Come sempre, la dieta deve essere equilibrata, stando alla Beretta, va bene sapere cosa mangiare in inverno per la vitamina D, ma non solo: “Sarebbe bene consumare almeno una volta alla settimana salmone o sgombro. Poi un paio di uova. Non di più: sono anche ricche di colesterolo, vanno mangiate con moderazione. Il pesce andrebbe alternato con la carne, preferendo quella bianca: pollo, tacchino, faraona, coniglio”. Le carni rosse, invece, una volta la settimana. “Consiglio di aggiungere una piccola porzione di formaggi, sempre senza eccedere perché sono ricchi di grassi”.
“Un suggerimento”, chiarisce in conclusione l’esperta, “sarebbe opportuno mantenere fissi gli orari dei pasti con la colazione dalle 7 alle 8, lo spuntino dalle 10 alle 11, il pranzo dalle 12 alle 13,30, la merenda alle 16,30 e, per finire, la cena alle 20”.
Freddo: come proteggersi

Il primo freddo, arrivato già in autunno, crea un po’ di ansie agli adulti e ai piccolini, vittime già dell’influenza: come proteggersi? Giorgio Sesti, docente di medicina interna all’università la Sapienza di Roma, regala alcuni consigli all’Adnkronos.

E’ importante sapere come proteggersi dal freddo, per far sì che l’organismo non risenta troppo del repentino cambiamento della temperatura. “Le variazioni repentine di temperatura ormai sono abbastanza frequenti. Il nostro organismo, però, è in grado di adattarsi ma dobbiamo proteggerlo. E’ necessario coprirsi adeguatamente. Soprattutto mani, piedi e testa, che sono le parti più esposte. Sembra banale ma a favorire i malanni sono proprio queste disattenzioni”, spiega l’esperto.
“Il nostro organismo si adatta con una serie di sistemi che sono essenzialmente legati alla circolazione, quindi quando c’è freddo bisogna esporsi gradualmente e coprirsi nel modo giusto: l’organismo è intelligente e sa adattarsi dal punto di vista circolatorio”, aggiunge il medico.
Le indicazioni hanno casi specifici sul come proteggersi dal freddo: “Per esempio per le persone che hanno la pressione alta. Quando si passa da temperature più elevate o gradevoli come sono queste attuali, a quelle più fredde, serve attenzione. Si crea infatti, nell’organismo, una generale vasocostrizione che aumenta la pressione”. Chi prende antipertensivi deve aggiustare la terapia considerando che ci possono essere degli sbalzi. Consultare quindi il medico e controllare la pressione “per vedere se è il caso di aumentare la dose o di aggiungere dei farmaci”.
Per “un giovane adulto che sta bene l’abbassamento della temperatura esterna non crea problemi, le persone che devono essere più attente, e coprire adeguatamente mani piedi e testa, sono i bambini molto piccoli o gli anziani. Questo perché hanno un sistema di regolazione della ridistribuzione del circolo sanguigno che nel bambino non è maturo e nell’anziano ormai è invecchiato”.
Alimentazione: “Con pasti troppo abbondanti tutto il sangue viene impiegato per la digestione e non per scaldarci”. Evitare l’alcol, perché “in realtà sembra che scaldi, ma è un vasodilatatore e, dopo una prima impressione, ci fa poi sentire più freddo. Insomma servono alcune accortezze. Rinfrancarsi con bevande calde, infine, non è solo confortevole ma anche utile a scaldare il corpo”, conclude Sesti.
Depressione e stress anche per papà

Depressione e stress non arrivano solo per le neo mamme, anche i papà spesso ne sono travolti secondo una revisione di 37 studi condotti in diversi Paesi.

E’ stata l’Università di Newcastle a fare questa revisione: è emerso che nonostante la gioia e la felicità per il bimbo arrivato, anche i papà possono provare depressione e stress, disagi causati dal cambiamento della propria vita.
Come scrive Fanpage, i meccanismi che portano anche ai papà stress e depressione sono:
Cambiamenti nel rapporto con il partner: in 18 studi è risultato che le modifiche nel rapporto con il partner dono difficili da elaborare in un momento che dicono essere caratterizzato da stanchezza da parte di entrambi i membri della coppia, che li porta a passare poco tempo insieme.
Discussioni sulla divisione del carico genitoriale: in 15 studi è risultato evidente che i padri litigassero spesso con i partner che non li ritenevano abbastanza coinvolti nella genitorialità.
Confusione sul loro nuovo ruolo all’interno della società: più della metà dei padri ha affermato che avrebbe voluto ricevere maggiori informazioni riguardo la genitorialità, anche attraverso specifici corsi.
Sensazione di esclusione dal nucleo familiare: sicuramente fomentata, nel nostro Paese dai pochi giorni di congedo di paternità, che addossano alla madre il carico del lavoro di cura dei propri figli. I padri hanno dichiarato di sperimentarla anche nel periodo della gravidanza, fisicamente esclusiva delle donne e non appena prendevano in braccio il loro piccolo senza provare immediato amore.
“Il periodo che trasforma gli individui in genitori è stressante per entrambi, per questo bisognerebbe intervenire con misure preventive, dal momento che questa revisione di studi ci permette di capire che i padri si sentono esclusi dalle informazioni sulla genitorialità a cui invece hanno accesso le mamme”, sottolineano gli esperti.